È inutile cercare di prevedere il comportamento delle borse

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Jupiter non ha una visione di mercato. La strategia della SGR è orientata a cercare di selezionare i migliori gestori di ogni categoria, conferendogli la libertà di decidere in base alle loro convinzioni. Alexander Darwall è uno di loro.  Gestore del Jupiter European Growth, Darwall è un grande esperto nella selezione delle compagnie in Europa e, da un punto di vista macroeconomico, si definisce agnostico. Cerca aziende con quote di mercato che possano trarre vantaggio a lungo termine dalle  megatendenze del futuro, come l’invecchiamento della popolazione, la salute o l’innovazione tecnologica. “Credo che non abbia molto senso cercare di prevedere come si comporteranno le borse. Le minacce per il mercato azionario sono costanti e, allo stesso tempo, esistono sempre buone opportunità d'investimento in imprese concrete. Le innovazioni tecnologiche, i cambiamenti nelle abitudini dei consumatori, la liberalizzazione e lo spirito imprenditoriale sono alcuni degli ingredienti essenziali per creare un ambiente favorevole all’investimento”, assicura in un’intervista a Funds People. 

Da questo punto di vista, Darwall si dice sicuro dell’esistenza di buone possibilità a breve termine. “Il processo di cui ci serviamo per comprendere le minacce e le opportunità continua a funzionare”. A suo giudizio, le aziende che hanno più probabilità di avere successo sono quelle le cui prospettive dipendono, nei limiti del possibile, dai propri sforzi e non da fattori che sfuggono al loro controllo. “Cerchiamo imprese eccellenti capaci di incrementare i loro benefici e margini per periodi duraturi, che abbiano un buon background per quanto riguarda il rendimento, un prodotto e un modello aziendale solidi e che possano crescere al di sopra della media”, spiega. I settori in cui molte delle sue idee trovano riscontro sono la tecnologia, l’assistenza sanitaria, l’industria e i mezzi di comunicazione. “Quando è possibile, cerchiamo di investire nei vincitori, cioè nei titoli portanti all’interno dei loro mercati e che hanno vantaggi concreti o perché offrono un prodotto differenziato oppure perché vantano di una posizione competitiva solida che dovrebbe consentirgli di approfittare delle tendenze a lungo termine. Quello delle innovazioni tecnologiche digitali è un altro discorso a cui faccio molta attenzione perché trasformano le attività in cui vengono applicate con intelligenza”. Rispetto ai settori, raramente investe in servizi pubblici o materie prime, così come in distribuzione o servizi finanziari, nonostante gli interessino i “business finanziari alternativi”, come Provident Financial (che si occupa di micro prestiti) e Leonteq (un distributore di prodotti finanziari white label). 

Rispetto ai criteri che adotta per scegliere le aziende, si definisce, innanzitutto, un analista specializzato nella selezione di titoli che cerca una tipologia di azienda molto specifica. “Ci affacciamo al mercato per investire, non per speculare. Per questo, evitiamo i comportamenti passivi e siamo fedeli al nostro approccio: ci soffermiamo a capire le aziende perché le loro caratteristiche sono la cosa fondamentale. Ho esperienza nell’analisi di aspetti tangibili, come le variabili economiche, la storia, i settori e i finanziamenti, ma anche di quelli intangibili come la cultura imprenditoriale e i modelli di negoziazione istituzionale. Se c’è qualcosa che non mi è chiaro non investo, indipendentemente dal peso che ha il valore nell’indice. Se ho un pregio, sta proprio nel fatto di capire gli elementi essenziali di un business, meglio di un analista medio”, rivela.  

Il fondo mantiene un posizionamento costante da diverso tempo. Si concentrano su attività di livello internazionale e dai bilanci solidi che abbiano dimostrato la loro resistenza durante il ciclo aziendale. Le posizioni del fondo sono operatori dominanti in nicchie di mercato, come i trattamenti per il diabete e la copertura assicurativa delle colture. “Queste aziende dovrebbero essere capaci di approfittare delle numerose opportunità di crescita future, indipendentemente dallo stato generale dell’economia”. Anche se il suo obiettivo è riunire un portafoglio di aziende uniche e non collegate, le posizioni potrebbero raggrupparsi in tre grandi tendenze strutturali a lungo termine: crescita mondiale (come Novo Nordisk e Fresenius SE), applicazione delle tecnologie digitali (Wirecard, Ingenico e Inmarsat) e cambiamenti normativi, come Provident Financial (prestiti non convenzionali), Leonteq (prodotti strutturati), Deutsche Börse (servizi di negoziazione in borsa) e Grenkeleasing (leasing a piccola scala). 

La ragione più importante per vendere è quando il modello fallisce. “Se dovessero presentarsi circostanze che dimostrino che la tesi di investimento è sbagliata, venderemo la nostra posizione. Generalmente, il portafoglio è investito sempre nella sua totalità; di conseguenza, il fatto di ridurre o vendere una posizione per aver trovato un’opportunità più allettante sarebbe un fattore secondario”. In base a quanto spiega, il fondo si differenzia sostanzialmente dalla maggior parte dei prodotti europei nella misura in cui non è gestito come una scommessa sull’Europa. “Per questo non ci preoccupa troppo il rischio degli indici ma quello di ogni azienda. Riponendo tutta l’enfasi nei fondamentali strutturali di un’attività e nell'importanza del consumo prima che nelle previsioni macroeconomiche, speriamo di poter identificare reali opportunità di crescita e modelli di successo imprenditoriali nei diversi settori. Il nostro obiettivo è identificare i vincitori strutturali per averli in portafoglio a lungo termine, finché il modello non fallisca”. Anche se adesso non vengono utilizzati, ricorrono ai derivati solo per fini di gestione efficiente del portafoglio. Il portafoglio ha una beta ex-ante dello 0,84. Il rendimento annuale generato dalla strategia negli ultimi cinque anni è stato del 12,6% rispetto al 6,8% dell’indice, secondo i dati Morningstar.