Biden e la vittoria "dimezzata". Che ne sarà del pacchetto di stimolo fiscale?

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foto: DonkeyHotey, flickr, Creative Commons

Le borse festeggiano. L’instabilità sembra sempre più lontana. La vittoria di Joe Biden alla presidenza degli Stati Uniti ha fatto schizzare i mercati al rialzo: i principali indici europei sono positivi e i mercati asiatici chiudono con grande fiducia, segnando un massimo che non si vedeva da quasi trent’anni. Quotazioni in aumento anche per il petrolio e balzo decisivo dell’export cinese. Eppure la vittoria alla casa Bianca del neo presidente democratico (definita da molti “dimezzata”) non corrisponde, almeno per ora, ad una maggioranza in Senato. Un problema non da poco.

Politiche fiscali in bilico

Nel caso di un controllo repubblicano del Senato lo stimolo su larga scala che molti economisti hanno sollecitato potrebbe restare fuori dal tavolo. E il piano economico di Biden avanzerebbe lentamente e a fatica. Insomma, l’idea di un forte stimolo fiscale, come ci si aspettava, sembra volatilizzarsi, come sostengono anche alcune case di gestione. “Un Congresso diviso rende difficile che si arrivi alle cifre più alte”, spiega Pasquale Diana, senior macro economist di AcomeA SGR. “Ciò detto, se l’economia Usa dovesse rallentare nel quarto trimestre, in seguito a un aumento dei contagi, lo stimolo sarebbe più probabile. In generale, quello che possiamo dire è che la politica fiscale sarà probabilmente meno proattiva, e più reattiva, quindi magari dovremo attendere un peggioramento dei dati nel quarto trimestre prima di vedere un accordo su un ulteriore stimolo fiscale”.

Una posizione condivisa anche dagli analisti di Generali Investments che affermano come il risultato attuale dimostri che la grande spinta fiscale sostenuta da un’ondata blu sia diventata “improbabile”. “L'agenda economica di Biden non sarà pienamente realizzabile”, sottolineano.  Per gli esperti di Eurizon poi, "il fatto che i tassi governativi USA abbiano rallentato la loro corsa al rialzo segnala che nelle attese dei mercati la manovra fiscale sarà ampia, ma non di dimensioni eccessive e tali da comportare rischi di surriscaldamento dell’economia". Anche secondo Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm, un Congresso diviso potrebbe ostacolare il processo politico verso un nuovo pacchetto di stimolo. “Tuttavia, non sembra probabile che le diatribe di partito riusciranno a limitare in modo significativo la portata e la scala dell’azione politica”, dice il manager. “Storicamente non ci sono prove che un Congresso diviso influenzi negativamente la performance dei mercati. Detto questo, non possiamo ignorare che per giustificare le attuali valutazioni azionarie servano rapidi progressi nei colloqui sullo stimolo fiscale e nei negoziati sulla manovra economica, che dovranno ricominciare a parti invertite e saranno dunque da seguire con molta attenzione.

Da alcuni mesi, d’altronde, l’economia americana mostra chiari segni di rallentamento. E la situazione sembra essere destinata a peggiorare: i sussidi di disoccupazione straordinari sono scaduti a luglio, la protezione garantita dal programma PPP terminerà a fine novembre e il rifinanziamento delle amministrazioni pubbliche locali è sempre più impellente. Senza contare il forte aumento del numero dei contagi da coronavirus. “Quale neo presidente si farebbe sfuggire l'opportunità di approvare un piano di stimoli senza essere accusato di sperperare risorse pubbliche?”, si chiede Fabio Fois, responsabile Investment Research di Anima SGR. Secondo la casa di gestione milanese, infatti, gli Stati Uniti saranno costretti ad annunciare uno stimolo fiscale che aiuti a sostenere la ripresa già nel prossimo trimestre. “Riteniamo che il prossimo governo americano approverà uno stimolo pandemico sostanziale, in un range compreso fra 1,0 e 1,5 trilioni di dollari. Si tratta senza dubbio di un importo inferiore rispetto a quello che sarebbe stato stanziato in caso di Blue Wave (potenzialmente 2 trilioni). Nel contempo, però, un Congresso diviso avrebbe almeno tre implicazioni positive per i mercati: una composizione del governo più centrista, una probabilità molto inferiore che le tasse possano aumentare ed una minore invadenza sul piano regolamentare. Senza considerare che, al netto del problema del debt ceiling, non si può escludere che repubblicani e democratici nei prossimi mesi trovino un accordo per un piano di investimenti infrastrutturali (anche se meno ‘verde’ rispetto allo scenario di un Congresso interamente democratico)”.

