Da Conte a Trump: i mercati ora guardano a ovest

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Nelle ultime settimane il quadro politico italiano (in continua evoluzione) ha certamente attirato l’attenzione dei mercati finanziari e degli investitori. Dopo la relativa stabilizzazione a seguito dell’insediamento del governo Conte, lo spread è apparso in forte contrazione benché resti ancora lontano dai minimi raggiunti nel periodo pre-crisi. C’è ancora molto da vedere e da valutare, comprese le prossime decisioni delle principali Banche centrali che, a detta deli team investimenti di UBI Pramerica SGR, “dovrebbero rappresentare un elemento di maggiore chiarezza e positività all’interno di uno scenario complicato dalle vicende politiche: sulla Fed le nostre aspettative sono per un prossimo rialzo di 25 punti base. Per quanto riguarda la Bce, le attese sono per l’annuncio della fine del Qe nel mese di settembre”.

“Alla luce delle recenti vicende italiane, le condizioni per continuare il programma di acquisto si riducono proprio per non dare adito a critiche circa la volontà di favorire un singolo Paese” continuano gli esperti. “La chiusura del Qe, comunque, appare una decisione congrua ai fondamentali economici dell’area e alle variabili presenti all’interno dello scenario. Inoltre, Draghi ha più volte ribadito l’impegno a rinnovare la liquidità presente nel sistema attraverso il reinvestimento dei titoli in scadenza”.

Donald Trump, i dazi e la view strategica

In attesa quindi degli annunci sul cambio di rotta della politica monetaria europea, nelle prossime settimane, dicono da UBI Pramerica, altri fattori politici importanti potrebbero avere un impatto significativo: tra questi le tensioni fra gli USA e vari partner commerciali come la Cina e l’Unione Europea. Sullo sfondo restano anche le incertezze riguardanti i rapporti diplomatici fra gli USA e la Corea del Nord che dovrebbero sfociare in una maggiore stabilizzazione di tutta l’area asiatica. “All’interno di questo scenario di crescita, gli utili aziendali dovrebbero confermare le aspettative di inizio anno e registrare un aumento del 10% per l’Europa e del 18% per gli USA. I mercati  azionari, nonostante i fattori di rischio, dovrebbero evidenziare un andamento positivo e registrare una performance da inizio anno nell’ordine del 7-9%. In termini relativi, il mercato europeo è da preferire a quello italiano che, nelle prossime settimane, potrebbe risentire del quadro di incertezza derivante dalle politiche messe in campo dal nuovo governo. Resta positiva la view sul mercato statunitense. La strategia d’investimento prevede gli acquisti sulle debolezze e l’inizio delle prese di profitto, con la riduzione dell’esposizione azionaria, al raggiungimento di obiettivi di mercato nell’ordine del 6-8% rispetto ai valori di inizio anno”.

Sul comprato obbligazionario, invece, la view del team investimenti di UBI Pramerica resta alquanto negativa, soprattutto nella componente core. “Nell’ultimo periodo gli acquisti degli investitori hanno favorito nuovamente le emissioni ritenute più sicure, come i Bund, a danno di quelle italiane. Nelle prossime settimane si dovrebbe assistere a una ricomposizione di questa dinamica e a un nuovo rialzo dei tassi core, con il decennale tedesco che dovrebbe arrivare all’1% nel corso dell’anno. Relativamente alle emissioni italiane, è possibile una riduzione dello spread sotto il livello di 200 punti base, anche se gli effetti della crisi dovrebbero tradursi, comunque, in premi al rischio più elevati rispetto ai livelli di inizio anno”, affermano gli esperti.

“Per quanto concerne la parte corporate viene mantenuto il sovrappeso sulla parte high yield e continua la riduzione dell’investito sulla parte investment grade”, continuano da UBI. “La view sui mercati emergenti resta moderatamente positiva e si traduce in un sovrappeso sulla componente governativa, considerando il rendimento offerto dopo l’allargamento degli spread e il contributo positivo derivante dall’esposizione alle divise locali. Relativamente alle strategie valutarie, si è passati da una posizione di sovrappeso nei confronti del dollaro a una di sovrappeso verso l’euro. L’idea centrale per la seconda parte dell’anno resta quella di un range di 1,20-1,25 con maggiore difficoltà a raggiungere la parte alta dell’intervallo, anche per l’incertezza derivante dallo scenario politico italiano”.