Cina, troppo grande per essere sottopesata

“First in, first out”. È con questa locuzione che si riassume l’efficienza della Cina nel gestire la pandemia da Covid-19. È risultata essere, infatti, uno dei pochissimi Paesi a registrare un tasso di crescita positivo nel 2020, impartendo un’importante lezione al mondo. L’obiettivo della Cina è ora la piena integrazione nell’economia globale, attraverso una serie di politiche che puntano allo sviluppo tecnologico, alla produttività del lavoro e alla riforma agraria. Il passo è breve, eppure è ancora un Paese troppo sotto-pesato negli indici azionari e obbligazionari globali, rispetto la sua importanza. Quali sono le ragioni? Ne abbiamo discusso in occasione di una tavola rotonda virtuale sugli ETF che replicano i mercati emergenti.

Se accanto alla Cina consideriamo anche Korea, India e Taiwan parliamo di Paesi che nel loro insieme rappresentano circa la metà della crescita del PIL globale degli ultimi dieci anni, ma il loro peso congiunto all’interno dell’indice MSCI All Country World Index è solo del 11%. “Dei 1.070 miliardi di euro investiti in Europa in ETF, solo poco più dell’1% delle masse totali replica indici cinesi, contro il 20% che replicano, invece, indici americani”, commenta Mauro Giangrande, head of Passive Sales Italy, Iberia, France & MENA di Xtrackers, DWS Group. Le motivazioni sono varie e legate alla struttura del mercato stesso. “Fino a qualche anno fa c’erano diverse restrizioni per gli investitori esteri che volevano acquistare titoli cinesi quotati sulle borse di Shangai e Shenzhen. Nel corso del tempo, queste sono state attenuate attraverso diverse iniziative poste in essere dalle autorità cinesi, la più importante delle quali è sicuramente il programma Stock Connect del 2014 che ha collegato le borse continentali a quella di Hong Kong, dettandone l’apertura a livello globale”, spiega l’esperto.

Sia l’azionario, che l’obbligazionario, cinese oggi rappresentano classi di attivo necessarie per chi desidera diversificare il portafoglio, in un mondo con tassi d’interesse ai minimi. La crescita dei flussi in queste asset class ne conferma il forte interesse, anche all’interno di soluzioni passive. “Nel 2020 l’etf Xtrackers MSCI China UCITS è passato da 1,2 miliardi di masse gestite a 2,10”, prosegue Giangrande. “Questo fenomeno sta prendendo quota anche nel mercato fixed income, dato che i bond cinesi decennali rendono il 3%, contro i rendimenti negativi dei titoli giapponesi con medesimo merito creditizio”, aggiunge.

La view dei fund buyer

Mentre la Cina si fa valere come potenza economica globale, gli investitori guardano con maggiore attenzione ai suoi mercati, sia azionari, che obbligazionari, avendone comprovato il loro ruolo di diversificatore nel portafoglio. Ciò ha portato ad aumentare man mano il peso di queste classi di attivo, grazie anche al diffondersi di nuovi prodotti con cui prenderne esposizione. 

“La quota di investitori europei allocati in Cina e Paesi asiatici aumenterà ancora di più”, sostiene Francesco Rossi, Lead portfolio manager di Euromobiliare Advisory SIM. “Noi abbiamo posizioni sia sui mercati obbligazionari, sia azionari, e il loro utilizzo crescerà nel tempo”, prosegue. “Ad oggi gli indici azionari sono ancora troppo sotto-pesati, poiché il flottante, ciò che circola effettivamente sul mercato, è ancora troppo basso rispetto al capitale nelle mani forti, e questo va a comprimere di conseguenza l’universo investibile”, aggiunge il gestore.

“Il problema è ancora più rilevante nei mercati obbligazionari”, sottolinea Giorgio Bensa, fund selector di Ersel SIM. “Fino a qualche anno fa l’obbligazionario cinese non era investibile e gli investitori non potevano partecipare alla crescita economica attraverso questa asset class. Noi, infatti, solo nell’ultimo anno ci siamo avvicinati a strategie fixed income asiatiche, mentre eravamo esposti all’azionario già da tempo”, conclude l’esperto.

Al di là dell’euforia attuale derivante dalla migliore gestione da parte della Cina della crisi da Covid-19, esistono fattori strutturali che stanno trainando l’attenzione degli investitori. “Non si può più trascurare la Cina e, in generale, i Paesi asiatici”, dichiara, Claudio Casadei, portfolio manager di Optima Sim. “Si tratta di un’area interessante dal punto di vista strategico: la crescita economica sarà guidata dall’aumento della domanda domestica derivante dall’espansione della classe media, l’accumulazione del debito è ancora nelle fasi iniziali rispetto ai Paesi svluppati e i tassi di interesse sono in territorio positivo dando margini di manovra alle autorità monetarie in caso di fasi congiunturali negative. Riteniamo quest’ area interessante per investimenti di natura sia azionaria che obbligazionaria, attraverso prodotti attivi e passivi”, termina Casadei.