Draghi prende tempo. Colpa dell'euro?

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foto: autor ECB European Central Bank, Flickr, creative commons

Il mercato dovrà aspettare, almeno fino a ottobre. Il messaggio che passa dall’attesa conferenza stampa di Mario Draghi delude i molti che immaginavano qualche segnale di un cambio di marcia. O quantomeno un anticipo sulla direzione che da qui ai prossimi mesi la Bce potrebbe – o dovrebbe – prendere nel processo di riduzione del QE. I tassi restano invariati. La politica ultra accomodante continua. Anzi. Qualora ce ne fosse bisogno, Francoforte ribadisce che i 60 miliardi di euro di acquisti mensili, previsti fino a fine anno, andrebbero anche oltre. “Se l‘outlook diventa meno favorevole, o se le condizioni finanziarie diventano non compatibili con ulteriori progressi verso un aggiustamento sostenuto del percorso dell‘inflazione, il Consiglio direttivo è pronto a incrementare il programma in termini di importo e/o durata”, si legge nella nota che accompagna la decisione sui tassi.  Insomma la forward guidance della Banca centrale resta immutata ma è chiaro, come dice Marco Palacino, managing director per l’Italia di BNY Mellon IM, “che la BCE sta valutando vari scenari e i pro e i contro di una fine graduale del piano di acquisti”.

Inflazione sottotono

I temi affrontati durante la conferenza sono parecchi. Da un lato se la crescita dell’Eurozona è “robusta” e “diffusa”, dall’altro l’inflazione resta sottotono, con stime al ribasso per i prossimi due anni. Nonostante il consolidamento della crescita infatti, come spiega Brendan Lardner, active fixed income portfolio manager di State Street Global Advisorsl’inflazione continua a deludere e non è aiutata dal recente rafforzamento dell’euro che costituirà un ulteriore freno. Un tapering del programma di acquisto dovrà necessariamente avvenire l’anno prossimo per via di alcuni vincoli tecnici; ad ogni modo, dal meeting è emerso chiaramente che la maggioranza dei membri del Consiglio Direttivo ha bisogno di più tempo per valutare i nuovi dati, così da permettere agli organi più rilevanti all’interno della BCE di formulare dei piani volti a una graduale riduzione del programma. Sembra quindi che quando la decisione di procedere al tapering verrà presa, le misure di politica accomodante verranno rimosse in modo cauto e ciò sarà fortemente dipendente dai dati".

Un euro che preoccupa

La forza dell’euro, che registra un picco di 1,2 dollari, non è certo cosa di poco. “È evidente che potrebbe rappresentare una spina nel fianco per l’Eurozona e per gli eventuali piani di tapering della BCE”, specifica Palacino. A proposito di cambio, per Marco Vailati, responsabile investimenti di Cassa Lombarda, “Draghi ha affermato che già a luglio alcuni membri del Comitato erano preoccupati del suo apprezzamento e oggi lo sono diventati la maggioranza. Questo è sembrato l'inizio di un intervento volto a frenarne l'apprezzamento con un monito al mercato. Nello sviluppo ulteriore dell'argomento, invece, Draghi ha accennato che l'apprezzamento della valuta è anche riflesso della crescita dell'Eurozona, senza suggerire che sia eccessivo, come aveva fatto in passato, e avallandone implicitamente il movimento. La crescita della previsione del Pil e il calo di quelle dell'inflazione, infatti, sono conseguenza prevalentemente del rialzo dell'euro”. Nel complesso, però, secondo l’esperto “l’euro non dovrebbe essere in grado di interrompere il trend di forza alimentato anche dall'attesa del futuro tapering”.

Altro tassello da aggiungere al puzzle di un approccio accomodante lo individua Maria Paola Toschi, market strategist di J.P. Morgan AM: “Sul tapering c'è stata solo qualche discussione, ma nessuna indicazione è stata data relativamente ai tempi e alle modalità del processo, che sarà comunque lento e graduale. È probabile che su questo rinvio abbiano influito implicitamente le prossime elezioni tedesche e il recente rafforzamento dell'euro e che la BCE voglia prendere decisioni solo quando il quadro rispetto a questi due temi sia più chiaro”. Tutti prossimi tormentoni d’autunno.