Secondo il responsabile dell’entità, la fase di trasformazione che il private banking sta vivendo richiede un’evoluzione della figura dei professionisti del settore, anche attraverso la continua formazione e aggiornamento delle risorse.
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Il mercato italiano del private banking è in forte trasformazione. Si tratta, infatti, di un settore con una parte ingente di patrimonio non ancora gestito da strutture specialistiche che attira nuovi operatori. A tal proposito, AIPB ha commissionato Deloitte una ricerca sul quadro competitivo internazionale del settore private banking che avesse una particolare attenzione alle scelte strategiche che gli operatori italiani possono operare per aumentare la quota di mercato dell’industria*. “Il mercato del private banking italiano ha anche ricevuto un’attenzione superiore perché assorbe poco capitale e perché, in un contesto di tassi così bassi, genera un EVA (economic value added) positivo. Molte banche nazionali e internazionali hanno puntato sull’Italia attraverso importanti investimenti, innalzando così il livello della concorrenza, e penso che questo trend continuerà”, commenta Riccardo Barbarini, responsabile UBI Top Private.
Uno scenario che, secondo l’esperto, pone le basi per molteplici sfide future che richiedono semplificazione, multicanalità e modelli di servizio in grado di rispondere a clienti sempre più preparati e sofisticati. “Stiamo investendo molto per differenziarci. Puntiamo su modelli di servizio personalizzati sviluppati per soddisfare esigenze diversificate sia per fasce di patrimonio, sia per tipologia di clientela, oltre che sulla tecnologia. L’innovazione tecnologica porta semplificazione, velocità e trasparenza contribuendo in modo determinante a un servizio di eccellenza: ottimizza modalità e tempistiche di interazione e di monitoraggio dei portafogli, consentendo interventi tempestivi nella relazione con i clienti”, sottolinea il responsabile.
Il lato digital della banca
“Nel nostro mercato, pur caratterizzato da un’età media di 60 anni, la clientela appare sempre più ‘digital’ e interessata alla tecnologia e questo aspetto aumenterà sensibilmente nel futuro”, commenta Barbarini. “Un importante investimento è stato quello di ‘digitalizzare’ l’attività di negoziazione con i nostri clienti che conta decine di migliaia di operazioni all’anno. Ad oggi, oltre il 60% dell’operatività avviene senza uso della carta e delle relative firme con significativi risparmi di costo e di tempi”, ricorda l’esperto. La digitalizzazione, avverte però il responsabile, non è tutto. “Essa non potrà mai sostituire la centralità della componente umana, di relazione e di vicinanza. E la centralità del banker nel rapporto con il cliente, l’evoluzione della sua figura e la completezza del suo ruolo a livello professionale richiedono da parte nostra un’attenzione continua alla formazione e all’aggiornamento delle risorse”, sottolinea.
Una rete in crescita
UBI Top Private, al 30 settembre 2019, intermedia masse pari a circa 38 miliardi con un’importante crescita rispetto alla fine del 2018. “Recentemente abbiamo aperto un nuovo centro private a Verona, come parte del progetto di espansione nelle aree geografiche a maggior potenziale, iniziato nel 2018 con l’apertura di due sedi in Emilia-Romagna”, ricorda Barbarini. Il processo di crescita anche per linee esterne continuerà per il prossimo triennio con l’inserimento di ulteriori 50 professionisti soprattutto nelle aree più attrattive del Paese.
La Divisione è ora organizzata in 28 centri private presenti su tutto il territorio nazionale con una rete di oltre 300 private relationship manager che gestiscono circa 20.000 relazioni. "Sono numeri importanti che ci consentono di posizionarci tra i primi operatori del mercato italiano”, afferma. La banca lavora anche in un’ottica di medio-lungo termine con uno specifico progetto rivolto a 50 giovani laureati di talento che le sta consentendo di formare, internamente, figure di elevato standing professionale del futuro.
Relazione banker-cliente
Come ricorda il responsabile della banca, il servizio al cliente si sta spostando sempre più verso un approccio di ‘wealth management’: “Essere visti ‘solo’ come gestori del patrimonio non è più sufficiente. Il ruolo dei nostri circa 300 private relationship manager è centrale. Si tratta di professionisti che non sono solo gestori delle risorse e degli investimenti finanziari dei clienti top (che pure resta una condizione necessaria del servizio private), ma che forniscono soluzioni a 360 gradi. Sono dei veri e propri ‘problem solver’ sia per i clienti privati e gli imprenditori, sia per le imprese”, specifica.
Il modello italiano di private banking, conclude l’esperto, “sta individuando l’imprenditore come cliente ideale e, per una banca universale come UBI, l’obiettivo è soddisfare le sue esigenze sia come persona, sia come investitore, anche con il supporto del corporate e dell'investment banking per la sua azienda”. È questo uno dei motivi per i quali recentemente all’interno di UBI Top Private è stata creata la struttura Grandi Patrimoni, affidata alla guida di Emilio Carugati.