2019, prospettive in miglioramento secondo Fideuram Investimenti SGR

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Il 2018 è stato un anno molto difficile da interpretare. La divergenza macroeconomica a favore degli USA, il peggioramento delle valutazioni delle attività finanziarie (tassi più alti, spread di credito più ampi e multipli azionari più bassi) e il deterioramento del sentiment legato ad un aumento dell’incertezza politica (tariffe, Italia, Brexit) hanno messo a dura prova il lavoro degli asset manager.

La politica monetaria meno accomodante e l’attrazione esercitata da tassi USA a breve scadenza oltre il 2% hanno contribuito a restringere le condizioni finanziarie, rafforzare il dollaro, mettere pressione ai Paesi emergenti e, in ultima analisi, alla performance negativa della maggior parte delle attività finanziarie.

“Secondo Fideuram Investimenti SGR, il 2019 non sarà un anno di rendimenti brillanti, ma ci sono le condizioni perché possa essere migliore del 2018”. Gli elementi tra i più rilevanti sui cui poter definire lo scenario di riferimento e contestualizzare i rischi e il posizionamento dei portafogli sono:

  • Gli sviluppi del rapporto USA – Cina: Nonostante le recenti aperture, la questione tariffaria tra USA e Cina rimane aperta. L’eventualità di una guerra commerciale avrebbe ricadute negative sulla supply chain e sugli utili aziendali, la cui crescita potrebbe in quel caso essere negativa e aumentare il rischio di recessione. “Tuttavia, manteniamo un moderato ottimismo sul raggiungimento di un accordo, che deriva dall’incentivo delle parti a collaborare per evitare il rischio di una contrazione ciclica nel 2020, che è un anno elettorale per gli USA, e consentire la stabilità dell’economia cinese e, in ultima analisi, del suo equilibrio politico”.
  • La distanza dal prossimo periodo recessivo: “Non prevediamo una recessione imminente, ma l’economia globale sta gradualmente decelerando per riportarsi a livelli vicini alla crescita potenziale. Con l’esito delle elezioni di medio termine americane che riduce la possibilità di un secondo stimolo fiscale, l’outperformance macro degli USA dovrebbe mantenersi nella prima parte dell’anno per poi ridursi nella seconda metà”.
  • L’evoluzione della politica monetaria USA: La Fed continuerà ad alzare i tassi nei prossimi mesi supportata da un momento del mercato del lavoro ancora favorevole, "ma pensiamo che ad un certo punto possa fermarsi, o quantomeno rallentare, tenuto conto della decelerazione ciclica e dell’obiettivo di mantenere una condotta di politica sostanzialmente neutrale come dichiarato recentemente dai vertici della Banca centrale". 

In presenza di temi politici non ancora risolti (tariffe, ma anche Brexit, Italia) il dollaro mantiene una certa attrattività nel breve termine, ma in un orizzonte di più lungo periodo il potenziale di rialzo della divisa americana è più limitato. In questo scenario il rialzo dei tassi reali troverà un limite che non dovrebbe essere molto più alto dell’attuale, con conseguente minore pressione al ribasso sui multipli azionari e sui mercati emergenti. "Con multipli che hanno corretto molto e utili che sono attesi crescere intorno al 7-8% a livello globale, circa la metà rispetto al 2018, manteniamo un atteggiamento ancora costruttivo sulle azioni". 

La divergenza di profittabilità aziendale tra USA ed Europa dovrebbe in larga parte ridursi, e per questo la performance relativa dei rispettivi mercati azionari essere più allineata. Ma per una outperformance duratura l’Europa necessita di tassi base più alti di cui beneficerebbe il settore finanziario, ma che ancora non rappresentano lo scenario di riferimento. Gli asset emergenti, per contro, hanno largamente sofferto il deterioramento delle condizioni finanziarie e il rallentamento della Cina, ma nonostante permanga l’incertezza legata alle tariffe, l’aspettativa di una Fed meno aggressiva può contribuire ad allentare la pressione.

Con le valutazioni che hanno già incorporato un certo peggioramento dei fondamentali, l’evoluzione del contesto suggerisce un posizionamento nell’area emergente più importante nel corso del 2019 (ma ancora prematuro in questa fase). "Ma in un contesto ciclico in graduale decelerazione, caratterizzato da incertezza politica e volatilità degli asset rischiosi, abbiamo aumentato il peso delle obbligazioni governative, soprattutto in USA ma in parte anche in Europa. Il Treasury tratta in linea con i fondamentali, mentre i titoli dei paesi core europei appaiono ancora carie incorporano un premio di assicurazione dovuto all’aumento del rischio politico. I periferici, per quanto volatili, offrono una remunerazione maggiore". 

Per quanto la componente governativa non abbia un rendimento atteso particolarmente generoso, mantiene la correlazione negativa con le azioni, così che i titoli di stato di alta qualità risultano essere un elemento di importante diversificazione del rischio azionario. "Siamo sottopeso nel credito societario dove le valutazioni sono care e pensiamo che l’allargamento degli spread possa continuare. In termini relativi preferiamo le obbligazioni dei paesi emergenti".