Cosa fa un risk manager?

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Giorgio Fata

La funzione risk management è indipendente dalle funzioni operative, e il risk manager è nominato direttamente dal Consiglio di Amministrazione. “Come responsabile risk management mi relaziono mensilmente con il Consiglio di Amministrazione al fine di fornire una rappresentazione dell’operatività gestoria in termini di rischio e rendimento”, spiega Michele De Sario, responsabile Risk Management di Eurizon Capital SGR.

La suddetta funzione interviene nei vari processi operativi aziendali: ad esempio, contribuisce alle decisioni legate allo sviluppo di nuovi prodotti fornendo una valutazione in termini di sostenibilità del profilo di rischio-rendimento e di costo. Inoltre, è a supporto della Direzione Investimenti e della Direzione Commerciale per le tematiche di tipo quantitativo, quali ad esempio il monitoraggio della coerenza dei portafogli gestiti rispetto alle view di investimento della SGR e la certificazione delle performance relative alla clientela sia retail sia istituzionale. 

“La nostra struttura è composta da 40 persone di cui 26 in Eurizon Capital SGR. Il team di Milano è strutturato in due aree, una che si occupa di Financial Risk Management, seguendo, tra l’altro, il market risk, il liquidity risk e la performance attribution, e un’altra che si occupa di rischi operativi e rischi di controparte”, spiega De Sario.

Il contributo del risk management diventa sempre più importante anche a supporto delle analisi di vendita e di post vendita dei prodotti gestiti. “Al giorno d’oggi, infatti, non è solo importante la misurazione della performance dei prodotti, ma bisogna anche essere in grado di spiegarla. È inoltre necessario saper illustrare i dati di rischio, anche attraverso analisi di scenario, e più in generale cercare di diffondere maggiormente la cultura del risk management tra la clientela, soprattutto istituzionale”.

Il team di risk management in Kairos gode di un’elevatissima autonomia e indipendenza operativa. È composto da 5 persone, di cui 4 con una seniority superiore a 10 anni; nell’organizzazione delle attività non vi sono suddivisioni rigide, ma per 'attenzione prevalente', ovvero in funzione, ad esempio, della tipologia di prodotto. “Per la nostra mansione è fondamentale il confronto con il gestore per capire la strategia e i nuovi trend, senza però sovrapposizioni di sorta”, spiega Andrea Panzeri, responsabile Risk Management di Kairos. “Del resto, il ruolo del risk management ha visto una netta trasformazione negli ultimi 20 anni. Oggi, oltre che essere una funzione richiesta ed imposta dalla normativa, insieme ai team di gestione, l’attività di risk management rappresenta il cuore di una SGR perché monitora quotidianamente la rischiosità e il rendimento di tutti i portafogli, e verifica che le operazioni quotidiane siano coerenti con i limiti di investimento dei fondi (rispetto dei limiti normativi, regolamentari e delle delibere del Consiglio di Amministrazione)”. 

Francesco De Matteis, head of Risk Management di Azimut Holding, ci spiega che la costante innovazione di prodotto, ha spinto il Gruppo ad integrare nei team figure specializzate su alcuni prodotti, come ad esempio quelli relativi al mondo del private equity e del private debt, ed in generale su strategie meno liquide come i fondi chiusi. “Abbiamo sviluppato quindi competenze diverse e più specialistiche che hanno portato alla creazione di modelli nuovi. In generale il lavoro del risk manager è molto cambiato negli anni ed oggi è necessario avere delle sensibilità vicine al business: ad esempio sui bandi istituzionali il risk manager si interfaccia ormai direttamente con il cliente non solo per meglio affrontare la proposta, ma anche per costruire relazioni dirette non mediate”. La maggior parte del team di risk management risiede in Italia e in Lussemburgo, dove è più strutturato e si occupa di performance analysis e mercati. Globalmente sono attivi oltre 20 risk professional. 

I recenti accadimenti registrati sui mercati finanziari evidenziano una difficoltà di tutti i modelli di stima del rischio nel valutare gli eventi cosiddetti 'di coda'. Per questo è maturata l’idea di potenziare queste analisi con lo scopo di affiancare a quelle di rischio tradizionali, che riflettono i potenziali cambiamenti del portafoglio in condizioni normali di mercato, le analisi di stress test, che simulano le ripercussioni sul portafoglio di eventuali movimenti anomali dei mercati finanziari. 

“La nostra attività non consiste esclusivamente nell’implementare con estremo rigore metodologico gli algoritmi di stima degli indicatori di rischio. È nostra profonda convinzione, infatti, che il calcolo sia solo una parte del nostro compito”, spiega Alessio Ginocchietti, head of Risk Management di Pramerica SGR. “Il compito che deve essere integrato con una fase di gestione più ampia del risultato, per far emergere tutte le eventuali ulteriori fonti di rischio, che possono non essere intercettate dal modello”. 

Il servizio effettua periodicamente analisi di stress test sulla base di tre differenti approcci:

  • Approccio parametrico: shock di un singolo fattore di mercato, ipotizzando che non ci siano ripercussioni sugli altri fattori di rischio;
  • Approccio storico: shock registrati sul mercato a seguito di specifici eventi storici;
  • Approccio basato sulle correlazioni: ripercussioni sul portafoglio derivanti dallo shock di un indice (fornisce la possibilità di valutare le possibili correlazioni implicite con tutti gli altri fattori di rischio).