Cerminara (Zenit SGR): “Con i PIR siamo sulla strada giusta”

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Il 2018 è il secondo anno di vita dei Piani individuali di risparmio, gli strumenti nati con l’esigenza di ampliare la gamma di finanziamenti per le aziende domestiche, riservando al contempo un beneficio fiscale per gli investitori. Ma il loro successo poggia soprattutto sulla capacità di “essere andati a finanziarie un tessuto economico che dopo anni di crisi ritrovava finalmente un trend positivo”, commenta Francesca Cerminara, responsabile bond e valute di Zenit SGR. Una strada che prima dell’Italia è stata avviata da altri Paesi.

Tra i fratelli maggiori dei PIR, infatti, l’esperta ricorda i PEA francesi (nati nel 1992), gli ISA britannici (1998), i Tax-Free Savings Account canadesi (2009), i NISA giapponesi (2014) e l’esperienza degli USA che con il codice delle tasse 401K401K identificano un piano previdenziale privato in cui i risparmi godono di una tassazione differita.

Sebbene giovani, i PIR italiani hanno riscosso da subito particolare successo, chiudendo il 2017 con una raccolta di quasi 11 miliardi e un patrimonio di 16. Zenit SGR è stata tra le prime società a proporli, lanciando Zenit Obbligazionario e Zenit Pianeta Italia a febbraio 2017 e che in 15 mesi “hanno regalato ai propri sottoscrittori una performance di +1,60 per il fondo obbligazionario e di circa il 18% per quello azionario, nonostante il mese di maggio che per i mercati finanziari italiani è stato un mese decisamente pesante per le note vicende politiche”, spiega Cerminara.

Rotta per il futuro
Come ricorda l’esperta di Zenit, “i PIR hanno un raggio di azione piuttosto ampio potendo inglobare sia azioni che obbligazioni di qualsiasi dimensione ma in fondo l’universo investibile è ancora piuttosto ridotto se paragonato a quello di altri Paesi”. A Milano, infatti, le società quotate sono 340 (500 in meno rispetto a Parigi e 1.500 rispetto alla Gran Bretagna) e con una contribuzione al PIL ancora bassa. Basti pensare che il FTSE Mib impatta per circa il 30% mentre a Parigi parliamo di un 70% e in UK quasi di un 100%.

“I capitali messi a disposizione dagli strumenti PIR compliant potrebbero andare a colmare parte del gap, rafforzando il nostro sistema economico”, spiega Cerminara. “Gli strumenti a disposizione ci sono e il confronto fra Italia e resto del mondo rafforza la nostra convinzione che siamo sulla strada giusta. Ma affinché il mercato cresca è necessaria un’economia forte e un contesto stabile.

Pensiamo infatti che dall’inizio dell’anno sono 17 le società europee che hanno deciso di non quotarsi in borsa sia per una riduzione delle valutazioni per un aumento della volatilità sia per l’incertezza che si respira sui mercati finanziari, per non parlare delle società che hanno congelato le emissioni di nuovo debito. Gli investitori e gli emittenti hanno bisogno di chiarezza e stabilità finanziaria, cosa che ora come ora solo la politica può darci