COP26 tra luci e ombre. L’analisi dei gestori internazionali su quanto deciso finora a Glasgow

Pianeta terra
NASA, foto concessa (Unsplash)

Mancano ormai pochi giorni alla fine della COP26 di Glasgow dove i leader mondiali di governi, imprese e società civile si sono incontrati per trovare degli accordi per la lotta al climate change. Alcuni importanti passi in avanti sono stati compiuti: l’impegno per fermare la deforestazione entro il 2030; il piano sponsorizzato da USA e UE - a cui hanno aderito un centinaio di Paesi - per ridurre del 30% le emissioni di metano in dieci anni; il blocco ai finanziamenti all’industria fossile, per cui 25 Paesi interromperanno i progetti da loro finanziati all’estero su combustibili fossili entro la fine del 2022 e infine l’accordo di 40 Paesi a uscire dal carbone, anche se i principali consumatori, ovvero Stati Uniti e Cina, l’hanno disertato. Ma le aspettative attorno al meeting sono elevate e da più parti viene rivolto ai grandi della terra riuniti in Scozia la richiesta di uno sforzo maggiore. Soprattutto alla luce dei dati diffusi negli scorsi giorni dall’Agenzia ONU per l’ambiente (Unep), che hanno messo in evidenza che nel 2021 le emissioni di CO2 dopo il calo per la pandemia hanno avuto un rimbalzo più forte del previsto, tornando ai livelli del 2019.

Ecco le opinioni di alcuni esperti delle case di gestione internazionali su quanto fatto finora e sulle sfide ancora aperte per le ultime giornate di COP26.