Il bello degli investimenti azionari indicizzati

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Goultard, Flickr, Creative Commons

Negli ultimi anni il numero di ETFs provider è aumentato notevolmente, passando a ben 260 a livello globale. L’indicizzazione “in house” sta diventando sempre più popolare, facendo registrare asset investiti in ETFs che si aggirano intorno ai 3.800 miliardi di dollari, dove gli strumenti passivi superano i 6.000 miliardi di dollari di asset globali. Tali risultati sono dati anche dalla forte competizione a livello di prezzi che questi prodotti presentano, i quali offrono soluzioni research-intensive che portano a margini migliori (come ad esempio ESG). Temi quali metodologie quantitative based, ESG, multi-asset, currency hedged e duration hedged hanno accelerato l’adozione degli ETFs fixed income, aumentando anche l’utilizzo degli smart beta, e facendo registrare un market share pari al 18%.

A spiegarlo è UBS ETF, nella European Investment Conference “Indexing 360°” tenutasi a Madrid, lo scorso 10 maggio. Dall’asset manager evidenziano come la selezione dei benchmark abbia un maggior impatto sulle performance relative di un investimento rispetto alla selezione di un ETF.

Investimenti azionari indicizzati

Ma in base a cosa viene selezionato un indice? Quali sono i criteri? Da UBS ETF illustrano le tipologie di investimenti da effettuare nella costruzione di un portafoglio azionario indicizzato efficiente che, secondo la società svizzera, deve essere assemblato in tre parti: in primis investimenti in indici di mercato in senso ampio o indici di società blue-chip (ad esempio indici come S&P 500 o Dow Jones 30); a questi vanno aggiunti investimenti in indici fattoriali o selettivi (MSCI Prime Value o ESG Leaders), per poi completare il portafoglio con investimenti in indici settoriali o tematici (ICB Sectors oppure Drone Economy).

Gli indici azionari fattoriali forniscono un’esposizione a determinate caratteristiche di azioni, quali value, yield, quality, con bassa volatilità e multi-factor, dove negli ultimi 20 anni questa categoria di indici ha fatto registrare migliori risk-adjusted performance. A proposito di fattori, dalla società svizzera mostrano come la combinazione tra questi porti a risultati sopra la media degli sharpe ratio, dove confrontando l’MSCI USA Select Factor Mix con gli altri indici, si ottiene uno sharpe ratio – TR NET in USD vs 1 M Libor, da gennaio 2000 a marzo 2017 – pari a 0,5, il secondo dopo quello dell’MSCI USA Sel. Dynamic 50% Risk Weight (0,58). Considerando invece un orizzonte temporale a 10 anni (da marzo 2007 a marzo 2017), questo è il maggiore con lo 0,56. A livello di risk-return (TR NET, da gennaio 2000 a marzo 2017), l’MSCI USA Select Factor Mix risulta essere il più equilibrato tra gli indici, con 0,085% di return storico annualizzato e 0,135% di volatilità storica annualizzata.

Per quanto concerne l’interesse nelle aziende si nota come negli ultimi 20 anni ci siano stati dei cambi strutturali, con una crescente rilevanza del segmento mid cap dell’Eurozona, passati dai 3,4 miliardi nel 1999 ai 7,7 miliardi di masse totali nel 2017, il +126% (dati basati sulle masse medie delle maggiori 50 aziende mid cap). Al contrario, l’importanza delle blue-chip dell’Eurozona è diminuita nel tempo.

Investimento diversificato in commodity

In ultima analisi, da UBS ETF hanno trattato uno dei segmenti del mercato degli ETFs che ha avuto più rapido sviluppo, ovvero quello delle commodity. Le materie prime possono avere un’importante funzione all’interno di un’allocazione di portafoglio bilanciata, perché sono decorrelate da altre classi di attivo, e gli exchange traded commodities (ETC) le hanno rese disponibili a tutti gli investitori, mentre un tempo erano riservate solo agli istituzionali.

È importante utilizzare una metodologia rolling e di posizionamenti target, con una migliore diversificazione attraverso più avanzate ponderazioni, ovvero tra ponderazioni standard, tra settori, raggiungimento di posizioni target nel 2017, con un maggior posizionamento sul segmento energetico, e ponderando la liquidità sia per settore che per componenti.

Un elemento che influenza le performance degli ETC che replicano un future è il fatto che devono periodicamente sostituire il contratto in scadenza con uno nuovo per mantenere la loro posizione. Questo processo genera il cosiddetto “rendimento roll”, che è determinato dalla differenza tra il valore del contratto in essere e quello dei periodi successivi, e quindi determina una divergenza tra l’andamento dell’ETC e il prezzo del sottostante. L’obiettivo di UBS ETF è, quindi, quello di mitigare l’impatto di rendimenti roll negativi attraverso un approccio a maturity costante, tecniche standard rolling, roll yield impliciti e tecniche avanzate di rolling nella maturity.