A caccia di rendimenti con il climate change

Cambiamento clima Pexels
Cambiamento clima Pexels

Sul fronte degli investimenti ESG, il 2022 potrebbe segnare un punto di svolta. La sostenibilità è destinata a condizionare ancora di più gli investimenti di molti operatori di mercato e le opportunità sono significative. La pandemia di coronavirus ha rinnovato l'interesse per le strategie di investimento sostenibili che consentono sia di proteggere il valore finanziario degli asset, sia di contribuire risolvere problemi globali come il cambiamento climatico. Anche COP26 ha contribuito ad aumentare la consapevolezza a livello globale della necessità di contrastare il fenomeno. Questo a sua volta dovrebbe creare una domanda sempre maggiore di investimenti green, un percorso estremamente incoraggiante.

Gli investimenti che adottano strategie che abbiano un impatto misurabile per il clima, investendo in aziende con impronta di carbonio piccola o decrescente o a basso rischio di carbonio, evitando o riducendo l’esposizione ai combustibili fossili, sono diventati sempre più mainstream. Secondo le ultime stime riportate dalla Global Sustainable Investment Alliance i fondi che investono sul climate change hanno raggiunto gli oltre 39.000 miliardi dollari nei cinque principali mercati globali, una crescita del 34% in due anni1

Il climate change è dunque uno dei temi di maggior interesse per gli investitori. Ma quali sono le asset class più efficienti per intercettare il cambiamento climatico? Lo abbiamo chiesto ai protagonisti dell’asset management, partecipanti alla prima tavola rotonda di Insights ESG. 

1 (Global Sustainable Investment Alliance, Trends Report 2020)

Obbligazioni 'green', un mercato nuovo e in crescita

Tra gli strumenti a disposizione, le obbligazioni hanno sicuramente assunto negli anni un ruolo di rilievo. Lo dimostra anche il fatto che la Commissione europea abbia scelto proprio delle obbligazioni ‘green’ per finanziare parte del pacchetto europeo per la ripresa dal Covid-19. “Adotto l’approccio di uno specialista del credito dal punto di vista obbligazionario, partendo dai rischi”, premette Tommaso De Giuseppe, Partner e Head of Sales Italy di BlueBay Asset Management. “In generale i rischi climatici sono presenti in tutte le aree del mercato obbligazionario”, ricorda De Giuseppe. Le occasioni di investimento sono però molteplici. 

“In termini di opportunità, le obbligazioni ESG, etichettate come ‘green’ e legate alla sostenibilità, costituiscono un mercato relativamente nuovo e in crescita. Si tratta sicuramente di uno strumento molto valido per incentivare pratiche positive in termini di impatto climatico e adeguate agli obiettivi dei regolatori. Un ulteriore progresso in questo senso è dato dall’impact investing: individuare e supportare le aziende che tramite le loro attività hanno un impatto positivo sulle persone e sul pianeta e orientare gli investimenti in base a metriche sociali e ambientali, da affiancare a quelle finanziarie. Un mercato nuovo, in cui il ruolo dell’analista nello studio della documentazione legale, delle caratteristiche e della trasparenza della reportistica legata a questo tipo di strumenti ha un’importanza assoluta e in cui BlueBay ha deciso di entrare quasi anno fa tramite il lancio di una strategia ad impatto nel mondo obbligazionario corporate investment grade”.

Cogliere le opportunità ESG tra bond, azioni e private markets

“Oggi è possibile dire che tutte le asset class possono aiutare a cogliere le opportunità legate al cambiamento climatico, a differenza di 4-5 anni fa”, commenta Matthieu David, Head of Italian Branch and Global Head of Financial Institutions & Partnerships di Candriam. “Forse l'asset class storicamente più legata alla sostenibilità è l'azionario, che permette di allocare capitali in società direttamente interessate alla transizione energetica”, prosegue David, sottolineando che “c'è anche la possibilità di avere un impatto sulle società attraverso le iniziative di engagement, per discutere delle diverse risoluzioni e facendo una pressione positiva sugli organi direttivi affinché la loro agenda tenga conto del cambiamento climatico”. 

Secondo il manager, per un gestore attivo “è più facile compiere scelte e dare un'impronta di maggiore attenzione al cambiamento climatico. La gestione passiva è più vincolata dagli indici che deve rappresentare in portafoglio, quindi più difficilmente potrà disinvestire da una società che magari non è ancora molto sensibile al tema climatico o non ha ancora individuato nel suo business plan le azioni di correzione e di evoluzione che permetteranno di farla diventare più virtuosa”. Anche i private markets infine, per Matthieu David, “stanno diventando sempre più importanti nei portafogli dei clienti, istituzionali o retail. Essendo un'asset class più nuova verrebbe da pensare che sia più in ritardo rispetto alle altre, in realtà è il contrario: ci accorgiamo che nei private markets vi è molta più facilità nell'individuare progetti direttamente legati al tema climatico o alla transizione energetica”.

