Si è tenuta a Milano la 2^ edizione del Bain Banking Event. Ruolo delle banche sempre più centrale per mantenere il livello di ricchezza degli italiani, e dalla GenAI potenziale contributo agli utili del settore fino a 5 miliardi.
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Sono spinte in senso contrario quelle che hanno caratterizzato l’andamento del sistema economico e finanziario italiano negli ultimi due anni. Gli istituti di credito, campioni dei listini nel 2023 (e si è visto anche dal rendimento dell’indice FTSE MIB banche che ha raddoppiato quello dell’Eurostoxx 50) hanno visto ricavi in crescita del 40% rispetto al 2021 e utili quasi triplicati. Parallelamente si è ridotta la capacità di spesa delle famiglie che, tuttavia, si è tradotta nel biennio 2021-2023 in un restringimento dei volumi di acquisto (-4,5%), mentre si è assistito a un incremento della quota di risparmi sul reddito pari all’1,7 per cento. Il ruolo delle banche, dunque, diventa la chiave di volta per mantenere il livello di ricchezza degli italiani.
I dati sono stati presentati ieri 23 maggio, in occasione della seconda edizione del Bain Banking Event 2024, organizzato da Bain & Company nella cornice del Palazzo Giureconsulti a Milano.
A fare da filo conduttore alla mattinata di lavori, oltre all’impatto della GenAI (l’intelligenza artificiale generativa) che “può contribuire agli utili del settore fino a 5 miliardi di euro”, le mutazioni del contesto in cui operano gli istituti di credito e il cambiamento generazionale in termini di clientela. “Il sistema bancario italiano è solido e in salute” spiega Luca Penna, responsabile financial services Southern & Eastern Europe di Bain & Company. “Gli utili e il multiplo tra il valore di borsa e il patrimonio netto (P/BV) sono cresciuti, ma il price earning si è ridotto. Chi sarà in grado di stabilizzare gli utili prospettici avrà ancora importanti opportunità di creazione valore per gli azionisti. Le banche potranno inoltre svolgere un ruolo chiave nel preservare il potere di acquisto reale degli italiani, creando consapevolezza finanziaria e costruendo proposizioni di valore semplici e chiare”.
Cosa cambia nel wealth management
Sul sistema del wealth management e del bancassurance, poi, lo scenario è chiaro. “Vediamo ancora grandi opportunità per le banche, ma anche un’adeguata protezione della ricchezza reale degli italiani”, commenta Manfredi de’ Mozzi, senior partner della società. “Le esperienze negli ultimi anni ci hanno aiutato a capire come il cliente vuole interagire con la propria banca. Un’evoluzione dei modelli di servizio ‘guidata’ dai comportamenti del cliente consente di focalizzare gli investimenti digitali solo dove sono produttivi” e in questo la GenAi “può essere un attore di cambiamento sul fronte della produttività”.
Per comprendere i potenziali impatti del cambio di passo in termini di modello, commissioni e produttività è necessario partire dai dati. Il depauperamento progressivo degli italiani li ha portati a ridurre la propria posizione in termini di ricchezza pro-capite di circa il 14% tra il 2021 e il 2022. I motivi? Oltre alla riduzione dello stipendio in termini nominali e reali, anche la mancanza di formazione finanziaria (l’Italia ha un indice di alfabetizzazione finanziaria di dieci punti inferiore alla media Ocse), “meno del 55% degli italiani dichiara di risparmiare con l’obiettivo di investire, e quando lo fa, lo fa in prodotti poco rischiosi”, afferma Daniele Funaro, partner e responsabile EMEA Wealth & Asset Management di Bain. “Questo – prosegue – spinge verso una riduzione della ricchezza reale ma offre una opportunità per le banche di accompagnare i clienti verso una transizione che preservi la ricchezza del Paese, ma per fare ciò occorre partire dalla consapevolezza di evolvere in termini di servizio”.
