Covid-19, la risposta europea. Che cosa pensano del Recovery Fund gli asset manager internazionali

Christian Wiediger, Unsplash
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Aumentano le possibilità di arrivare ad una sisntesi condivisa che permetta di utilizzare il bilancio dell'Unione Europea per sostenere l'economia continentale nella ripresa successiva alla fase emergenziale della crisi sanitaria. 

"La proposta di un'emissione congiunta di 500 miliardi di euro di debito UE attraverso un fondo di recupero equivale al 4% del prodotto interno lordo dell'Unione. L'allocazione dei fondi (cioè la chiave di spesa) sarà in funzione della gravità dello shock pandemico. Finora c'è stata una stretta relazione tra lo shock sanitario pubblico, la gravità degli arresti e lo shock sul PIL. L'Italia potrebbe quindi essere un beneficiario netto, pari al 2% del suo PIL. La Germania ha avuto meno casi di Covid-19 e ha registrato una contrazione del PIL più contenuta nel primo trimestre. Il Paese dovrebbe quindi ricevere molto meno e diventare uno dei maggiori contribuenti in qualsiasi chiave di spesa probabile", afferma Samy Chaar, chief economist di Lombard Odier, commentando l'annuncio congiunto da parte di Emmanuel Macron e Angela Merkel di essere favorevoli a sovvenzioni di bilancio per un valore di 500 miliardi di euro, finanziate attraverso il prestito comune.

La questione tedesca

Per la cancelliera sono dichiarazioni che hanno anche una valenza interna decisiva poiché segnano la volontà politica dell'esecutivo tedesco di riaffermare la necessità e la disposizione a misure di stimolo fiscale significative a livello continenteale. 

Si tratta di un importante passo avanti, secondo Florence Pisani, global head of Economic Research di Candriam. "L’accordo con Macron è una risposta forte e inequivocabile di Angela Merkel alla decisione della Corte costituzionale tedesca. La Cancelliera si era già espressa la settimana scorsa al Bundestag a favore di un rafforzamento dell'integrazione europea e aveva sottolineato che ora spetta agli Stati assumersi le proprie responsabilità, aggiungendo che la revisione dei trattati non dovrebbe essere un tabù. Il discorso è stato proattivo. Ma doveva essere accompagnato da azioni concrete. Ormai è fatta: accettando il principio della solidarietà di bilancio, Angela Merkel ha appena affermato forte e chiaro il suo attaccamento alla moneta unica", afferma.

Il piano Marshall europeo

All'annuncio congiunto Merkel-Macron hanno fatto seguito le dichiarazioni di Valdis Dombrovskis, vicepresidente dell'esecutivo comunitario, che ha annunciato che la Commissione lavora per arrivare all'approvazione di un piano ancorà più ambizioso, il cui valore complessivo dovrebbe suprare i 1.000 miliardi di euro sommando prestiti e sovvenzioni. Il nodo rimane l'approvazione da parte del "fronte del Nord", con Danimarca, Austria, Svezia e Olanda tra i Paesi più scettici e recalcitranti all'iniziativa.

“Riteniamo che la proposta franco-tedesca sia un importante passo in avanti nell’architettura istituzionale europea", dichiara Andreas Billmeier, sovereign research analyst di Western Asset, società affiliata delGruppo Legg Mason. "Se adottato con cifre vicine a quelle in esame, il recovery fund avrebbe un peso simile a quello che il piano Marshall ebbe a cavallo tra gli anni ’40 e ’50. Il focus sui settori e le regioni più colpite garantisce la flessibilità per finanziare la ‘vecchia Europa’, invece che i beneficiari abituali del centro ed est Europa sotto il normale indirizzo di coesione e convergenza europeo", prosegue.

"Ci aspettiamo delle riserve da parte di quei paesi membri che si erano opposti ai ‘coronabond’ e, visto l’esplicito impegno a una tassazione equa delle aziende e della digital economy per recuperare parte delle spese, prevediamo anche che i paesi con regimi fiscali molto competitivi si opporranno. Detto ciò, la caratteristica saliente di questa proposta è che la Germania e la Francia, storici motori del progresso dell’integrazione europea, stanno finalmente spingendo di nuovo nella stessa direzione elevando notevolmente la capacità di prestito della Commissione. Non è l’equivalente europeo del compromesso di Hamilton del 1790, perché l’Unione non prenderà su di sé qualsiasi debito, ma qualcosa di simile”, conclude Billmeier.