L'azione della Federal Reserve

A pochi (o meno) stimoli fiscali corrisponderanno comunque degli stimoli monetari, secondo Diana di AcomeA SGR: “La Fed continuerà la sua azione particolarmente espansiva, specialmente nel caso in cui lo stimolo fiscale fosse modesto”, spiega. “E ovviamente se la politica fiscale non dovesse fornire stimolo adeguato, la Fed aumenterebbe il QE, usando il playbook di marzo/aprile se necessario. Pertanto, nello scenario attuale, appare difficile che i tassi dei Treasuries salgano molto, visto che lo stimolo fiscale sarà inferiore alle attese e comunque la Fed continuerà a tenere i tassi sotto controllo”. Per gli esperti di Generali Investments, poi, è probabile che il calo iniziale dei rendimenti rimanga temporaneo. “Alla fine, la curva dei rendimenti dovrebbe tornare a crescere data l'offerta positiva di titoli nel 2021, anche al netto degli acquisti della Fed. A questo si aggiungerà lo stabilizzarsi della crescita e il lento aumento dell'inflazione. Di conseguenza, lo spread di rendimento tra Treasuries e Bunds dovrebbe ampliarsi di nuovo”.

Biden e i paesi emergenti: quale impatto?

Le politiche del neo presidente americano influenzeranno certamente anche l’andamento dei mercati emergenti. “Le minori pressioni sul fronte commerciale e la prossima approvazione dei vaccini sono elementi che supportano i mercati emergenti”, dicono da Anima SGR. “Il contesto di riferimento rimane costruttivo, con il virus sotto controllo e segnali incoraggianti sull’andamento della crescita nell’area asiatica (in miglioramento anche l’India) e politiche economiche orientate verso la generazione di sostegno”. Anche i portafogli di Eurizon guardano con interesse al mercato obbligazionario emergente: "il sovrappeso riguarda soprattutto i Paesi emergenti asiatici che in questo momento sembrano contenere meglio il contagio, mostrano dati economici migliori e potrebbero trarre beneficio dalla nuova Amministrazione Biden, che si prospetta più aperta alla globalizzazione dell’economia rispetto all’atteggiamento di Trump", dicono gli analisti.

Nello specifico, lo scenario favorevole agli emergenti lo è almeno per tre ragioni, come dice Pasquale Diana, senior macro economist di AcomeA SGR. “In primo luogo, la politica commerciale dovrebbe essere assai meno imprevedibile sotto un esecutivo a guida Biden. Per paesi che fanno del commercio mondiale la loro ragione di vita (pensiamo alla Cina e al suo indotto ad esempio), questo è importante. In secondo luogo, il fatto che i tassi US rimangano con ogni probabilità bassi sia a causa di uno stimolo fiscale più contenuto sia (soprattutto) di una Fed che continua a fare molto QE è chiaramente favorevole agli emergenti. È infatti plausibile attendersi che questa liquidità nel tempo raggiungerà sempre più paesi, tra cui anche gli EM frontiers. In terzo luogo, con ogni probabilità un’amministrazione Biden sarà più aperta all’emissione di diritti speciali di prelievo (SDRs) da parte del Fondo monetario”. Come ricordano anche gli economisti di Generali Investments, infatti, “la prevista posizione meno conflittuale da parte di Biden per quanto riguarda il commercio internazionale andrà a beneficio anche del debito Investment Grade dei mercati emergenti”.