Catanzaro (BNP Paribas SS): “Ci sarà un cambiamento epocale nella selezione degli investimenti"

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Tra il 77% degli investitori istituzionali che detengono prodotti ESG, quasi la metà ha investito non più del 25% del proprio portafoglio in strategie ESG specifiche, ma prevede di aumentare questa quota al 50% od oltre nel corso dei prossimi due anni. A rivelarlo è lo studio intitolato “Great Expectations: ESG – what’s next for asset owners and managers” condotto tra le principali SGR, fondi pensione, casse di previdenza ed assicurazioni da parte di BNP Paribas Securities Services.  Stefano Catanzaro, direttore generale di BNP Paribas Securities Services Italia sostiene che: “Nei prossimi due anni si produrrà un cambiamento epocale nel modo in cui gli investimenti vengono selezionati. Oggi è ampiamente riconosciuto che l'inclusione di criteri ESG nella scelta degli investimenti può contribuire a migliorare i rendimenti, ma in futuro questi prodotti diventeranno il punto focale dell'offerta delle società di gestione. Infatti, tra l'80% dei gestori che offrono strumenti ESG, il 40% attualmente pubblicizza come strumenti ESG o fondi di investimento socialmente responsabile solo il 25% dei propri fondi. Tuttavia, questa percentuale è destinata ad aumentare in modo sostanziale nei prossimi due anni, poiché oltre la metà (il 54%) prevede di proporre il 50% od oltre della gamma d’offerta come prodotti ESG.

Alcune difficoltà

Sebbene l'interesse sia da parte dei gestori che degli investitori sia notevole, ci sono alcune criticità nell'implementazione di strategie ESG: in primo luogo la carenza di dati e l'assenza di strumenti analitici. L’indagine ha rilevato che al momento il 64% degli investitori e il 47% dei gestori considera la carenza di dati accurati un ostacolo al maggior ricorso alle strategie ESG, anche se tali percentuali scendono al 22% e all’8% rispettivamente a distanza di due anni. L’assenza di strumenti analitici adeguati è un inconveniente importante per entrambi i gruppi: il fatto che per circa un quarto (il 23%) rappresenta una barriera all’investimento futuro in questi prodotti segnala l’esigenza di investire in tecnologie e specialisti. Per Catanzaro "la raccolta e l’analisi dei dati ESG comporteranno, tanto per i gestori che per gli investitori, l’impiego di nuovi strumenti, risorse e competenze ed è per questo che a nostro avviso la tecnologia svolgerà un ruolo di primo piano nell'assisterli a realizzare i loro obiettivi”.

Trevor Allen, product specialist, esperto in gestione del rischio e della performance di BNP Paribas Securities Services, ha osservato: “Anche una volta superato l’ostacolo della raccolta dei dati, la capacità di trarre conclusioni dalla loro analisi continuerà a costituire un problema, ed è qui che entrano in gioco gli smart data, l’intelligenza artificiale e gli specialisti dei temi ESG. “Nei prossimi anni ci aspettiamo da parte di gestori e investitori una marcata espansione delle risorse tecnologiche e umane necessarie per far fronte a questa esigenza”. Lo sviluppo di nuove risorse richiederà investimenti e i gestori temono l’aumento dei costi che questo comporterà. Lo studio ha rilevato che secondo il 31% questi costi rappresenteranno il maggiore ostacolo alla diffusione di questi prodotti nei prossimi due anni. Queste spese sono anche la principale barriera allo sviluppo futuro di questi prodotti. Il 28% dei gestori teme infatti di non disporre delle capacità necessarie a soddisfare la domanda di strumenti ESG da parte degli investitori. La stessa percentuale ritiene che questa continuerà ad essere la maggiore barriera anche tra due anni. “I gestori dovranno collaborare strettamente con gli investitori per comprendere le loro esigenze in termini di prodotti ESG e sviluppare strategie adeguate, ma ciò richiederà investimenti”, conclude Catanzaro.

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