Sulla base delle iniziative in corso della banca francese, Michael-Charles Drogné, digital officer di BNP Paribas S.S., spiega come le banche possono gestire al meglio il loro passaggio nell’era digitale.
Per accedere a questo contenuto
Nuovi player, normative più stringenti, nuove tecnologie e clienti con nuove richieste e bisogni sono solo alcune delle sfide che si troveranno ad affrontare le banche di domani. Michael-Charles Drogné, digital officer di BNP Paribas Securities Services (Milano), ci parla delle sfide della banca di domani. Sulla base delle iniziative in corso della banca francese, Drogné spiega a Funds People come le banche possono gestire al meglio il loro passaggio nell’era digitale.
Ma quali sono le sfide della banca di domani? Secondo il manager, la sfida più grande è quella di cercare di proiettarsi nel futuro, essere in grado di reinventarsi, di accettare che il mondo stia cambiando molto velocemente e che richiede dei cambiamenti importanti a livello di servizi e prodotti. “Non dimentichiamoci che in certi casi le banche propongono una customer experience costruita su dei sistemi sviluppati negli anni ‘90 se non ancora più vecchi. Bisogna essere consapevoli che molto probabilmente la currency di domani potrebbe non essere il denaro ma il data. Solo chi sarà in grado di estrarne del valore sarà in grado di competere con le Bigtech (GAFAM) e i nuovi player al fine di fornire valore aggiunto ai clienti finali. La banca di domani dovrà proporre una costumer experience molto intuitiva e profonda così da dare accesso al data ai propri clienti in modo che essi stessi possano usufruirne al meglio. La banca di domani potrebbe diventare un Cloud service provider. Questo periodo attuale di profondo cambiamento deve essere visto come un’opportunità per posizionarsi al meglio nel futuro. In quest’ottica, il motto di BNP Paribas può proprio definirsi azzeccato: ‘La Banca per un mondo che cambia”, dichiara Drogné.
L’esperto da un’overview della relazione fra banche e Fintech: “La crisi finanziaria del 2008, la nascita degli smartphone, lo sviluppo dei social network, il bitcoin sono alcuni dei motivi per i quali abbiamo assistito negli ultimi dieci anni all’arrivo di nuovi player nel settore bancario e finanziario. Questi nuovi player sono capaci di acclimatarsi velocemente all’ambiente, possono muoversi e crescere facilmente. Sono le start-up, Fintech, Regtech, Insurtech, ecc. La loro presenza non è da sottovalutare e merita un occhio di riguardo vista la posizione sempre più determinante nel futuro del settore finanziario. Il loro rapporto con le banche ed altre istituzioni finanziare è cresciuto dal 2008 partendo da piccole realtà e proponendosi in seguito come potenziali partner strategici per le grandi banche e notiamo l’ingresso nel settore di una nuova tipologia di player: una forma ibrida tra banca e Fintech che permette una collaborazione tra le due entità, funzionale da un lato alla digitalizzazione delle banche e dall’altro alla crescita in dimensione e reputazione delle Fintech. Questa evoluzione viene chiamata da esperti la Fintech 3.0 o Fintegartion. La principale causa della lentezza dei processi informatici di una banca è riconoscibile nel peso dei suoi legacy system, il cosiddetto ‘debito informatico”.
A detta del manager, lo sviluppo delle tecnologie informatiche ha permesso alle banche dagli anni ’70 di sfruttare al massimo l’economia di scala diventando assieme ai Bigtech, i più grandi owner di data globali. “Le banche hanno subito un percorso d’integrazione e globalizzazione che le ha portate a generare un debito informatico creando dei labirinti di connessione di sistemi che producono data di origini, tipi e qualità diverse. Una Fintech ha, per sua natura, la capacità di competere con una banca semplicemente avendo uno spazio sul Cloud, l’intelligenza artificiale e il machine learning e potenzialmente migliorare i principi dell’economia di scala attuale. Detto ciò, il concetto di disintermediazione totale tipico delle Fintech è svanito, anche se mirato in certe aree di servizi specifici, notiamo che le Fintech riescono a inserirsi nella relazione fra banca e cliente passando da un modello B2C ad un modello B2B2C, grazie ad una regolamentazione agevolata come la PSD2”, spiega Drogné.
Parlando di PSD2, l’esperto aggiunge come il perimetro d’applicazione delle Fintech si articoli su scala globale e paradossalmente presenti una sfida non tanto legata alla tecnologia in sé, quanto alle tematiche di adeguamento alle diverse regolamentazioni europee. Queste ultime, infatti, “possono essere ostacoli rilevanti nell’ottica dello sviluppo di queste società che nascono come piccole strutture. È importante quindi arrivare ad un quadro regolamentare unico in grado di competere con le realtà americane e cinesi, attualmente più evolute rispetto a quelle europee. Nel marzo 2018, la Commissione Europea ha adottato un piano di azione di otto ‘riquadri’ con l’obiettivo, entro fine 2019, di rendere il landscape europeo più snello, più competitivo ed innovativo allo scopo di creare un hub mondiale per le Fintech. L’obiettivo è quello di dare a questi nuovi player i benefici di un mercato unico digitale (Digital Single Market). Otto ‘riquadri’ annunciati vanno dall’individuazione di nuove regole sulle criptovalute all’elaborazione di linee guida per il cloud passando per un Osservatorio sulla blockchain. Una delle prime iniziative all’interno dei suddetti ‘riquadri’ riguarda il crowfunding con l’introduzione di nuove regole in grado di aiutare lo sviluppo del servizio di Peer-to-Peer Lending all’interno della comunità europea. Perché partire dal crowfunding? Perché si tratta di uno dei più sviluppati e utilizzati servizi in essere e perciò ha necessariamente bisogno di regole chiare. Inoltre, l’utilizzo di regulatory sandbox (tipo il modello inglese della FCA) è un passo avanti verso una collaborazione efficace fra i Regulator e le Fintech”.
