Cosa può fare l’industria dei fondi per crescere in un contesto ostile

tre
Kara Eads, Unsplash

Manca meno di un mese alla fine di un anno durante il quale la parabola dei mercati è stata ascendente. A caratterizzare il suo inizio è stata la paura degli investitori circa la possibilità che gli effetti della guerra commerciale (che aveva già notevolmente scosso i mercati nell'ultimo trimestre del 2018) si protrarressero per tutto il 2019. E sebbene questi timori si siano poi concretizzati, ci hanno pensato le Banche centrali a dissipare i suoi effetti sul mercato.

In soli 12 mesi, si è passati dal parlare di normalizzazione monetaria a un nuovo ciclo di stimoli, decisione che potrebbe fare del 2019 uno dei migliori anni per gli investitori nell'ultimo decennio, con tutte le asset class in positivo. La rivalutazione del mercato e le iniezioni di liquidità sono riuscite a compensare il calo dei margini che l'industria deve affrontare in un contesto di tassi bassi, rendimenti attesi inferiori a quelli del passato e commissioni in declino. Ma cosa può fare l'industria europea per continuare a crescere in un ambiente che sarà molto più ostile rispetto a prima?

“Non esistono formule vincenti”, scrivono gli esperti di McKinsey & Company in un recente studio intitolato ‘State of European asset management: adapting to a new normal’. “Tuttavia, per raggiungere una crescita sproporzionata bisognerà che i gestori patrimoniali adottino misure proattive e audaci in risposta alle forze che continuano a rimodellare l'ecosistema dell’industria", aggiungono. Nel documento, gli autori ricordano che sebbene nell'ultimo decennio l’Europa abbia messo a segno un record nel numero di asset gestiti e flussi costanti di nuovo denaro nei fondi di investimento, non è successo lo stesso per i ricavi (che addirittura rimarrebbero invariati rispetto al 2018).

Mk1

Per la società di consulenza sarebbero tre le mosse che i gestori patrimoniali europei possono fare per avere successo nel prossimo decennio in un contesto di maggiore concorrenza, bassi rendimenti attesi e aumento della guerra delle commissioni. In primis, ripensare a come continuare a offrire valore ai clienti istituzionali in un contesto di ‘low and longer return’. Da McKinsey propongono, ad esempio, di includere fonti alternative di rendimento e accedere ai mercati privati. "Si tratta di diventare fornitore di servizi", affermano e non solo riferendosi agli investitori istituzionali, ma anche a quelli retail, per cui propongono di ‘istituzionalizzare’ l’offerta di servizi proposta, andando ben oltre la pura vendita di prodotti.

Questo comporta l’inclusione dei megatrend, l'investimento sostenibile e in generale la cultura SRI per diversificare il portafoglio, alleanze con i distributori per fomentare l'attività di consulenza e, naturalmente, tutto ciò che può migliorare la soddisfazione dell'investitore e della sua esperienza utente.

La seconda mossa consiste nell’innovare, rimanendo però selettivi. Ciò significa, sottolineano da McKinsey, ripensare ai modelli di business per riuscire a cogliere la crescita di quelli che definiscono ‘hot spot’ e saper gestire asset che in passato non avevano la rilevanza di oggi (liquidità, immobiliare…). È per questo che dalla società di consulenza prevedono un aumento delle operazioni aziendali, siano esse acquisizioni o alleanze, tra gestori patrimoniali più tradizionali e altri più specializzati in mercati privati ​​come quelli delle infrastrutture o del real estate.

L’ultimo punto, infine, riguarda la necessità di imporsi come ‘player disruptive’. "Consiste nell’andare oltre la gestione patrimoniale, creando una piattaforma o un ecosistema sfruttando l'accesso alla clientela di cui già si dispone (ad esempio, una piattaforma di selezione e distribuzione di fondi, gestore patrimoniale/fornitore di credito, provider di tecnologia o mercato B2B)", raccomandano.

Mk2