Tobam, una piccola società parigina che gestisce circa 10 miliardi di euro, lancia un prodotto davvero pioniere in Europa: il primo fondo comune che scommette sul bitcoin.
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Mentre gli esperti litigano tra loro (sarà una rivoluzione o una bolla speculativa?) l’industria dell’asset managament ne comincia a cavalcare l’onda. Tobam, una piccola società parigina (partecipata da Amundi) che gestisce circa 10 miliardi di euro, è balzata agli onori della cronaca internazionale per aver lanciato un prodotto davvero pioniere in Europa: il primo fondo comune che scommette sul bitcoin. Il Tobam Bitcoin Fund è l’ultima prova che le criptovalute stanno diventato sempre più mainstream e anticipa i piani del Chicago Mercantile Exchange di creare nelle prossime settimane un future quotato.
Secondo gli esperti, questi primi passi dovrebbero aiutare il bitcoin a trovare un prezzo un po’ più stabile, ma ci sono ostacoli normativi significativi, dato che i bitcoin e le altre criptovalute non sono regolamentate da molti organismi di controllo, tra cui la SEC degli Stati Uniti e la FCA del Regno Unito, e non possono essere detenuti dai fondi comuni tradizionali o dalla maggior parte dei fondi scambiati. Il fondo di Tobam di fatto è classificato come fondo di investimento alternativo, non è negoziato in Borsa e non rientra nella struttura dei fondi comuni europei UCITS. La società ha dichiarato di aver richiesto l'approvazione dell'autorità finanziaria francese, l'Autorité des Marchés Financiers, per il lancio del fondo, sottolineando come il prodotto “permetterà per la prima volta agli investitori istituzionali e qualificati di prendere posizioni sulla criptovaluta attraverso un veicolo più sicuro e pratico”. Yves Choueifaty, il fondatore di Tobam, ha fatto sapere che l’asset management ha dovuto convincere l'AMF di come la "struttura del fondo sia protettiva per gli investitori". PwC è il revisore dei conti del fondo e Caceis, il gruppo bancario di asset-servicing banking di Crédit Agricole, ne è il custode.
Pronti alla sfida
"L'investimento diretto in bitcoin può essere una sfida in termini operativi, come ad esempio decidere quale piattaforma sarà utilizzata per mantenere le misure di sicurezza appropriate in termini di custodia e gestire le modifiche apportate al protocollo (note come hard forks)", spiega Christophe Roehri, responsabile dello sviluppo del business della società. Tobam non ha certo negato che l’investimento in bitcoin è esposto a “rischi significativi, compreso un altro livello di volatilità”, ma ha aggiunto che l’esposizione a questo asset “offre il vantaggio della diversificazione”, uno degli obiettivi della stessa società.
Va ricordato che la casa d'investimento è nota per lo sviluppo di un'analisi chiamata Anti-Benchmark. È un metodo quantitativo che mira a costruire il portafoglio più diversificato possibile, con l'obiettivo di rendere il portafoglio il più efficiente possibile. Gli esperti spiegano che hanno dedicato gli ultimi dodici anni a "sviluppare sistemi di sicurezza e capacità tecnologiche all'avanguardia, con cui supportare la struttura e il funzionamento del fondo". La società ha inoltre creato un team di analisi dedicato esclusivamente alla criptovaluta che comprende specialisti informatici, ingegneri, ricercatori ed esperti in gestione del rischio. "Tobam ritiene che il bitcoin e la criptovaluta in generale abbiano il potenziale per diventare standard di lunga durata per i mercati finanziari e del risparmio", affermano.
Analisi e novità in vista
Se da una parte cresce l’entusiasmo per il prossimo lancio del primo future in bitcoin da parte del CME di Chicago (come detto prima), dall’altro ci sono altre novità sul fronte dell’industria del risparmio gestito. Secondo il Wall Street Journal, il colosso americano del risparmio gestito J.P. Morgan potrebbe entrare presto in gioco: “J.P.Morgan sta valutando se fornire ai propri clienti l'accesso al nuovo prodotto sul bitcoin del Cme, attraverso la sua unità di brokerage di futures" , si legge sul quotidiano. Non stupisce dunque che sempre più società di gestione stiano analizzando la popolarità delle criptovalute. Se per gli esperti di UBS, ad esempio, “il forte incremento che hanno subito le valutazioni delle criptovalute negli ultimi mesi è una bolla speculativa”, benché “il blockchain, ovvero la tecnologia che ne è alla base, probabilmente avrà un significativo impatto sulle società, dal settore finanziario a quello manifatturiero, dall’healthcare alle utility”, all’ITForum di Milano il panel su “Bitcoin tra bolla e rivoluzione” ha appassionato più di 300 persone.
Durante la conferenza l’avvento del bitcoin è stato paragonato in termini di conseguenze a quello di Internet e delle prime reti ferroviarie. Se questo esperimento dovesse avere successo, le valute più scambiate come il dollaro e l’euro potrebbero venire inflazionate a dismisura e la reazione dei governi probabilmente non sarebbero concertate ma diversificate. Il Giappone ad esempio ha mostrato un atteggiamento di apertura alle criptovalute così come la Svizzera, mentre la BCE potrebbe manifestare un atteggiamento molto più conservativo. I dubbi restano e frattanto, almeno secondo il Financial Times, gestori di portafogli e consulenti finanziari hanno affermato che la maggior parte degli investitori istituzionali è ancora ben lontana dal considerare di investire sui bitcoin.