Cosa pensano i professionisti sulla Nuova Banca di Sviluppo dei BRICS

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foto: autor Government ZA, Flickr, creative commons

I leader delle cinque principali economie emergenti, i cosiddetti BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) hanno messo a punto un nuovo assetto finanziario post-crisi, più in sintonia col mondo multipolare, che ha come cardine la creazione di una banca da 100 miliardi di dollari da contrapporre alle istituzioni internazionali, come Banca mondiale e FMI, controllate dall’Occidente. Nasce così la `Nuova Banca di Sviluppo´, che ha lo scopo di finanziare grandi progetti infrastrutturali e servirà anche come riserva per fronteggiare crisi finanziarie e la fuga degli investimenti stranieri. La sede sarà a Shangai. Il primo Presidente della “New Development Bank” dei BRICS sarà il candidato indiano (Primo Ministro dello stato del Madhya Pradesh).

Commenta Diego Guida, responsabile Emerging Market & FX di Eurizon Capital SGR, “la decisione di varare la nuova Banca di Sviluppo dei BRICS rappresenta nelle intenzioni degli Stati membri una volontà di creare un’alternativa al FMI e alla Banca Mondiale nel finanziamento ai paesi emergenti e nella gestione di eventuali crisi macro economiche. Motivazione principale alla base di tale decisione senza dubbio il fatto che i BRICS abbiano in questo momento un peso decisionale marginale; detengono infatti riserve valutarie per oltre 5mila miliardi di dollari, secondo i dati del FMI a fine giugno, e rappresentano quasi il 25% del PIL mondiale, ma hanno solo il 10.3% dei diritti di voto in seno al FMI  stesso. Inoltre, i vertici di World Bank e FMI sono tradizionalmente attribuiti a personalità americane ed europee, limitando quindi l’influenza degli altri paesi. Pertanto è positiva l’idea di creare un veicolo di finanziamento alternativo per questi paesi, in un momento politico delicato per alcuni di essi, e funzionale per l’investimento infrastrutturale necessario in queste aree. Rimane da verificare come gli Stati fondatori riusciranno a trovare una sintesi di intenti, viste le enormi differenze in termini di peso politico economico e di interessi da perseguire”.

È d’accordo Rossana Brambilla, responsabile azionario Paesi Emergenti e Asia di Sella Gestioni. Che spiega: “La genesi di questo progetto va cercata nel fatto che questi paesi, nonostante il loro peso economico sia cresciuto considerevolmente negli ultimi anni, non siano riusciti ad ottenere un peso altrettanto di rilievo anche nelle organizzazioni (Imf, World Bank, Asian Development Bank) e negoziazioni internazionali, dove i paesi occidentali sono restii a fare troppe concessioni. La risposta a questa ambizione economico/politica arriva nel 2009 con il primo vertice dei BRICS che si conclude con la dichiarazione di intenti di aiuto allo sviluppo. Dopo 5 anni dal primo vertice arriva finalmente il patto di creare una “New Development Bank”. Questa Banca per lo sviluppo ufficialmente è il tentativo di rendere concreta la cooperazione economica tra queste potenze, la creazione di un supporto per le future crisi economiche (anche per gli altri paesi in via di sviluppo) e soprattutto un sostegno agli investimenti infrastrutturali; soprattutto alla luce del rallentamento economico che hanno vissuto tutti i paesi in questione negli ultimi anni si è sentita maggiormente l’esigenza di condividere un’entità pronta ad intervenire in aiuto di queste economie, senza intromissioni dei paesi sviluppati.

La “New Development Bank” non va chiaramente a sostituire le esistenti organizzazioni internazionali, ma semplicemente ad integrare l’operato delle stesse. Tuttavia ritengo che abbia chiaramente un senso più profondo, è un importante passo verso una riconfigurazione della “governance” economica internazionale”. La nuova Banca dei BRICS si fonda su due istituzioni: la prima (New Development Bank), con un capitale iniziale di 50 miliardi di dollari americani, si propone di finanziare infrastrutture e progetti legati allo sviluppo sostenibile; la seconda (Contingent Reserve Arrangement) rappresenta una sorta di “fondo di riserva” per supportare i paesi aderenti nel caso si trovino in crisi.

Luca Vercelli, portfolio manager obbligazionario di Anima SGR spiega che “due sono gli obiettivi di chi ha partecipato a questa iniziativa. In primo luogo, un tentativo di emancipazione, per rendersi finanziariamente meno dipendenti dall’Occidente, in modo da svincolarsi dagli adempimenti e quindi dallo svolgimento dei “compiti a casa” in cambio di un eventuale aiuto in periodi di difficoltà. In particolare, questi paesi hanno siglato un accordo per rendere disponibile le rispettive riserve valutarie, come una vera e propria “società di mutuo soccorso”. In secondo luogo, alla luce dell’esistenza del G20 - a cui, con i loro rappresentanti, partecipano anche i BRICS - la volontà di acquistare un maggior peso a livello internazionale da un punto di vista politico, economico e finanziario.

A nostro avviso, indubbiamente, la costituzione di questa Banca rappresenta un passo avanti importante verso un riequilibrio a livello mondiale, in cui si dia maggior peso ai Paesi emergenti; tuttavia, i Paesi aderenti non possiedono tutti la stessa capacità di intervento e quindi i rapporti di forza all’interno del board della Banca sono diversi (basti pensare che l’economia cinese è circa 28 volte quella del Sud Africa) e sono molto differenti sia per quanto riguarda la forma di governo (ad esempio presentano un diverso livello di democrazia) che per gli obiettivi che perseguono. Inoltre, ancora non è chiaro come in concreto agirà l’istituzione nei momenti di crisi e quindi l’effettiva capacità di “risolvere le difficoltà” da parte di questa banca”.