Chi perde con la trade war?

Captura_de_pantalla_2019-10-22_a_las_15
Gregorio De Felice

Quando ci sono delle guerre, il grande rischio è che si perda tutti. Quando si interrompe un lungo periodo di cooperazione commerciale.  gli impatti negativi rischiano di essere importanti non solo per Cina e Stati Uniti, ma per l’intero commercio internazionale e quindi per l’economia globale.

Ci troviamo di fronte a uno scenario molto complesso. Gli indicatori economici, in particolare quelli relativi al settore manifatturiero, continuano a mostrarci segnali di debolezza dell’economia, in particolare per quanto riguarda il settore manifatturiero. La debolezza del ciclo economico, però, non si riflette sui mercati borsistici che registrano un andamento positivo da inizio anno. “Le incertezze legate alla guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina sono diventate una costante dello scenario economico mondiale”, afferma Gregorio De Felice, chief economist del Gruppo Intesa Sanpaolo. “I flussi del commercio internazionale stanno rallentando e ci stiamo muovendo verso nuovi ed incerti equilibri: la Cina è diventata l’area geografica più grande al mondo in termini di potere d’acquisto”.

La vera rivoluzione dell’economia cinese è stata nel passaggio da una economia di produzioni a basso costo ad un’economia evoluta ed esportatrice di tecnologia. “Tra le prime dieci società tecnologiche al mondo, tre sono cinesi”, fa notare De Felice. “La Cina è molto diversa dalla Russia. La sua economia non si basa sulle risorse naturali, ma ormai sempre di più sul know-how tecnologico”.

Gli impatti della trade-war sono già reali. “Lo dimostra il rallentamento nell’area euro, soprattutto per quanto riguarda i Paesi che hanno un modello di crescita basato sull’export come Germania e Italia. La reazione di politica monetaria è stata rapida: “Ci aspettiamo che la Banca Centrale Europea continui la sua politica iper-espansiva con l’estensione del programma di acquisti anche nel 2021”.

Cosa aspettarci in Italia

L’Italia ha migliorato notevolmente la sua posizione sui mercati internazionali con una riduzione dei rischi finanziari“. Il Ftse presenta una crescita del 20% da inizio anno. Sul mercato dei titoli di Stato il cosiddetto rischio di ridenominazione (ritorno alla lira) è passato da un picco di 125 a 33 punti base”, spiega l’esperto. “Ciò che manca ancora in Italia è la crescita economica. I tassi bassi e la maggiore stabilità finanziaria rappresentano un’ottima occasione che l’Italia deve riuscire a sfruttare.

Il nostro Paese deve implementare quelle riforme finalizzate ad una crescita della produttività e degli investimenti per una crescita sostenibile e duratura nel tempo. Ne beneficerà anche lo spread dei nostri titoli pubblici e la credibilità del Paese”.