Ophelie Mortier, Chief Sustainable Investment officer di DPAM, intervenuta alla ottava edizione del Salone SRI 2023 e raggiunta da FundsPeople, sottolinea l'importanza di alcuni fattori come l'utilizzo di una metodologia scientifica per questioni ESG.
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Investimenti sostenibili ma con un distinguo geografico. "L’Europa è da sempre all’avanguardia per quanto concerne la sostenibilità e si sta dimostrando, ancora una volta, un passo avanti rispetto agli Stati Uniti dove, ad oggi, soffia un vento non favorevole all’ESG e dove i risultati elettorali saranno probabilmente cruciali", dice Ophelie Mortier, Chief Sustainable Investment officer di DPAM intervenuta alla ottava edizione del Salone SRI 2023.
Nonostante l’attuale scetticismo americano, secondo l'esperta, il mercato globale racconta che gli investimenti sostenibili sono ancora fortemente apprezzati. "Certo, è essenziale distinguere tra il potenziale greenwashing e gli attori realmente impegnati. La domanda di pratiche e normative ESG solide e disciplinate rimane forte, soprattutto in Europa, dove gli investitori cercano approcci affidabili e conservativi senza eccessive promesse", ammette.
Inoltre, a detta dell'esperta, l’attuale panorama geopolitico complica ulteriormente il quadro per i fattori ESG, "con i recenti eventi che hanno interessato le catene di fornitura e le restrizioni commerciali che hanno avuto un profondo impatto sulle azioni societarie in un mondo multipolare", prosegue. Mortier ricorda che: "Anche la dimensione dei diritti umani e una corretta due diligence della propria catena di fornitura sta diventando sempre più importante, in particolare in Asia dove molti Paesi cercano di promuovere un’agenda ESG attuabile: le aziende devono quindi assumersi la responsabilità dell’intera catena di fornitura, compresi i servizi esternalizzati, per garantire di non ignorare le questioni relative ai diritti umani". E qui si sta già assistendo ad alcuni disinvestimenti da aziende coinvolte in questioni sociali, come evidenziato dall’Uyghur Forced Labour Prevention Act e dal CS3D.
Intelligenza artificiale, i principali impatti
Come noto, l’intelligenza artificiale generativa è sicuramente il più grande fattore disruptive del 2023, che pone sfide etiche cruciali. "Mentre il suo impatto nel lungo periodo porterà senza dubbio a incrementi esponenziali della produttività in una moltitudine di settori, il quadro a breve termine appare meno definito. Un'istruzione e una formazione adeguate saranno fondamentali per evitare di esacerbare le fratture sociali globali", commenta l'esperta.
Per Mortier, l’impatto ambientale dell’intelligenza artificiale è un’altra preoccupazione urgente: "Sappiamo che il consumo di energia e acqua richiesto per la produzione di hardware AI, la creazione di modelli, la formazione, l’aggiornamento e l’uso effettivo è sostanziale nonostante gli attori principali siano riluttanti a rilasciare dati specifici".
Non solo rischi, certo, ma anche opportunità. "La "legge sull'intelligenza artificiale" dell'UE testimonia la necessità di un quadro normativo che ne bilanci i rischi e le opportunità, compreso l'impatto ambientale. Mentre Stati Uniti, Regno Unito, Cina, Canada e India sono impegnati ad aggiornare i loro quadri normativi, lo sviluppo dell'IA generativa è così rapido che anche le autorità di regolamentazione più proattive sono in ritardo", spiega.
Tre obiettivi
L'esperta ricorda come DPAM non abbia un approccio tematico per quanto riguarda la responsabilità degli investimenti. "Preferiamo sottolineare invece tre obiettivi che guidano le nostre scelte in qualità di investitore responsabile. Il primo è sicuramente la difesa dei diritti fondamentali. Da quelli dei lavoratori alla lotta contro la corruzione e la protezione ambientale. Abbiamo poi una chiara politica sulle attività controverse ed evitiamo quelle che potrebbero incidere sulla crescita a lungo termine degli investimenti". prosegue. Infine DPAM è un gestore attivo e instaura un dialogo costruttivo con aziende e governi per promuovere le migliori pratiche. "Un approccio attivo a forte convinzione caratterizza il nostro DNA sostenibile. I cambiamenti ambientali, rapidi ed estremi, stanno scuotendo le società civili. Crediamo che le imprese e i governi che non ne comprendono l’importanza faticheranno a tenere il passo di chi invece ne coglie tutta la portata", dice la professionista.
Metriche
In DPAM, in qualità di gestore attivo e di attore responsabile nonché firmatario dell'iniziativa Net Zero Asset Managers, la valutazione del grado di preparazione delle realtà investite a uno scenario Net Zero è diventata un fattore chiave in tutti gli investimenti. "Da sempre, operiamo con convinzione e un forte orientamento bottom-up sostenuto dalla ricerca interna che integriamo con le informazioni provenienti da autorevoli fonti esterne", ammette. E prosegue spiegando che: "Questa diversificazione di fonti ci permette di combinare analisi backward looking ad analisi forward looking per cogliere meglio le prospettive future dei potenziali investimenti e della riduzione della loro impronta di carbonio".
Nell’ambito delle prospettive Net Zero, DPAM ha deciso di applicare l’approccio Science Based Target (SBTi) come riferimento metodologico per l’individuazione dei target. "Utilizzare una metodologia scientifica ci permette infatti di avere dati chiari e comparabili e di capire come, le aziende e governi in cui investiamo, si stanno comportando in uno scenario a ridotte emissioni e qual è il loro impegno concreto", ammette. Infine, nel dettaglio, questa metodologia si integra a un più ampio approccio alla questione climatica che comprende valutazioni specifiche dei rischi climatici, ma anche di quelli legati alla transizione, engagement con le aziende (collaborativo e individuale) e monitoraggio dei risultati ottenuti.