Cazzola (Hedge Invest): "Ecco quali sono le tre fasi del nostro processo di selezione”

Immagine ceduta
Immagine ceduta

Nell’ambito degli hedge fund e, più in generale delle strategie alternative, l’analisi qualitativa è la parte preponderante dell’attività. “L’approccio qualitativo è il cuore della nostra attività: prima di investire in qualunque fondo, che sia hedge o UCITS alternativo, per noi è fondamentale conoscere il gestore e più in generale il team di gestione”, afferma Sara Cazzola, head of research di Hedge Invest SGR.

Nell’ambito dell’attività di fund selection, la boutique italiana seleziona i fondi da inserire nei portafogli dei fondi di fondi. In primis, la società effettua un’analisi top-down, ovvero del contesto macroeconomico, in modo da identificare le aree di mercato che siano in grado di offrire le migliori opportunità per le strategie alternative nei successivi 6-12 mesi. Successivamente, la società effettua un’analisi bottom-up, che consiste nella selezione dei fondi sottostanti. Il processo di fund selection della casa italiana è suddiviso in tre fasi: analisi qualitativa, analisi quantitativa e operational due diligence. Lo screening qualitativo è strutturato in sette parti:

  • Valutazione della trasparenza del fondo, che rappresenta una delle peculiarità del processo. “Non investiamo in blackbox, quindi se un fondo non è ritenuto trasparente, viene considerato non investibile”, afferma Cazzola. Inoltre, il team di fund selection valuta l’accessibilità al gestore: “per noi è fondamentale avere un rapporto diretto con i gestori. Generalmente non investiamo nei big player dell’industria, a meno che non si tratti di fondi con cui siamo stati in contatto sin dalla partenza, e con i quali, nonostante una forte crescita degli asset, riusciamo a mantenere un rapporto continuativo con il team di gestione”;
  • Analisi della strategia del fondo, con l’obiettivo di comprendere quali sono i contesti di mercato ottimali, subottimali e avversi, e di quantificare la dimensione ottimale per l’implementazione della strategia stessa;
  • Gestione del rischio: in questa fase “analizziamo i fondi sulla base dei parametri di rischio che riteniamo più significativi per le diverse strategie alternative”, osserva Cazzola, aggiungendo: “per la categoria dei fondi equity long/short, ad esempio, analizziamo diversi fattori come l’utilizzo della gross e net exposure, la concentrazione per posizione, l’esposizione geografica e settoriale, l’orizzonte temporale di investimento, la capitalizzazione sottostante, l’utilizzo di stop loss e la finalità dell’utilizzo dei derivati”;
  • Background del gestore: in questa parte della due diligence sono analizzati il cv del gestore, il suo track record nella gestione di strategie o mandati assimilabili alla strategia oggetto di analisi, e viene data una valutazione del gestore anche dal punto di vita umano, al fine di valutarne la capacità di reazione in fasi di mercato caratterizzate da forte stress;
  • Valutazione dell’organizzazione, che viene intesa come struttura a supporto del gestore: analisti, trader, backoffice, risk management e investor relations. L’obiettivo è valutare se la struttura aziendale è adeguata all’ammontare dei capitali in gestione nella specifica strategia;
  • Analisi del track record passato del fondo, in termini di profilo rischio/rendimento offerto storicamente, delle ragioni dei drawdown passati e dei tempi di recupero di tali drawdown;
  • La parte operativa: “analizziamo l’allineamento di interessi tra il fund manager e l’investitore, la governance della società di gestione, il funzionamento delle dinamiche di calcolo del NAV e la struttura informatica a supporto della struttura organizzativa”.

Nell’ambito dell’analisi quantitativa, la società non si limita ad analizzare esclusivamente i dati di performance, volatilità e correlazione, ma “confrontiamo anche i portafogli dei potenziali investimenti con i portafogli dei fondi già presenti nei nostri prodotti, al fine di valutarne il contributo al rischio complessivo del portafoglio ed evidenziare eventuali sovrapposizioni nel sottostante”. La terza fase è rappresentata dall’operational due diligence, che viene effettuata dal team di risk management, in maniera indipendente dal team di ricerca, attraverso incontri con il COO/CFO delle società di gestione, e si focalizza sull’approfondimento di tematiche diverse dalla gestione del portafoglio, come le procedure di valutazione del portafoglio, la valutazione delle controparti con cui il fondo opera, le procedure di calcolo del NAV e il funzionamento dei sistemi informatici.

L’importanza dell’analisi settoriale

Nell’universo dei fondi alternativi equity long/short, la maggior parte dei gestori sono generalisti. “Tuttavia, il background di alcuni fund manager può essere più o meno concentrato su un determinato settore. Nell’ambito degli equity long/short, una parte dell’industria è costituita da fondi settoriali, soprattutto TMT e healthcare”, spiega Cazzola. In particolare, “a nostro avviso i settori tech/TMT sono ideali per l’implementazione di una strategia long/short, dato che l’emergere di nuove tecnologie crea inevitabilmente vincitori e vinti fra i quali i fondi alternativi possono trovare opportunità rispettivamente per le parti lunghe e corte dei loro portafogli”. Storicamente nell’industria vi erano anche molti fondi equity long/short specializzati sul settore finanziario. A partire dal 2008, l’implementazione di una strategia equity long/short esclusivamente focalizzata sul settore finanziario è diventata più difficile a causa dell’aumento strutturale della correlazione infrasettoriale.