Un nuovo mondo
Come afferma il digital officer, BNP Paribas Securities Services è una delle banche che si sta evolvendo più velocemente cavalcando la trasformazione digitale investendo ingenti somme di denaro. “Abbiamo definito tre obiettivi principali: industrializzare i nostri processi, migliorare la customer ed employee experience e creare i servizi di domani appoggiandosi alle nuove tecnologie. All’interno dell’area Digital Transformation (ID Lab), la banca ha creato un framework dedicato alle relazioni con le Fintech, Regtech ed altre start-up. Oltre alla collaborazione con Fortia (Regtech francese) abbiamo vari cantieri aperti con delle Fintech dell’area compliance (KYC), Regtech (MiFID II reporting, fraud detection, ecc.). Bisogna riconoscere che le banche hanno la capacità a lavorare su questi temi anche in autonomia”.
BNP Paribas, tramite l’ID Lab, sta lavorando su:
- SmartData: BNP Paribas Securities Services ha sviluppato insieme a CIB un data factory che permette di elaborare il data, strutturarlo e categorizzarlo. Questa categorizzazione servirà come base per l’elaborazione dei vari use-cases. I data inseriti all’interno del factory hanno origini diverse e questo importante aspetto le permette di offrire un nuovo concetto di servizio il DaaS (Data as a Service). In poche parole, un servizio non bancario che fino ad oggi era proposto da realtà puramente IT. “Non esiste ad oggi un quadro legislativo chiaro che definisca le regole all’interno delle quali possano essere generati e ‘venduti’. Si aspetta quindi che le autorità si impegneranno a fare chiarezza prossimamente. Ad oggi esiste solo un accordo bilaterale direttamente concordato col cliente. Si nota una differenza nei discorsi intrapresi con buy-side e sell-side. Le banche sono più interessate a conoscere il know-how così da implementarlo nella loro realtà. Invece il buy-side mira piuttosto a fare outsourcing di tutti questi processi. Per questi motivi e per questioni legate alla sicurezza, BNP Paribas Securities Services ha riscontrato un maggiore interesse dei propri clienti ad appoggiarsi ad una banca piuttosto che ad un IT provider”.
- Intelligenza artificiale: l’integrazione fra high computing performance, volumi di data e la connettività sempre più rapida pone le basi per uno sviluppo e un’industrializzazione dell’uso della robotica, machine learning, deep learning, ecc. “Per esempio, con l’arrivo dell’Internet of Thing (IOT) è previsto che nel 2025 più di 75 milliardi di devices saranno collegati. BNP Paribas Securities Services ha stabilito un piano su più anni che si appoggia su quattro temi: soddisfazione del cliente, abbattimento del rischio operativo, miglioramento dell’ambiente lavorativo e processi più efficaci. Il piano prevede:
- L’inserimento di RPA (Robotic Process Automation). BNP Paribas Securities Services ha identificato più di 200 processi che possono essere eseguiti automaticamente da un software. L’obiettivo è quello di averli in produzione entro il 2020. Ad oggi, 31 RPA sono live e 48 ongoing e coprono per esempio delle task di riconciliazione oltre all’aggiornamento dei nostri static data.
- L’uso di tool di comunicazione digitale (NLP, NLG, NLU: Natural Language Processing, Generation e Understanding) con l’obiettivo di tradurre annunci di eventi societari, prospetti informativi e formulare analisi fattuali e di performance di portafogli.
- L’uso di tool d’intelligenza artificiale con lo scopo di sviluppare i virtual assistant, web assistant, ecc.”.
- Blockchain e Distributed Ledger: Non è una nuova tecnologia, la rivoluzione sta nell’aver messo insieme delle tecnologie già esistenti. I fanatici del bitcoin (chiamati bitcoin maximalist) vedono la blockchain come la soluzione alternativa al mondo finanziario. Dichiarano che questa tecnologia ha il potere di disintermediarci tutti. “Bisogna tuttavia relativizzare. È vero che la blockchain è una tecnologia promettente e molto probabilmente avrà un impatto importante sui mercati, soprattutto nelle economie più deboli dove c’è bisogno concreto di più trasparenza, più sicurezza e velocità, ma nei mercati più stabili vedremo la blockchain come un miglioramento dello scambio d’informazioni fra i vari player. È quindi di fondamentale importanza avere un network effect, ovvero che la comunità intera aderisca alla medesima piattaforma. Un altro aspetto molto importante è l’interoperabilità fra le varie piattaforme e il bisogno di standard senza i quali non si può pensare ad un’adozione globale. BNP Paribas ha delle partecipazioni su varie iniziative come Digital Asset Holding, scelto dall’Australian Stock Exchange per migrare la loro piattaforma di Settlement e Custody (CHESS) su un distributed ledger; Liquidshare, consorzio che lavora sulle PMI non quotate; e infine anche nel consorzio Rche lavora su Corda, un DLT dedicato al settore finance (post trading, trade finance, notarization, securitization, ecc.)”.
“Stiamo entrando nella quarta rivoluzione industriale e si può ben dire che il settore è all’inizio del suo digital journey. Ci aspettano sfide ancora impegnative ma molto appassionanti”, conclude Drogné.