Cifre, clienti e cambi normativi nel private banking

Massari
Immagine ceduta

È tempo di rivoluzione anche in ambito private. O meglio è tempo di saper recepire una rivoluzione che è già in atto nell’industria del risparmio gestito. L’introduzione di MiFID II e di tutta una serie di normative nel 2018, le nuove sfide tecnologiche (dai big data ai robo-advisor), il cambiamento generazionale della clientela, la continua ricerca di rendimento (sempre più complessa) sono tutti fattori che possono avere una doppia lettura. Da una parte sono una minaccia per chi non è pronto ad affrontarli. Dall’altra invece possono rappresentare un’opportunità per chi saprà approfittarne e acquisire maggiori quote di mercato.

In tal senso si muove il private banking italiano. “È stato capace negli anni di conquistare l’86% del proprio mercato di riferimento - quota consistente soprattutto se confrontata con altri mercati maturi come quello di alcuni Paesi europei (62%) e il Nord America (43%) -, tuttavia i margini di crescita per questo settore sono ancora ampi e le maggiori opportunità si trovano da un lato nella diffusione del servizio di consulenza evoluta, che ad oggi raccoglie il 12% delle masse rispetto al 19% mediamente nel resto del mondo, dall’altro lato nell’utilizzo di una più raffinata profilazione della clientela, che può arricchirsi con la grande quantità di dati destrutturati che sono a disposizione”. Antonella Massari, segretario generale dell’Associazione italiana private banking, ha le idee molto chiare a riguardo. “Un’accurata profilazione della clientela aiuta nel riconoscimento dei bisogni e nell’indirizzo di un’offerta sempre più tagliata sulle reali esigenze della clientela. Un processo che, accompagnato da un migliore utilizzo della tecnologia, aiuta il banker a liberare tempo per le attività a maggiore valore aggiunto”.

Il rapporto tra banker e cliente

Le possibilità di andare oltre i quasi 800 miliardi di ricchezza gestita insomma ci sono, eccome. Serve seguire in primis i cambiamenti già in atto. “L’innovazione è certamente importante anche per il settore private. Pur essendo un settore ‘in salute’ e nonostante i risultati positivi degli ultimi anni (crescita delle masse e buona profittabilità), l’industria non può accontentarsi ma è chiamata ad un continuo rinnovamento per stare al passo con un contesto che cambia rapidamente. Un esempio su tutti riguarda l’evoluzione tecnologica, indispensabile per poter offrire un servizio sempre più qualificato al cliente. A questo proposito, l’area che offre il maggior potenziale di sviluppo e che può portare i maggiori benefici in termini di qualità del servizio offerto è proprio quella dell’interazione tra cliente e banker”, continua Massari.

Le piattaforme digitali rendono infatti efficiente la gestione delle attività di back-office e migliorano l’esperienza del cliente nelle occasioni di contatto con la propria banca o con il proprio referente. Ma la recente spinta all’innovazione tecnologia non sembra destare troppa preoccupazione nei private banker. “Dalle nostre ricerche emerge che le prime abilità ritenute importanti dal private banker nello svolgimento della sua professione sono la capacità di interpretare i bisogni finanziari e non finanziari e la capacità di assistere il cliente, tutti aspetti che riguardano strettamente la relazione e che difficilmente possono essere intermediati da una macchina. Anche dal punto di vista della clientela, il private banker si conferma un punto di riferimento fondamentale: secondo quanto emerge dalla nostra indagine annuale sulla clientela, infatti, il private banker continua ad essere il primo canale di contatto con la banca ed anche il primo motivo per cui il cliente la sceglie come principale per i propri investimenti. A questo si aggiunge che a fronte del 46% dei clienti private che ha già sentito parlare del servizio di robo-advisory, solo il 26% valuterebbe l’opportunità di farvi ricorso nel caso in cui il costo del servizio private diventasse troppo oneroso”.

Più e nuovi profili della clientela

Il banker resta dunque figura centrale. La tecnologia invece servirebbe solo a migliorare il rapporto con il cliente. D’altronde, come spiega la stessa Antonella Massari, le prime due aspettative dei clienti nei confronti del private banking continuano ad essere la disponibilità di un referente dedicato (74%) e la consulenza sulla gestione degli investimenti finanziari (61%). “A queste si aggiungono la disponibilità di un’ampia gamma di prodotti finanziari (42%) e la capacità di identificare i bisogni per la costruzione di soluzioni personalizzate (42%), che guadagnano la terza e la quarta posizione per importanza nelle aspettative del cliente”, dice il segretario AIPB.

“Va detto che, visto l’attestarsi del grado di soddisfazione della clientela nei confronti del servizio private su livelli medio-alti (77% di soddisfatti), per muovere realmente la raccomandazione positiva e la memorabilità del servizio non basta focalizzarsi su questi elementi, considerati standard, ma è necessario che tali aspetti vengano declinati secondo modalità e gradazioni adatte ai diversi profili della clientela. Profilazione che deve tenere conto delle caratteristiche socio-demografiche, dei progetti di vita del singolo e del nucleo famigliare, dell’entità di tutto il patrimonio non solo quello finanziario. Tutto ciò rappresenta una grande opportunità per lo sviluppo dell’industria del private”.