Se anche il fronte della finanza sostenibile si leva contro Trump

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Lorie Shaull, Flickr, Creative Commons

Non ci abbiamo creduto veramente finché non lo abbiamo visto, eppure c’era da aspettarselo. Che Donald Trump facesse sul serio avremmo dovuto intuirlo già durante l’accesa campagna elettorale condotta dal candidato repubblicano a suon di promesse dal retrogusto di minacce. Le eccentriche dichiarazioni a cui ci aveva abituati nei mesi precedenti alle elezioni sembravano essere solo parte di un disegno strategico che Trump aveva tracciato per definire il suo personaggio agli occhi del mondo. Ma il personaggio poi è stato eletto. “Adesso bisognerà vedere quanto del suo programma sarà effettivamente realizzato”, ripetevano in molti – forse in un esercizio di scongiuro – nelle settimane successive all’elezione.

Tra una previsione di mercato e un’altra, è arrivato il 20 gennaio, data dell’insediamento ufficiale del 45° presidente degli USA che ha da subito fatto capire di non voler perdere tempo. Dopo solo pochi giorni, infatti, sono giunte le prime firme a una serie di provvedimenti che hanno già suscitato grandi polemiche. Dal no al TTP all’Obamacare, passando per la costruzione del muro al confine col Messico per poi arrivare, il 27 gennaio scorso, al discutissimo Muslim Ban, che vieta per 90 giorni l’ingresso negli Stati Uniti ai cittadini provenienti da sette Paesi a maggioranza musulmana. Mentre prosegue il braccio di ferro tra la giustizia e l’amministrazione USA (allo stop del decreto da parte del giudice federale di Seattle, James Robart, è seguito il ricorso da parte del Dipartimento della Giustizia, poi respinto dalla Corte d'appello dello Stato di Washington) non si arrestano le proteste contro il travel ban e con esse cresce il numero dei “fronti anti Trump”.

Nel clima di agitazione generale, il mondo della finanza non è rimasto a guardare. Lo scorso 1 febbraio, infatti, associazioni per i diritti umani, investitori sostenibili, responsabili e “faith-based” hanno inviato una lettera allo Strategic and Policy Forum (un gruppo di amministratori delegati, correnti e passati, di alcune delle più grandi società americane che formano il comitato di consulenza voluto dal presidente Trump) per esortare l’amministrazione a fermare l’ordine esecutivo sull’immigrazione negli Stati Uniti in quanto, come si legge nella stessa lettera, “si ritiene che tale ordine mini il rispetto dei diritti umani, la vita dei lavoratori e delle loro famiglie negli Stati Uniti oltre a provocare serie conseguenze economiche”.

Nello specifico, i partecipanti chiedono che venga assicurato il rispetto dei diritti dei lavoratori indipendentemente dalla loro etnia, razza, religione, nazionalità, condizione d’immigrazione, orientamento sessuale o identità di genere e di sollecitare il Governo statunitense a lavorare con le altre nazioni per allineare le politiche e le pratiche aziendali con gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.

Etica SGR, la società di gestione del risparmio del Gruppo Banca Popolare Etica, figura tra gli oltre 60 firmatari dell’iniziativa “Reject travel ban, promote human rights”, promossa da ICCR (network internazionale d’investimenti responsabili), dall’International Corporate Accountability Roundtable (ONG che si batte per il rispetto dei diritti dei cittadini) e dall’Institute for Human Rights and Business (principale gruppo internazionale di esperti sull’integrazione delle politiche del rispetto dei diritti umani nel business aziendale). “Come investitori responsabili abbiamo il dovere di sensibilizzare le aziende e i manager americani a fare quanto possibile per portare la nuova amministrazione statunitense ad adottare una politica di rispetto dei diritti umani e di sviluppo sostenibile”, ha dichiarato Ugo Biggeri, presidente di Etica SGR “Siamo convinti che sia nell’interesse anche economico delle imprese americane riportare la politica di sviluppo USA sul binario della sostenibilità sociale e ambientale”, ha aggiunto Luca Mattiazzi, direttore generale di Etica SGR.