Asset manager internazionali in Italia: cosa vogliono i clienti? (ultima parte)

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Che cosa vuole l’investitore italiano? Quali sono le tipologie di prodotto più attraenti? Nella terza e ultima parte della tavola rotonda organizzata da Funds People, a darci un’idea di quale sia l’offerta più idonea per la clientela italiana del 2017, sono i responsabili di alcuni degli asset manager internazionali presenti in Italia.

Che i risparmiatori italiani siano amanti del fixed income non lo si scopre certo ora. Gianluca Maione, country head Italia di Investec AM, crede infatti che ci sia tuttora un forte interesse sulla componente obbligazionaria e che, a suo parere, sarà uno dei driver principali, soprattutto nella distribuzione. “In questo senso, si sono mossi da tempo tutti gli operatori con strumenti multi-asset per rispondere a quest’esigenza. Tipicamente, si parla di multi-asset con una propensione più o meno marcata sulla componente azionaria. In alternativa, stiamo guardando con molta attenzione al multi-asset credit, che è ancora in grado di fornire una redditività interessante con una qualità del credito investment grade”, spiega Maione; una delle soluzioni proposte da Investec AM è proprio un prodotto multi-asset credit, volto a quei clienti che non vogliono investire nell’azionario.

E' sempre piuttosto difficile soddisfare le esigenze del cliente; richieste come quelle di limitare al massimo le perdite, avere una persistenza di performance e una stabilità costante sono all’ordine del giorno. Per Donato Giannico, country head Italia di Raiffeisen Capital Management, queste rappresentano quindi gli obiettivi del cliente finale, ma anche del fund buyer. “Dal nostro punto di vista, essendo fixed income buyers, è fondamentale attrezzarsi per fronteggiare i prossimi 15-20 anni. Avendo una particolare predisposizione verso la componente a reddito fisso, siamo consapevoli di quello che possiamo fare e di quello che sappiamo fare, ed abbiamo già utilizzato strategie di decorrelazione, strategie asimmetriche e di duration negativa. Stiamo creando un’infrastruttura che è già presente da tanti anni in certi fondi e portafogli, in grado di fronteggiare uno scenario di rialzo dei tassi di interesse”, spiega il manager. La filosofia di Raiffeisen, disponendo di una piattaforma distributiva importante, è quella di non andare a creare dei prodotti nuovi, andando invece a prendere le capabilities di altre società.

In linea con le esigenze di sviluppare delle strategie decorrelate, soprattutto per quanto concerne la componente obbligazionaria, è Luca Gabriele Trabattoni, country head Italy and Mediterranean Countries di Union Bancaire Privée (UBP), che a queste esigenze della clientela aggiunge anche il tipico bisogno di performance, nonché delle idee innovative. “Secondo noi, è possibile fornire al cliente prodotti in grado di offrire una redditività compresa tra il 5% e il 7%, soprattutto attraverso la diversificazione, che comprende anche asset class decorrellate. Stiamo puntando molto sui real asset e sul private debt. Quest’ultimo è un prodotto decorrelato che stimola e mette in discussione l’asset allocation tradizionale. Queste sono delle idee che devono essere prese in considerazione, dando sempre importanza al rendimento per il cliente, la sua predisposizione al rischio e cercando di offrire un’asset allocation efficiente”, afferma Trabattoni.

Per Paolo Sarno, country head Italia di La Financière de L’Echiquier, sono d’obbligo coerenza, serietà e trasparenza, caratteristiche necessarie per un asset manager, al fine di soddisfare i bisogni della propria clientela, garantendo anche una bassa volatilità. “I clienti chiedono prodotti di asset allocation, servizi, fondi e prodotti impacchettati meno volatili. Gli investitori vogliono infatti una protezione del capitale che si rivela quindi molto importante ai loro occhi. Sta a noi essere trasparenti e fornire delle proposte che assorbano gli shock di mercato e che rispondano ai cambiamenti nelle esigenze della clientela, pur mantenendo una forte coerenza con le nostre competenze riconosciute”, sostiene Sarno. La società francese vanta di lunga esperienza nel suo team small & mid cap, dove sfruttando la propria expertise nella categoria potrà a breve offrire ai suoi clienti italiani un fondo PIR totalmente azionario, basato su una consolidata strategia di stock picking.

Per Gabriella Berglund, responsabile Italia di Comgest, ci sono delle sfide positive da affrontare, ovvero la gestione passiva robotica contro la gestione multi-attiva robotica. Secondo la manager, il beta richiede economie di scala, quindi la finalità delle fusioni di molte società è quella di rafforzarlo. Berglund, sostiene che siamo in uno scenario molto competitivo, in cui i margini delle aziende si stanno riducendo, e crede che con MiFID II la tendenza probabilmente sarà vendere più prodotti impacchettati, gestioni patrimoniali, unit-linked e probabilmente anche più mandati. “Tutte queste decisioni di prodotti esterni impacchettati dovrebbero essere governate da professionisti. Questa è una buona notizia, in quanto per un gestore attivo efficiente il professionista valuterà in base alla qualità del prodotto. Per quanto ci riguarda, non cominceremo a fare una gestione obbligazionaria, quello che invece stiamo sviluppando è una gestione azionaria flessibile. Anche se la nostra gestione è già molto difensiva, e quindi meno volatile del benchmark, stiamo sviluppando prodotti azionari flessibili che possono meglio rispondere a delle necessità di diversificazione dall’obbligazionario verso l’azionario ma con drawdowns più contenuti”, conclude Berglund.

Le sfide future del risparmio gestito

Sul futuro dell’industria del risparmio gestito, dalla tavola rotonda è emerso che l’impatto che avrà la nuova direttiva MiFID II è sicuramente un tema di fondamentale importanza. Per gli esperti non è ancora emerso un quadro definito e chiaro per capire quale sarà l’orientamento della distribuzione sul mercato italiano; questo perché, guardando l’esperienza inglese, da quando è entrata in vigore questa normativa, un terzo dei promotori finanziari si è ritirato. Degli altri due terzi, c’è chi opera su fee-only, prevedendo quindi un costo per la consulenza, e chi continua a percepire rebates.

Sul tema regolamentare, i più grossi distributori italiani, soprattutto di banche italiane, tendono ad avere un numero molto limitato di partner spesso per motivi di compliance; questo rappresenta per i manager un grosso difetto della regolamentazione, in quanto il “prodotto di grido”, spesso multi-asset, raccoglie masse esorbitanti con un rischio sistemico eccessivo. Rischio che sarebbe ancora superiore su mercati più illiquidi come quelli emergenti, dando luogo ad una concentrazione che può essere molto negativa per i risparmiatori.

Tuttavia, un’altra sfida principale del settore consisterà nel dare dimostrazione della validità e pertinenza della gestione attiva, dove alla luce delle fusioni che si tradurranno in una diminuzione dell’offerta di prodotti, bisognerà evitare che i merger vadano ad inificiare la diversificazione proposta ai clienti.