Lamanna (SSGS): "L'asset management è al bivio tra crescita e specializzazione"

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Negli ultimi tempi abbiamo assistito ad un numero esponenziale di matrimoni nel settore del risparmio gestito. Basti pensare ad operazioni di grande rilevanza come Janus Capital-Henderson oppure l’acquisizione di Pioneer da parte di Amundi. Fino alla più recente operazione data per conclusa lo scorso agosto tra Standard Life-Aberdeen. Un numero che sembra destinato ad aumentare man mano che la necessità di economie di scale diventa maggiore. Il settore è dominato da pochi colossi e da una pletora di player più piccoli, più o meno specializzati.

I motivi sono parecchi e tutti hanno in qualche modo a che fare con le nuove sfide che il settore sta per affrontare, a partire dall’arrivo di MiFID II. “L’aumento dei requisiti di compliance e la crescente domanda di soluzioni d’investimento personalizzate e diversificate hanno generato un contesto che costringe i gestori a rispondere con un pricing più competitivo e un’offerta globale e diversificata”, spiega Riccardo Lamanna, country head Italy di State Street Global Services. “Questa circostanza è del tutto prevedibile, visto che l’81% delle istituzioni ritiene che, per poter soddisfare le richieste degli investitori, gli asset manager avranno bisogno di investimenti ad ampio raggio e di adeguate competenze distributive. Stiamo quindi assistendo ad una divisione nell’industria del risparmio gestito, con due differenti opzioni: crescere dal punto di vista dimensionale e diventare economicamente più efficienti, oppure restare piccoli e specializzati”.

La tendenza verso fusioni e acqusizioni non è però necessariamente l’unica risposta. “Per i gestori i cambiamenti tecnologici e l’evoluzione delle richieste dei clienti stanno redendo il settore maturo per la rivoluzione digitale (digital disruption), con oltre il 76% degli intervistati che ritiene essenziale la crescita per linee esterne al fine di accelerare l’innovazione digitale”, afferma il manager. “Alcune istituzioni si stanno già adattando al cambiamento, acquisendo piattaforme per la distribuzione digitale e la robo-advisory, in modo da ottenere un accesso diretto alla clientela retail, mentre altre si stanno rivolgendo ai big data e all’intelligenza artificiale per sostituire i gestori nel processo di selezione dei titoli. Puntando sulla giusta tecnologia, le realtà più piccole e di nicchia possono sviluppare la loro offerta o le attività operative, mantenendo un business model snello”.

Un fattore fondamentale per crescere e specializzarsi, senza necessariamente ampliare gli uffici, potrebbe essere anche la modifica dell’approccio all’outsourcing: accordi mirati con provider esterni potrebbe essere un modo per migliorare la performance e la customer expertise senza appesantire l’organizzazione. “Secondo un nostro recente studio, negli ultimi cinque anni i gestori hanno posto una sempre maggiore attenzione sull’esternalizzazione del processo di trade execution, perché le piattaforme di terzi offrono più efficienza rispetto a quelle in-house”, continua Lamanna. “Nel corso del prossimo anno, invece, gli asset manager stimano di aumentare significativamente l’esternalizzazione delle attività di fund accounting, le investment operation e il supporto alla distribuzione”.

Per il manager questo cambiamento nell'industria è semplicemente un riflesso del nuovo scenario d'investimento. “Le società più piccole possono ancora avere successo, ma hanno bisogno di creare partnership più efficaci. La concorrenza resta ai massimi livelli, ma assume nuove forme. Quando i gestori intraprendono strategie che ritengono efficaci per raggiungere i loro obiettivi di crescita, devono utilizzare un nuovo modello di sviluppo, che tenga conto dei temi più importanti, come le dimensioni, la tecnologia e l’asset intelligence”.