L’ultimo miglio
Il tema dell’impoverimento della clientela italiana è riconosciuto dagli operatori del settore. Tuttavia, Saverio Perissinotto, presidente Eurizon Capital SGR, opera un distinguo, sottolineando gli oltre 2.300 miliardi detenuti dall’industria del gestito “e non dobbiamo dimenticare i 1.600 miliardi fermi nei conti correnti”. Il problema, rimarca il presidente della società del Gruppo Intesa Sanpaolo, è che “gli italiani sono buoni risparmiatori, ma non necessariamente allocatori efficaci di questa ricchezza finanziaria . Manca ancora una certa consapevolezza nel definire un’asset allocation efficiente funzionale ai propri obiettivi patrimoniali di medio periodo”. Secondo Perissinotto, non è una questione di “coraggio” ma di “attitudine”. “La nostra industria produce un numero infinito di informazioni che possono essere di ausilio per incrementare la consapevolezza delle scelte d’investimento dell’individuo, ma certamente il mondo della distribuzione compie l’ultimo miglio nel dialogo con la clientela tramite l’azione di consulenza”.
Trasferimento di ricchezza
Nel prossimo lustro ci sarà un trasferimento di ricchezza finanziaria importante tra i “ricchi di oggi” (gli over 65) e “i ricchi di domani” (tra i 45 e i 64 anni), stimata da Bain in circa il 25 per cento. A questo si somma un altro dato: circa il 20% dei clienti delle banche sono affluent e rappresentano il 50% della ricchezza complessiva. A fronte di questa mutazione “occorre intercettare il potenziale del cliente e servirlo in maniera adeguata”, focalizzandosi su quattro aspetti chiave tramite logiche di segmentazione, una portafogliazione efficace (garantita dalla giusta interazione tra cliente e banca), puntare sulle competenze dei gestori e “intercettare gli hidden affluent”. Proprio sul tema del passaggio generazionale insiste la riflessione di Stefano Vittorio Kuhn chief retail & commercial banking officer BPER Banca, che parla, a questo proposito di “passaggio tra i decisori finanziari”. Questo, insieme agli scenari di mercato attesi “saranno le arene competitive del settore nei prossimi anni”. In tal senso per BPER, in quanto gruppo di derivazione delle “banche di prossimità”, si pone la necessità di “riconoscere i segmenti in maniera corretta”. “La nostra scelta è stata di multicanalità – rimarca - investiamo molto sulla proposizione digitale, ma lo interiamo con il canale fisico. Tutta la nostra attività commerciale è guidata e gestita in quest'ottica”.
Digital? When it matters
La strategia digitale della banca acquista dunque sempre maggiore centralità, ma muta dal “digital always” al “digital when it matters”. Secondo la rilevazione di Bain, il 90% dei clienti preferisce il digitale nelle azioni di routine, ma nei momenti complessi (e a bassa frequenza) come la consulenza, il 65% ha bisogno del “tocco umano”. “Nonostante l’ondata estensiva di spinta verso la digitalizzazione, lo ‘human-touch’ è ancora chiave: l’85% delle vendite avviene ancora con supporto o assistenza del gestore. Il settore deve quindi comprendere dove e come intervenire prioritizzando gli investimenti ‘dal punto di vista del cliente’ e cercando di garantire un mix equilibrato tra investimenti in IT e azioni volte ad assicurare l’adoption dei processi”, spiega Pietro Bagnoli, partner di Bain & Company. Non soltanto una rilevazione empirica, quella di Bain. Paola Pietrafesa, deputy general manager distribution & market Allianz e CEO di Allianz Bank Financial Advisor spiega come la spinta alla digitalizzazione per il Gruppo (anche con ambizioni di “togliere di mezzo le reti fisiche”) sia partita nel 2015. Ebbene, “nel 2023 ci siamo resi conto che dei 160 miliardi di capitalizzazione del Gruppo, il 60% deriva dalle reti fisiche, soltanto una minima parte dalla digitalizzazione”. Da qui la deduzione che il tema digitale è “centrale nell’abilitare un’interazione più efficiente della rete fisica con il cliente finale (almeno per i prossimi cinque anni)”.
Per Mauro Pastore, direttore generale di BCC Iccrea, raggiunto da FundsPeople a margine della conferenza, la necessità di mantenere il riferimento umano (“non siamo per il robo advisor ma per il ‘robo-for-advisor’”) è il punto finale del percorso di consulenza. “Dopo l’accordo con BlackRock per l’utilizzo della piattaforma Aladdin, abbiamo messo a disposizione dei nostri colleghi le migliori tecnologie”, afferma. Questo, in conclusione, perché “i consulenti che operano nella rete di Iccrea abbiano tutte le informazioni che servono per assistere il cliente, ma la tecnologia ha necessità del supporto umano nella fase consulenziale”.