Influenzare le aziende per spingere al cambiamento

Che si tratti di azionario o obbligazionario “sei comunque sempre uno stakeholder di un business e quindi è fondamentale far leva sulle proprie posizioni per cercare di influenzare e portare a un cambiamento positivo”, dichiara Angelo Natale, Director Distribution Italy di Federated Hermes. “Alcuni anni fa avevamo identificato ad esempio la grande opportunità di engagement con le società del mercato dell'high yield globale sugli SDG e quindi anche sul fronte del climate change essendo queste state storicamente sotto engaged. Dobbiamo essere consapevoli che oggi non tutte le società sono allo stesso livello di percorso”, continua Natale. 

“È importante capire per ogni singolo settore di investimento qual è il tasso di decarbonizzazione. Spesso ci si concentra molto sui settori che contribuiscono maggiormente alla transizione: energia, trasporti, agricoltura, immobiliare. Ma molto peso deve essere dato anche al settore finanziario, che finanzia le varie attività di business. Il settore in questi anni è sempre più sensibile: abbiamo visto importanti iniziative come la Net Zero Banking Alliance”, ricorda Natale sottolineando infine la necessità di raccogliere il maggior numero di dati possibili: “Credo che l'unico modo per poter capire sia quello di assicurarsi che le società in cui si investe abbiano un piano di lungo termine rispetto alla decarbonizzazione e che sia corredato anche da obiettivi più di breve e medio termine”.

Cambiamento climatico tra strumenti nuovi e tradizionali

Frank di Crocco, Head of Banks and Wealth Management di Invesco in Italia è convinto che il tema del cambiamento climatico sia “trasversale e può essere intercettato potenzialmente con tutti gli strumenti finanziari e sicuramente con i principali, azioni e obbligazioni. Nel caso delle obbligazioni, in alcuni casi potrebbe essere relativamente semplice collegarle direttamente a progetti per affrontare la sfida del cambiamento climatico: esistono già green bond o emissioni societarie, o anche governative, legate a progetti specifici. Per quanto riguarda le azioni, è più difficile trovare aziende quotate che si dedichino esclusivamente alla tematica del cambiamento climatico, quindi si tratta di fissare dei criteri per stabilire quante e quali aziende siano effettivamente 'investibili' sulla base dei criteri fissati dai singoli investitori”.

Di Crocco spiega che “la materia del cambiamento climatico è in continua evoluzione. Da un lato continuano a fiorire nuovi modi per misurare in maniera sempre più 'oggettiva' l’esposizione ESG delle aziende, dei loro singoli progetti o dei loro strumenti finanziari, dall’altro si tratta del classico caso in cui 'la bellezza è negli occhi di chi guarda': è l’investitore che, in maniera magari e auspicabilmente strutturata, documentabile almeno in parte misurabile, deve definire i propri obiettivi, in questo caso legati al cambiamento climatico, e scremare l’universo investibile in base ad essi. Si può intercettare il cambiamento climatico con strumenti tradizionali, con strumenti un po' meno tradizionali, come ad esempio quelli dei climate markets, che tipicamente vengono utilizzati dai clienti istituzionali ma che negli ultimi anni abbiamo visto fiorire anche nel campo del retail”.

Un nuovo sguardo green sulle utility

"Il futuro dell’energia verde è ancora promettente, perché la transizione mondiale verso un'economia a basso tenore di carbonio sta acquisendo sempre più slancio", afferma Bobby Chada, Investment Analyst di Capital Group. "L’energia pulita beneficia di tre importanti venti di coda secolari: calo dei costi dell’energia rinnovabile, nuove politiche per l’energia e stimolo economico, fattori che noi definiamo 'Triade Verde'. In definitiva, anche senza finanziamenti governativi, pochi fattori potrebbero far deragliare la rivoluzione dell’energia pulita. Le rinnovabili godono di una posizione privilegiata sul fronte economico, trainata da un calo dei costi destinato a proseguire. Il settore non necessita di sussidi, nemmeno in un contesto di prezzi dell’energia ridotti", prosegue l'esperto.

Secondo Chada "lo slancio atto alla decarbonizzazione dell’economia mondiale è potente e sufficientemente durevole da trainare un cambiamento epocale. Questo significa che è ora di smettere di pensare alle utility come a investimenti statici e datati che non possono produrre una crescita a doppia cifra. Queste aziende non sono più bond proxy a crescita zero, e a nostro avviso sono destinate a produrre risultati di investimento molto solidi".