Come stanno reagendo i gestori al crollo dei mercati?

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Rednuht, Flickr, creative commons

La catarsi che stanno vivendo i mercati in questo inizio d’anno sta provocando cambiamenti importanti sia nella percezione degli investitori che nelle strategie dei gestori. Senza dubbio la crisi cinese, la caduta del prezzo del petrolio e la debolezza dei dati macro negli Stati Uniti sono elementi che provocano dubbi e nervosismo. Stando ai dati di gennaio (gli ultimi provengono dall’ISM) non c’è da stare tranquilli. L’indice di clima imprenditoriale negli USA mostra un’industria in recessione per il quarto mese consecutivo in 10 settori su 18, con particolare sofferenza per quelli legati allo sviluppo energetico (petrolio, biomassa) o al contesto internazionale (settore alimentario). Altri, invece, come quello dell’elettronica e della chimica, presentano prospettive molto rassicuranti secondo quanto riferisce Groupama AM. Le conseguenze: le compagnie difensive sopportano meglio di quelle cicliche. 

Tutto questo spinge molte SGR e gestori a ridefinire le proprie strategie e a riposizionare i propri portafogli. J.P.Morgan AM, ad esempio, si dice ottimista rispetto al mercato azionario nonostante la necessità di riduzione di sovraponderazione tenuta in titoli. Anche i gestori fanno le loro mosse. Molti di quelli che stanno conducendo strategie azionarie direzionali proteggono i propri portafogli ricorrendo all’uso dei derivati. Anche chi può permettersi di muoversi liberamente nei mercati riduce i rischi. È il caso del Carmignac Patrimoine, che ha tagliato drasticamente il peso delle azioni, o di Arnoldo Valsangiacomo e Luca Pesarini dell’ Ethna-Aktiv, che nelle ultime tre settimane hanno ridotto le loro posizioni azionarie dal 40% al 10% vendendo futures del Nasdaq, il S&P 500 e il EuroStoxx 50. I gestori di questa strategia hanno anche aperto una posizione del 20% in treasuries con una durata di 5 anni come copertura e un’altra del 10% sul dollaro come protezione in caso la situazione dovesse complicarsi. 

La mossa fatta dai responsabili di questo fondo illustra chiaramente la tendenza risk off che attualmente caratterizza il mercato e la propensione verso asset rifugio. Questo fa sì che il rendimento a 10 anni del bund tedesco continui a diminuire, aggirandosi già intorno allo 0,3%. I tassi negativi in Europa stanno facendo pressione su molti gestori che si ritrovano sempre di più con meno asset validi in cui poter preservare le loro posizioni di liquidità senza costi. Klaus Kaldemorgen, per esempio, è stato costretto nella seconda metà del 2015 a destinare gran parte delle posizioni detenute in cash nel DWS Concept Kaldemorgen all’investimento di titoli di Stato a breve termine. Come lui stesso spiega, l’obiettivo di tale cambiamento era evitare i tassi di interesse negativi sui depositi a breve termine. Nel frattempo l'oro, uno dei beni per eccellenza in cui gli investitori cercano riparo, attrae sempre di più. Le forti turbolenze dei mercati stanno sostenendo il suo recupero nel 2016.

L'oro è attualmente in rapporto negativo con il greggio dal momento che la caduta dei prezzi energetici aumenta lo stress del sistema riducendo le prospettive di crescita dei produttori, molti dei quali sono paesi emergenti. Nonostante il suo impatto inflazionistico, la riduzione del prezzo del greggio si traduce nell’ aumento di quello dell’oro e, data l’elevata probabilità che il petrolio continui a puntare verso il basso, il metallo giallo è ancora una buona alternativa in un sistema incerto e volatile, spiega Ole Hansen, leader della strategia in materie prime presso la Saxo Bank. Il cambiamento di predisposizione rispetto all’oro è evidente. Lo dimostra il fatto che gli hedge funds stanno scommettendo sul metallo prezioso. Dopo quattro settimane consecutive di acquisti, la scommessa speculativa sul futuro dell’oro è passata da un record di short a un massimo di tre mesi lo scorso martedì.

Che l’interesse per l’oro sia aumentato è fuori discussione. Iain Stewart, leader del team d’investimento Real Return di Newton (BNY Mellon IM), sottolinea il ruolo che il metallo giallo riveste nel portafoglio di BNY Mellon Global Real Return. “Molte delle polemiche che circolano a proposito dell’oro sembrano sintetizzare che se si è a favore di quest’ultimo automaticamente si è contro le azioni, quasi a voler frenare o addirittura ostacolare il progresso. In un portafoglio come il nostro, l'oro è un bene reale che non produce reddito ma che è in grado di agire come una divisa rifugio. Generalmente si ritiene che l'oro non si consumi all’interno dell'attività economica ma si accumuli progressivamente nel tempo senza deteriorarsi, il che gli consente di agire come unità monetaria". È questa l’idea che canalizza nel suo team, principalmente attraverso un ETC di oro fisico. Gli ETP sull'oro fisico hanno appena registrato la quarta settimana consecutiva di entrate. Nel 2016 questi prodotti hanno attirato 150 milioni di dollari, secondo i dati di ETF Securities.