Arriva la AIFMD

Lunedì 22 luglio 2013 ha segnato una data della massima importanza per il settore degli hedge funds, infatti è entrata in vigore la Direttiva sugli investimenti alternativi (“AIFMD”). Tale direttiva intende migliorare i requisiti di trasparenza e informazione dei gestori alternativi (AIFM), oltre che rafforzare i requisiti relativi alle banche depositarie e al controllo dei tetti d'investimento. Operando in sinergia, tali fattori dovrebbero contribuire a evitare gli abusi del mercato e l'assunzione di rischi irresponsabili a cui si è assistito in passato, andando quindi a vantaggio di tutti gli investitori.

La Direttiva AIFM offre molte opportunità nel settore dei fondi, facendo dell'Europa una giurisdizione interessante tanto per gli investitori, quanto per i gestori di fondi. Il settore europeo assisterà alla conversione di molti fondi in onshore. La direttiva non solo garantisce una più ampia base di investitori (quelli che non possono accedere ai fondi offshore per ragioni normative o di controllo del rischio interno), ma significa anche che i gestori saranno in grado di vendere i propri prodotti a clienti professionali. Inoltre, i fondi autorizzati nel rispetto della direttiva, saranno tenuti a rispettare i requisiti di informazione e trasparenza.

Fermo restando il periodo di adeguamento per i fondi basati nell'Unione Europea fino al luglio 2014, si auspica che i fondi già pronti presentino alcuni vantaggi per quanto concerne la commercializzazione attiva.  Quelli non conformi verranno considerati fuori norma e dovranno essere gestiti secondo severe regole di interpretazione e commercializzazione basate su procedure di reverse enquiry. 

 

Le sfide...

Tuttavia la direttiva contiene delle sfide, ad esempio quelle relative ai costi, tuttora all'ordine del giorno nell'agenda degli investitori. Questi non sono sempre del tutto chiari, visto che in generale i tipi di costi sono due: uno derivante dalla creazione di infrastruttura operative e l'altro dagli addebiti aggiuntivi dei fornitori di servizi a terzi. 

Per costo dell'infrastruttura operativa si intende che il gestore dovrà investire in risorse di back-office, supponendo che non disponesse delle stesse in precedenza. Per i gestori più piccoli, questo costituisce senza dubbio un rischio, ma la realtà è che dalla crisi del 2008 un gran numero di fondi è diventato più istituzionale, nel quadro stabilito. Sebbene tali costi siano destinati a incrementarsi, gli investitori devono assicurarsi che essi siano a carico del gestore e non del fondo. In questo caso non vi sarà alcun sovraccosto per l'investitore, ma soltanto per il gestore. 

Il costo dei fornitori di servizi verrà ribaltato sugli investitori, ma anche questo può essere ridotto, considerato che i gestori più  affermati e con maggiore patrimonio hanno la possibilità di abbassare le commissioni grazie alle economie di scala. Dal punto di vista dei gestori, vi sono requisiti da rispettare, anche nonostante la clausola del luglio 2014. 

 

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L'ora si avvicina e dovranno decidere se tali requisiti siano compatibili, visto che non devono essere sottovalutati.. Si dovrà comunicare il livello di leva finanziaria al soggetto normativo, oltre al dettaglio per tipo di leva finanziaria utilizzata, alle fonti principali e agli attivi riutilizzati nella leva finanziaria. Per quanto attiene ai requisiti di informazione e divulgazione, sarà obbligatorio rendere pubblico quali mercati e valori vengono negoziati, oltre a fornire una maggiore informazione sulla liquidità e sul profilo di rischio del portafoglio. Le relazioni sono dedicate sia agli investitori, sia ai soggetti regolatori. Da ultimo, la questione che ha dato luogo a un'importante controversia è stata la remunerazione. I gestori di fondi alternativi dovranno fornire annualmente ai propri investitori una certa informazione relativa alla remunerazione, oltre che possibilmente  istituire un comitato per la remunerazione e fare fronte ai criteri di compensazione differita.

 

Nuove possibilità

Con alcune di queste sfide per i gestori,  ci troviamo davanti a uno scenario in cui una possibilità è costituita dalla selezione di piattaforme di contabilità gestionale, con il fine di rispettare la direttiva. Il fornitore del conto gestito sarà visto come ‘Fund Manager (AIFM)’  e delegherà la negoziazione del portafoglio al “trading advisor” (gestore dei fondi hedge), In questo modo, i gestori subappalteranno gran parte dell'incarico derivante dalla direttiva e vedranno come il proprio veicolo (conto gestito) possa essere ampiamente commercializzato a clienti professionali. Anche questo fornirà alle piattaforme un vantaggio competitivo, visto che un gran numero di gestori affermati vorrà utilizzare questa formula, riducendo di molto i problemi che possono presentarsi lungo il cammino. 

A parte quanto sopra, e come riflessione finale, gli investitori possono pensare che godranno di maggiore tutela investendo in questo tipo di veicoli onshore in caso di investimenti in hedge funds, ciò che rappresenterebbe un segnale d'allarme. I rischi chiave degli hedge funds, come ad esempio la frode, il cambiamento di stile di gestione, la mancanza di trasparenza e il rischio reputazionale continuano ad essere fattori da tenere in considerazione nell'ambito del nuovo regime. Una delle migliori soluzioni a questi problemi continua ad essere l'investimento attraverso conti gestiti, mentre nel contempo si auspica che le piattaforme qui citate suscitino grande interesse fra gli investitori. 

Sebbene la direttiva costituisca senza dubbio un'opportunità affinché gli investitori accedano a un ambiente regolamentato, vediamo che molti di essi sono in attesa di adeguamenti (come è accaduto per i fondi UCITS) prima di incrementare i propri investimenti alternativi.