Laura Nateri, Managing Director, Country Head Italy Lazard Fund Managers, analizza le tendenze chiave dell’industria e le opportunità per i portafogli. Forza del brand, competenze distintive e un modello di business guidato dalle partnership per fare la differenza.
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L’industria del risparmio gestito è al centro di una trasformazione senza precedenti. La transizione energetica, la digitalizzazione e il boom dell’intelligenza artificiale (IA) sono forze di cambiamento che provocano degli impatti dirompenti sul settore. Gli asset manager sono chiamati a dare risposte efficaci a queste sfide epocali, ma potranno anche beneficiare delle numerose opportunità che ne derivano. Ne è consapevole Laura Nateri, dal 2017 responsabile del mercato italiano di Lazard Asset Management. La professionista guarda alle transizioni in atto con fiducia, potendo contare sulla storia, le expertise e le capacità di investimento distintive della società che rappresenta. “Il risparmio gestito è da sempre termometro del contesto economico e sociale”, spiega la country head in un’intervista a FundsPeople. “I nostri clienti hanno nuovi bisogni, trainati da un cambio di modello di business che sia più coerente con gli obiettivi regolamentari, aziendali e sociali”, continua. “Inoltre, le dinamiche di mercato negli ultimi 3-5 anni hanno ridisegnato l’universo investibile. Asset class come il reddito fisso, dimenticate per lustri, sono tornate al centro dell’interesse. Al contempo, vi è un incremento esponenziale degli strumenti passivi. E in parallelo gli asset privati sono diventati una componente strutturale dei portafogli. Tutto questo, con una pressione sui margini che ha imposto il passaggio dall’architettura aperta a un modello guidato”, spiega Nateri ripercorrendo alcune delle svolte più importanti del settore.
“Se pensiamo al futuro, diventa importante intercettare i nuovi bisogni dei clienti, per offrire soluzioni e partnership in una dimensione allargata dall’avvento della GenAI”, dichiara. “Le tendenze di sviluppo di un’industria che sta cambiando pelle vanno anticipate. L’aumento delle aspettative di vita e la Longevity Economy dettano nuove esigenze per i risparmiatori, mentre la GenZ e il digitale impongono un ripensamento della pianificazione finanziaria”, dice la manager.
Italia, mercato dall’elevato potenziale
Il gruppo Lazard lo scorso anno ha celebrato i suoi 175 anni, in cui ha saputo svolgere un ruolo cruciale in diverse fasi della storia economica e finanziaria a livello globale. Il business di asset management è stato lanciato nel 1953, ma vanta una contribuzione intorno al 40% in termini di fatturato del gruppo. Per Lazard AM, l’Italia è un tassello fondamentale nei piani di sviluppo. “È un mercato attraente, è stato tra i primi ad aprirsi all’architettura aperta che ha fornito uno spazio di crescita strepitoso per i gestori internazionali. Non è un caso che nella top 15 dei gestori con più masse, otto sono stranieri”, spiega la manager.
Vi sono anche delle attitudini specifiche dei risparmiatori del Belpaese che favoriscono il lavoro degli asset manager. “Il mercato italiano nasce come un mercato molto conservatore e prudente, cosiddetto dei BOTpeople, ma negli ultimi anni evoluto verso una maggiore diversificazione attraverso le gestioni collettive e patrimoniali e grazie al contributo formativo delle reti di consulenza finanziaria. Rimane un mercato di risparmiatori, meno indebitato privatamente rispetto ad altre aree e con una buona liquidità a disposizione. L’educazione finanziaria si sta evolvendo per tener conto dei bisogni degli investitori e dei nuovi strumenti a disposizione.
“In questi anni abbiamo lavorato in Italia per posizionare Lazard AM come partner nella gestione degli investimenti, proponendo un’unica porta di accesso per tutte le nostre competenze di matrice statunitense e di matrice francese, con ottimi risultati sia in termini di crescita delle masse che di diversificazione dell’offerta e delle tipologie di clienti serviti”, dichiara.
Un brand per investitori sofisticati
In uno scenario di margini sempre più ridotti e di ridimensionamento del numero dei player dell’industria, Lazard AM rintraccia una direttrice per consolidare la propria leadership nelle partnership con Wealth manager di primaria importanza. Questo, senza trascurare il canale degli investitori istituzionali, da sempre fondamentale per la vocazione istituzionale nel DNA del gruppo. “Il posizionamento nella nostra industria è sempre più legato alla segmentazione della clientela, con caratteristiche e bisogni molto diversi. L’obiettivo di Lazard è di continuare a proporsi come un partner a tutto tondo, in grado di fornire soluzioni innovative e mettere il nostro prestigioso brand a servizio di player in linea con la nostra storia e cultura di investimento", dice Nateri.
