La società di gestione, nell’outlook sul secondo semestre, vede la possibilità di un atterraggio morbido dell’economia, alla luce di uno scenario macro che ha posto le condizioni per l’avvio del ciclo di tagli dei tassi.
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Il 2024, fino a qui, ha portato a un rallentamento dell’inflazione e della crescita generalizzato ma a velocità diverse in Europa e Stati Uniti. Fabio Fois, head of investment research & advisory di Anima SGR, nell’outlook sul secondo semestre dell’anno, parla di “atterraggio morbido” dell’economia alla luce dell’evoluzione dello scenario macroeconomico che “ha posto le condizioni per l’avvio del ciclo di tagli dei tassi su entrambe le sponde dell’Atlantico”. L’analisi dell'esperto della SGR, mantiene uno scenario “ampiamente allineato a quello descritto a fine 2023” anche sul fronte dei rischi. “Rimangono cruciali gli sviluppi lato crescita e inflazione, specialmente negli Stati Uniti, dove la svolta sta maturando ma non è ancora arrivata”. Uno scenario in cui, se l’inflazione dovesse mantenersi elevata e la crescita non dovesse proseguire nel processo di indebolimento, “la Fed potrebbe restare riluttante a tagliare i tassi per tutta la seconda metà dell’anno, e la svolta verrebbe posticipata per il secondo anno di fila”.
Attese sulla crescita
L’avvio del secondo semestre, d’altronde, è il momento ideale per una verifica delle letture di inizio anno. Nell'outlook di Anima, gli analisti della SGR indicano come anche quest’anno si prospetti una crescita inattesa del PIL reale globale a un ritmo del 3%, dopo il 3,2% dello scorso anno (un dato, dicono gli analisti “superiore di oltre un punto percentuale e mezzo rispetto alle stime degli economisti di fine 2022”). Prosegue, se pure con meno slancio, la crescita del USA, mentre in Europa il supporto offerto dall’allentamento monetario pone le basi per una ripresa della crescita. Per i Paesi emergenti la crescita “dovrebbe rallentare dal 4,5% del 2023 al 4% del 2024: un tasso di espansione comunque superiore alla media mondiale, anche in Cina”, si legge nell’outlook.

Focus sugli Stati Uniti
Fois, nell’introduzione al report, indica come la crescita statunitense continui a mostrarsi “resiliente”, tuttavia si dice convinto dell’avvio di un “graduale rallentamento, come mostrano i dati trimestrali del PIL che, per quanto ancora sopra potenziale, trimestre dopo trimestre stanno perdendo slancio”. Il mercato del lavoro continua a riequilibrarsi, mentre i consumi delle famiglie “seppur ancora robusti in termini di livelli, mostrano un deterioramento della ‘qualità’ della spesa”. Nonostante si sia assistito a una riaccelerazione dei prezzi dei servizi e a una ripresa dei prezzi dei beni di base, gli analisi mantengono l’ottimismo in quanto, questi subiranno pressioni al ribasso determinate dalla moderazione dei consumi e, “l’allentamento delle pressioni sull’inflazione core permetterà alla Fed di iniziare a ridurre i tassi dopo l’estate, al ritmo di un taglio a trimestre, come per la BCE”.
La crescita in Europa
Nell'area euro, intanto, è in atto una “modesta ripresa”. Qui, le condizioni per un primo taglio dei tassi si sono già materializzate e, secondo Fois, “nonostante i dati sulla crescita nel primo semestre siano stati migliori del previsto, il momentum economico è rimasto, nel complesso, ben al di sotto del potenziale, con il comparto manifatturiero che solo recentemente ha mostrato segni di moderata ripresa”. Il PIL dell’area euro, dopo mesi di stagnazione, ha visto una crescita dello 0,3% e “con la BCE che ha iniziato a tagliare i tassi e l'impatto dello shock energetico che continua ad essere riassorbito, ci aspettiamo un prolungamento dello slancio nei prossimi mesi”, si legge nell’outlook dove si individuano, nello specifico, una serie di motivi di ottimismo: la crescita del reddito reale ha spazio per sostenere i consumi, il freno derivante dalla stretta monetaria si sta attenuando, ci sono margini per un miglioramento dell’attività manifatturiera e si attende un rafforzamento della domanda estera. “In questo contesto – si legge nel documento –, ci aspettiamo un’espansione del PIL in Area Euro dello 0,7% nel 2024, a fronte di una stima di 0,9% formulata dalla BCE”.
Le attese sull’inflazione
L’inflazione, che ha dominato gli scenari macro degli ultimi anni, a livello core vede prezzi di base ormai in linea con i livelli pre-pandemici, resta stabile invece l’inflazione da servizi. “Nella seconda metà del 2024, ci aspettiamo che i prezzi dei servizi riprendano il loro graduale percorso di decelerazione”, scrivono gli esperti che si aspettano un rallentamento dell’indice nelle maggiori aree geografiche, “con un calo più pronunciato in Asia, mentre in America Latina i livelli dei prezzi sono già in una fase di plateau” in quanto il processo disinflazionistico era iniziato prima. Nel complesso, Anima si aspetta che il calo dei prezzi prosegua nel resto dell’anno “per portare l’inflazione globale verso il 3% dal 3,6% di fine 2023”.
Per gli Stati Uniti, nonostante l'inizio del 2024 abbia visto una ripresa dell’inflazione “in larga misura a causa di una riaccelerazione dell'inflazione dei servizi e di una ripresa dei prezzi dei beni di base”, resta l’ottimismo sul consolidamento del processo disinflazionistico. “Nel complesso, ci aspettiamo una graduale decelerazione dell'inflazione core nel corso del 2024; la media annua dovrebbe attestarsi al 3,5%, con tassi sequenziali del 3,5% nel secondo trimestre, 3,4% nel terzo trimestre e 3,3% nel quarto".
Mentre da questa parte dell’Atlantico, “nonostante una potenziale elevata volatilità sui prezzi dei servizi, soprattutto durante l'estate, rimaniamo dell'idea che le pressioni inflazionistiche abbiano spazio per continuare una graduale moderazione nel corso dell'anno”.
Lo scenario cinese
In Cina, infine, lo scenario centrale resta invariato. Secondo gli esperti l’economia del Paese è entrata in una fase strutturale di transizione, “in cui solo uno dei due motori che muovevano la crescita prima del Covid (export e settore edilizio) è ancora acceso (l’export)”. Come già accaduto nel 2023, infine, anche nel 2024 il PIL cinese si espanderà a un ritmo prossimo al “nuovo” potenziale del 5%, sostenuto dall’export, ma frenato dalla transizione della domanda interna: i consumi privati non sono ancora pronti a prendere il posto dell’edilizia.