Boutique indipendenti sfida ai big

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Photo by Daniele Levis Pelusi on Unsplash

Piccole e specializzate. Con idee gestionali spesso chiare e coraggiose, le boutique italiane cercano di resistere agli scossoni degli ultimi tempi, laddove l’industria dell’asset management, in un'economia di scala, si aggrega sempre più. Fanno meno cose, certo, ma cercano di farle bene. Puntano sulla loro indipendenza, sulla costanza nel tempo e il loro stretto rapporto con la clientela, pronti a raccogliere le sfide. “Il mercato è sempre più competitivo con barriere all’entrata non trascurabili che richiedono masse in gestione sempre maggiori per la tendenza alla riduzione del livello commissionale ed una crescente struttura di costi atta a coprire esigenze di professionalità, innovazione e presidi regolamentari”, dice Sergio Lovecchio, direttore generale di Pensplan Invest SGR. “Le boutique devono trovare nicchie di mercato nelle quali affermare la loro peculiarità e diversità rispetto ad un’offerta standard di player internazionali”. 

Polarizzazione in atto

Che il mondo dell’asset management sia destinato a diventare sempre più polarizzato è sotto gli occhi di tutti. “Da un lato si pongono le grandi case generaliste, con un’offerta capace di coprire tutte le principali asset class, mentre dall’altro troviamo gli asset manager con competenze specifiche, in grado di offrire prodotti ad alto valore aggiunto in nicchie di mercato”, afferma Stefano Bestetti, direttore di Hedge Invest SGR. “Questa tendenza dell’industria permetterà alle boutique indipendenti di ritagliarsi uno spazio all’interno di un’arena competitiva. Potranno verificarsi fenomeni di concentrazione anche tra le stesse boutique, dato che le masse minime da amministrare per rimanere sul mercato in modo profittevole sono destinate a salire per i costi fissi crescenti (compliance e IT)”. È un po’ l’operazione recentemente intrapresa dalla società di gestione guidata da Carlo Vedani. “Alicanto Capital stessa è il risultato della fusione tra Fiduciaria Orefici SIM e Alpi Fondi SGR; un’unione pensata proprio con l’obiettivo di dare ulteriore solidità alla struttura, integrare la gamma, e quindi dare maggiori servizi alla clientela, mantenendo l’indipendenza, per noi un elemento imprescindibile che ci permette di continuare a fare scelte autonome”. Anche in Agora SGR non scartano l’ipotesi di un’aggregazione pur se “con partner indipendenti che condividano i nostri obiettivi e la nostra visione”, sottolinea il consigliere delegato Roberto Imbriale.

Sfida ai big

Per Marco Rosati, amministratore delegato di Zenit SGR, non va però dimenticato che all’estero, soprattutto nel mondo anglosassone, l’indipendenza delle società di asset management dal mondo bancario è un dato acquisito: “convivono senza troppi problemi i colossi del settore accanto a realtà di nicchia, di minore dimensione, magari specializzate su qualche segmento di prodotto o di mercato particolare. Indubbiamente la sfida è ambiziosa, anche perché la progressiva regolamentazione del settore e la diffusione di strumenti tecnologici sempre più sofisticati favorisce le economie di scala, richiedendo agli operatori più piccoli un importante sforzo strutturale per poter competere ad armi pari con i big. Diventa allora fondamentale poter offrire al cliente una differenziazione in termini di prodotto o, più probabilmente, di servizio, come noi abbiamo cercato di fare fin dalla nascita”.

La sfida ai grandi colossi è lanciata anche da Soprarno SGR. “Se gli investimenti devono diventare dei grandi certificates indicizzati all’andamento di mercati mondiali e da cui sono escluse le aziende nelle fasi iniziali di sviluppo, allora non c’è spazio per le boutique (o gli artigiani come noi ci definiamo) e tutti avranno il conto presso una banca di grandi dimensioni, acquisteranno auto categoria media, compreranno acciai non speciali e private label della grande distribuzione alimentare; oppure qualcuno – e bastano pochi – continuerà a volere servizi e prodotti non di massa, migliori e di qualità superiore, e questo aiuterà ad ottenere qualcosa di meglio, dove la produzione ha ancora un valore”, dice senza mezzi termini l’amministratore delegato e gestore Pietro Cirenei

È chiaro che alcune differenze sostanziali rispetto ai grandi concorrenti ci sono, basti pensare alla forza commerciale nel caso delle reti distributive e alla varietà di prodotti sulle diverse asset class che un grande player può offrire. “D’altro canto però vedo anche differenze che possono valorizzarci e costituiscono un vantaggio”, chiarisce subito Andrea Pescatori, amministratore delegato di Ver Capital SGR. Le boutique hanno dalla loro “la rapidità e la flessibilità nel cogliere ed implementare nuove soluzioni che rispondano alle esigenze del momento, la forte specializzazione e competenza su determinati segmenti di mercato, la prossimità e l’accessibilità per il cliente del gestore, l’offerta anche di strategie di nicchia che spesso non fanno parte della gamma di offerta dei grandi player e l’abitudine, perché necessaria alla sopravvivenza, a focalizzarsi sulla qualità del prodotto. Per i grandi player, per forza di cose le logiche di prodotto spesso sono influenzate da fattori commerciali, per boutique come la nostra, l’unico driver è la qualità del prodotto offerto”.