A che punto è la fusione tra Amundi e Pioneer?

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Paolo Proli, head of retail division e membro del CdA di Amundi SGR

È stata la fusione più attesa degli ultimi tempi. Dopo mesi di trattative e il via libera dell’authority europea, il matrimonio, siglato lo scorso 3 luglio 2017 tra Amundi e Pioneer Investments, la seconda fabbrica prodotti italiana, ha rafforzato la posizione del big francese, numero uno in Europa nel settore. Dalla casa madre parigina si gestiscono oltre 1450 miliardi di masse, di cui circa 200 in Italia. Ed è proprio nella nuova sede di Milano, in via Cernaia, che l’integrazione continua senza sosta.

A un anno dalla fusione delle due società di risparmio (avvenuta nel gennaio 2018) e a sei mesi dall’apertura della nuova sede italiana, Paolo Proli, head of retail division e membro del CdA di Amundi SGR, traccia un primo quadro in merito alla fusione. “È stato un anno difficile e importantissimo ma il risultato raggiunto è sicuramente encomiabile”, dice subito il manager. Il 2018 è stato, infatti, l’anno della migrazione sulla piattaforma informatica di Amundi. “Ci siamo concentrati sull’integrazione e la migrazione dei sistemi, in maniera rapida ed efficiente. Un’operazione certamente tra le più importanti realizzate sul mercato europeo. E abbiamo concluso l’anno con un risultato eccellente”, continua Proli.

Milano, l'hub globale del multi-asset

Un processo delicato portato a termine in concomitanza con un mercato complicato, per gestori e investitori. “È stata una fusione importantissima avvenuta mentre il mercato finanziario faceva i suoi minimi storici. In termini assoluti per asset class è stato il peggior anno di sempre, dal 1970 ad oggi. Questo ha penalizzato moltissimo la nostra vita, i risultati delle performance, ma il lavoro e la forza di quest’integrazione hanno comunque dato buoni risultati”. Basti pensare che in Italia la raccolta di Amundi, al terzo trimestre 2018, si aggira attorno ai 7 miliardi, a dimostrazione della forza del gruppo, nonostante tutto.

D’altronde, fin dall’inizio, i piani di Amundi prevedevano di investire e non poco sul Belpaese. “Milano ospita la piattaforma globale di gestione dedicata ai prodotti multi-asset commercializzati in tutto il mondo, che in fondo è anche l’expertise più richiesta dalla clientela . Siamo leader anche nelle gestioni patrimoniali e siamo il terzo polo previdenziale in Italia. Qui lavorano portfolio manager, specialist, abbiamo le strutture e i team commerciali”. Oggi, infatti, nel capoluogo lombardo lavorano circa 400 persone. E c’è un costante afflusso di persone. "Stiamo reimportando professionisti basati in altri centri di investimento, proprio perché qui concentriamo la qualità per l’advisory, solution e gestioni multi-asset”, spiega Proli.

Secondo step: cultural merger

La seconda fase della fusione poi si concentra in un claim: cultural merger. “I team hanno cominciato a lavorare insieme da poco in fondo, ma coordinandosi su moltissime attività. E fare cultural merger vuole dire impegnarsi e puntare sulla qualità. Abbiamo creato più di trenta prodotti per i nostri principali partner distributivi UniCredit e Crédit Agricole, e più di dieci mandati di gestione dedicati alle principali reti di consulenza italiane. L’attività commerciale è organizzata per canali distributivi e nel rispetto delle diverse tipologie di clienti. Abbiamo ottimizzato le expertise di entrambi i mondi Amundi e Pioneer per riunirli sotto un’unica grande identità. Abbiamo lanciato in Italia una gamma di fondi tematici e aperto una Accademy di formazione nella nostra nuova sede: uno spazio fisico e digitale in cui abbiamo organizzato decine di sessioni per la formazione e l’evoluzione dei profili professionali”, continua il manager, tracciando poi il percorso di Amundi nel 2019.

“Non avremo freni operativi o amministrativi perciò adesso punteremo a incrementare quello che abbiamo già fatto in tema d’innovazione, co-creazione insieme ai partner di soluzione di investimento coerenti con gli scenari di mercato e penso ci affermeremo nel mercato italiano anche sul tema della sostenibilità che il nostro Gruppo ha sposato già da diversi anni”.

Semplificazione dell'offerta

Questo, per la nuova Amundi, sarà poi anche l’anno della semplificazione dell’offerta. La società, infatti, prevede di far convergere le due Sicav di Pioneer e Amundi (che oggi si chiamano Amundi Funds  e Amundi Funds II) in un’unica piattaforma. “Sarà una Sicav più semplice con comparti con masse gestite più importanti”, aggiunge Proli.

Tre poi le grandi direttrici che il gruppo vuole seguire: generare income per dare flussi di reddito alla clientela italiana anche con prodotti a formula e a protezione, offrire strumenti multi-asset ed ESG con capacità di generare alpha nei portafogli e concentrarsi su prodotti tematici che riescono ad assecondare meglio le trasformazioni a lungo termine. “Proseguiremo nel nostro impegno nell’innovazione, continueremo a puntare sulle gestioni patrimoniali a tasselli che aiuteranno ad abbassare la volatilità nei portafogli e lanceremo anche nuovi prodotti a scadenza che aiuteranno il consulente ad aumentare l’orizzonte temporale. Tutto questo sempre in ottica di customizzazione”, conclude l’esperto.