Le competenze chiave del gestore
Lazard AM vanta delle capacità distintive nella gestione degli investimenti, supportate da un ampio team di portfolio manager e analisti. Nel reddito fisso, la società si differenzia dai competitor per un’expertise approfondita su subordinati finanziari e sulle obbligazioni convertibili sia long-only che long/short. Inoltre, dispone di competenze nel credito sia IG che HY, con un’attenzione ad alcune nicchie come HY dei Paesi nordici. Nell’azionario, Un altro ambito in cui la gestione attiva di Lazard AM fa la differenza è quello del mercato giapponese. Il gestore dispone di un team basato a Tokyo per cogliere le opportunità di un mercato tornato in auge per il ritorno dell’inflazione nel Paese nipponico e le riforme sulla governance aziendale che hanno reso gli investimenti nelle aziende locali più remunerativi.
Inoltre, per diversificare al di là dei nomi più noti delle blue chip statunitensi, il gestore è attivo nelle US small cap, segmento con molte società interessanti scambiate a sconto, che potrebbero beneficiare della rotazione, indipendentemente dall’esito elettorale. Infine, le capacità del gestore comprendono il ramo delle infrastrutture, sia quotate che private. “Si tratta di una classe di attivi al centro del forte rinnovamento necessario alle diverse transizioni in atto e destinatario di ingenti investimenti, che non ha ancora espresso tutto il suo potenziale”, dice Nateri.
Gestione attiva vs passiva
Lo scorso gennaio negli Stati Uniti, per la prima volta nella storia dei mercati, gli asset passivi hanno superato quelli attivi. Il divario è ancora minimo, ma questo fatto rende evidente che la gestione passiva è una tendenza irreversibile, con cui gli operatori del settore dovranno convivere. “In effetti, in alcuni mercati molto efficienti come ad esempio l’azionario US large cap, i fondi passivi sono difficili da battere con la gestione attiva”, argomenta la professionista. “Inoltre, i passivi attraggono gli investitori per i costi che il più delle volte, anche se non sempre, sono ridotti. E un altro vantaggio è la maggior diversificazione dei portafogli rispetto a quelli più concentrati attivi, il che implica spesso una volatilità delle performance più contenuta”, avverte Nateri.
“Ma ci sono degli ambiti in cui la gestione attiva fa ancora la differenza. Ad esempio, nelle small cap che ho citato prima, un mercato interessantissimo e in divenire che comprende diverse società del futuro. Qui un gestore attivo può fare la differenza, per la dispersione di rendimenti molto alta. Con un gestore capace di cogliere le migliori opportunità, è possibile sovraperformare un indice molto diluito e diversificato”, osserva Nateri. “Nel credito HY o nei subordinati finanziari la bravura di un gestore attivo può evitare il rischio di default, fattore critico nella gestione dei crediti ad alto rendimento. Così come la gestione attiva della duration può essere determinante in momenti di instabilità di mercato”, prosegue. “Senza parlare dei mercati privati o le infrastrutture dove la specializzazione e la gestione attiva sono premianti”, spiega.
La manager prevede che a tendere vi sarà una convergenza di costi tra gli strumenti passivi e le soluzioni attive. Tale fenomeno è catalizzato dal fatto che la maggior parte dei grandi player sta puntando ad allargare le competenze alla gestione passiva o smart o quant, mentre i provider di passivi, per difendere i margini, si aprono agli ETF e ai fondi a gestione attiva. “Abbiamo già delle competenze in casa nel segmento della gestione sistematica, sempre attiva ma basata su modelli quantitativi in grado di diversificare fortemente il profilo rischio rendimento, a costi più moderati rispetto alla gestione attiva. Tra i mercati coperti con strategie quantitative, quelli emergenti azionari, dove il team basato a Boston ha costruito un solido track-record negli ultimi 10 anni, e le small cap, dove il team basato in California ha già adottato un approccio di nuova generazione con l’utilizzo di automated fundamental analysts, generati da un sistema di AI proprietario. “Per ora preferiamo avvicinarci alla gestione passiva con i nostri strumenti e competenze. È chiaro che ci potrebbero essere delle iniziative per favorire una crescita inorganica, che è nell’agenda di tutti in questo settore”, conclude.