Crescita e inflazione: dove pende l’ago della bilancia?

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Procsilas Moscas, Flickr, Creative Commons

In uno scenario caratterizzato da dati sulla crescita globale in constante miglioramento, soprattutto in Europa, a preoccupare di più ora sembra essere il fattore ‘inflazione’. Se dalla seconda metà del 2016 fino a qualche mese fa la reflazione aveva fatto da protagonista, negli ultimi mesi gli indici di sorpresa hanno registrato invece un netto indebolimento. Negli Stati Uniti, l’inflazione è tornata al di sotto del target della Banca centrale e anche in area euro si sono palesati segnali di moderazione. “È come se ci trovassimo in una fase di transizione”, commentano da Anima SGR. “Da una parte è svanito il contributo positivo legato alla crescita del prezzo del petrolio e, dall’altra parte, si resta in attesa di evidenze più forti sul fronte della crescita salariale”.

L’indebolimento dell’inflazione a cui stiamo assistendo non è ascrivibile solo ai salari. A fare la sua parte è anche il prezzo del petrolio che ha raggiunto i 43 dollari al barile, il minimo degli ultimi 10 mesi, complici gli sviluppi sul lato dell’offerta. “Per ora, i riflettori sono puntati sul forte aumento della produzione americana, ai massimi dal 2015, e che secondo il dipartimento dell’energia statunitense nel 2018 toccherà i livelli più alti dal 1970. Di fatto, quindi, si vogliono erodere gli sforzi di contenimento della produzione nati dal cartello Opec-Russia e riportare il mercato del petrolio in una condizione di accumulazione di scorte”, sottolineano gli esperti.

E poi ci sono la Banche centrali che proseguono gradualmente sul sentiero della normalizzazione, con la Fed che ha alzato i tassi - e continuerà a farlo nel 2018 e 2019 nonostante lo scetticismo dei mercati - e la BCE che, pur non toccando i tassi, ha cambiato i suoi toni, facendo intendere che la chiusura dei rubinetti della liquidità è sempre più vicina. Per la fine dell’anno, infatti, dovrebbe esserci qualche comunicazione riguardo all’inizio del tapering. Nell’attuale contesto, quindi, il consiglio di Anima resta quello di preferire gli asset rischiosi, in particolare le azioni rispetto ai bond, prestando sempre una grande attenzione a livello di diversificazione globale.

Mercati obbligazionari, prudenza a livello globale

La view di Anima sui mercati obbligazionari a livello globale non è costruttiva, specialmente per quanto riguarda quelli governativi a più alto merito di credito e le obbligazioni corporate investment grade. “A oggi, il 26% dei titoli obbligazionari governativi globali ha rendimento negativo, mentre solo l’1% ha un rendimento superiore al 3%. Queste statistiche diventano ancora più inclementi se si parla di Europa”. Trovare valore in questo scenario è sempre più difficile.

Positivi sugli azionari

Volatilità inferiore, politica monetaria ancora accomodante della BCE e dati macroeconomici positivi abbinati a utili societari solidi relativi al primo trimestre (crescita del +23% rispetto allo scorso anno, il livello più elevato registrato dal quarto trimestre del 2010) contribuiscono a definire una visione positiva sul mercato azionario europeo nel breve termine. L’esito delle elezioni in Francia, poi, rappresentano per gli esperti di Anima un fattore cruciale per il rafforzamento della crescita economica dell’area, soprattutto grazie all’azione dell’asse franco-tedesca e all’ambizioso programma di riforme economiche previsto da Macron.

Per quanto riguarda la situazione italiana, il settore bancario sembra aver superato il momento peggiore della sua crisi ma non mancano le incertezze, come l’aumento del rischio politico e della volatilità che potrebbe caratterizzare la fase precedente alle prossime elezioni politiche. L’eventualità di una chiamata alle urne anticipata ha fatto soffrire il FTSE Mib ma con il fallimento di un accordo sulla legge elettorale gli investitori si sono tranquillizzati, almeno momentaneamente.

“Per questo motivo”, dicono da Anima, “abbiamo ritenuto opportuno prendere parziale profitto e ridurre l’esposizione complessiva anche in considerazione della positiva performance da inizio anno che riduce nel breve i margini di apprezzamento. Alcuni elementi ci portano tuttavia a mantenere un atteggiamento costruttivo che giustifica una allocazione sostanzialmente allineata al benchmark di riferimento”. Gli esperti si riferiscono, tra le altre cose, al graduale percorso di recupero del PIL e al successo della normativa PIR che sta portando “interesse e flussi sul segmento delle PMI quotate”.

Negli USA, invece, le buone notizie arrivano dagli utili societari. “In particolare, gli utili delle società dello S&P500 sono aumentati del 13% su base tendenziale, rappresentando la crescita più elevata dal 2011”, ricordano da Anima. Per quanto riguarda i Paesi emergenti, invece, gli occhi sono puntati sul comportamento del dollaro. Se la sua recente debole performance dovesse persistere nei prossimi mesi, si creerebbe un contesto di supporto per queste economie. “Le valutazioni di quest’area”, continuano, “rimangono a sconto rispetto a quelli dei Paesi sviluppati e riteniamo ragionevole che sia destinato a ridursi”.

Positivo anche il giudizio sulle borse asiatiche grazie agli ottimi fondamentali delle società dell’area. Le revisioni sulle aspettative degli utili continuano ad avere un trend positivo, con i settori ciclici (in particolare il settore finanziario e quello dell’energia) favoriti su quelli difensivi. “La Cina traina questa revisione al rialzo: solide aspettative sulla crescita economica, indici PMI migliori del previsto, margini e generazione di cassa in miglioramento hanno portato le attese degli utili per il 2017 in rialzo dell’1,3% nel primo trimestre dell’anno”.