Coronavirus: i dubbi degli asset manager internazionali sul taglio dei tassi della Fed

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Kurtis Garbutt, Flickr

I mercati si attendevano un salvataggio dalle Banche centrali ma in pochi si sarebbero potuti immaginare una reazione così immediata. La Federal Reserve (Fed) ha annunciato un taglio del tasso di interesse di 50 punti base. Si è trattato di un taglio d'emergenza, fuori dal calendario ufficiale di riunioni della Banca centrale statunitense, deciso in risposta all'impatto del coronavirus sull’economia. Un intervento d’emergenza come non se ne vedevano dal 2008, preso all'unanimità dai membri del board. Inoltre, è il taglio più cospicuo dai tempi della crisi finanziaria: un chiaro segnale di aiuto da parte dell'Istituto monetario.

"I fondamentali dell'economia americana rimangono forti. Tuttavia, il coronavirus rappresenta un fattore di rischio in evoluzione per le attività economiche", ha reso noto la Fed. "In considerazione di questi rischi e con l’obiettivo di raggiungere gli obiettivi di massima occupazione e stabilità dei prezzi, la Fed ha deciso di abbassare il range dei tassi all'1-1,25%".

Il Comitato continuerà a monitorare gli sviluppi e le prospettive economiche. Inoltre la Fed sottolinea che userà gli strumenti a disposizione e agirà come necessario per sostenere l'economia.

Un segnale di tale forza da suscitare reazioni contrastanti sui mercati. L'ultima volta che la Fed ha mosso un passo così deciso e fuori dal programma è stato nelle settimane successive alla caduta di Lehman Brothers. “Quando i mercati guardavano all'abisso", ricorda usando tinte forti, Andrew Mulliner, manager del team di fixed income di Janus Henderson. Il che apre due quesiti per gli investitori: è meglio agire con coraggio o timidamente in questo contesto? E allo stesso tempo, quanto le cose potranno andare male?

Anna Stupnytska, head of Global Macro di Fidelity International ravvisa una mancanza di concertazione tra l’intervento della Fed e i Governi mondiali nel fronteggiare la crisi: “le banche centrali non dovrebbero agire in modo isolato e i governi dovrebbero intervenire con misure fiscali tempestive e ben progettate”, afferma. È dello stesso avviso James McCann, senior global economist di Aberdeen Standard Investments: “Agendo ora, la Fed rischia di dare ai governi tutte le scuse di cui hanno bisogno per restare con le mani in mano", dichiara.

Simile il parere di Silvia Dall’Angelo, senior economist di Federated Hermes secondo cui una mossa così brusca lascia intendere che il panico abbia raggiunto le stanze dei bottoni della Banca centrale statunitense, per lo più “gettando un'ombra sulla sua amata indipendenza”, afferma.

Dubbi sulla tempistica sono espressi anche da Keith Wade, chief economist and strategist di Schroders. "Di certo la situazione può peggiorare e ci aspettiamo che l’attività risulti stagnante nel primo trimestre, ma credevamo che avremmo dovuto assistere a più conferme su questo fronte prima di vedere la Fed in azione", afferma. "Muovendosi ora", specifica però, "la Fed ha segnalato che offrirà supporto all’economia qualunque cosa accada”.