De Michelis (Frame AM): "Si dovrebbe dare maggiore spazio alla gestione attiva"

De Michelis
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"Se un operatore sui mercati si fosse ritrovato su un'isola deserta per un mese senza nessun tipo di collegamento con il mondo esterno, se non fosse per la performance al rialzo dell'oro, osservando i numeri dei mercati azionari sarebbe autorizzato a pensare che la vicenda dei missili coreani sia stata solo uno scherzo". Michele De Michelis, responsabile degli investimenti di Frame AM, esprime così il suo stupore per la resilienza dei mercati azionari internazionali di fronte a tensioni geopolitiche certamente rilevanti. "Eppure le valutazioni medie dell'equity mondiale sembrano essere tutt'altro che a buon mercato, e questa storia poteva essere tranquillamente presa come spunto per una bella e salutare presa di beneficio globale. E allora perché non è andata così? La mia sensazione  è che non ci siano vere e proprie alternative e sembra quasi che i gestori patrimoniali  abbiano più paura di perdere l'ultima parte del rialzo che di perdere soldi".

Per l'esperto, "dopo aver spremuto fino i fondo i mercati dei corporate bond e degli high yield (pensate che quest'estate le BB europee sono arrivare a rendere meno del decennale americano) adesso se vogliono continuare a pagare un rendimento ai propri clienti, i gestori devono necessariamente aumentare il peso medio dell'equity nei propri portafogli ed ogni piccola correzione è buona per farlo. Ovviamente all'interno dei listini ci sono più settori, così come ci sono più aziende all'interno dello stesso settore, ed è qui che si giocherà sicuramente la parte più difficile, come quando si avanza nel tabellone dei tornei più prestigiosi".

Se a contare di più sono le singole storie  
Secondo De Michelis "non tutto sembra essere particolarmente caro". Se osserviamo parametri come il 'forward price earning a 12 mesi' dei vari settori a livello mondiale, possiamo notare che -nonostante la media sia 15,6- il settore dei consumer staples si trova a 20,4 e quello dei financial a 12,9. Inoltre, "in questo momento credo che contino più le storie singole delle varie società. Infatti, laddove ci siano delle 'special situation' è ancora possibile mettere a segno dei guadagni mentre se si compra semplicemente l'indice si rischia di non avere grandi soddisfazioni. Direi quindi che si debba dare maggior spazio alla cosiddetta gestione attiva, a discapito di quella passiva, anche se quest'ultima sembra essere diventata una sorta di panacea di tutti i mali".

Parlando di asset allocation, l'esperto ci sono sostanzialmente due scenari futuri. Il primo prevede una normalizzazione delle politiche monetarie sullo sfondo di una crescita sostanziale, un QE che rallenta con i tassi di interesse che aumentano gradualmente e quindi "spazio alle azioni che possono beneficiare di un siffatto scenario come i titoli finanziari e i ciclici, evitando le azioni 'simil bond' come i beni di largo consumo, oltre ovviamente alle obbligazioni convenzionali". Il secondo invece potrebbe scontare un fallimento totale delle politiche monetarie fin qui adottate, con le Banche centrali e i governi che si ritrovano nelle condizioni di dover mettere in atto operazioni non convenzionali come la monetizzazione del debito e politiche fiscali estremamente aggressive. In quest’ultimo caso,  "TIPS , oro e opzioni call sulla volatilità potrebbero essere le uniche asset class ad avere rendimenti decenti", conclude.