Ecco come sarà l’investment bank del futuro

cassetti colorati
Lubomir Simek, Flickr, Creative Commons

Un soggetto sempre più focalizzato su singole nicchie di mercato o di prodotto, differenziate Paese per Paese, per rispondere alle esigenze sempre più specifiche della clientela. Ecco l’identikit dell’investment bank del futuro secondo McKinsey in un report che fotografa lo stato dell’arte del settore. A fare da sfondo all’indagine sono le solite note dolenti: incertezza strutturale, volatilità dei risultati economici e una struttura dei costi ancora troppo elevata. A livello globale il Roe medio per il settore nel 2015 si è attestato attorno al 10%, invariato rispetto al 2014, anche se le maggiori banche americane sono andate molto meglio rispetto a quelle europee.

I dieci istituti maggiori, però, hanno visto calare i propri ricavi per il terzo anno consecutivo, soprattutto per la dinamica negativa del reddito fisso. In questo contesto molte banche hanno reagito ridimensionando l’attività, riducendo la presenza in alcuni settori e uscendo definitivamente da altri. Ma una base costi elevata continua a compromettere le performance economiche. Nello stesso tempo, die la società di consulenza americana, “le nuove tecnologie sono ancora poco sfruttate e molte banche si stanno sforzando per introdurre cambiamenti fondamentali nei modelli operativi e andare incontro ai potenziali benefici della digitalizzazione”.

Ed ecco che i comportamenti della clientela del capital market & investment banking, diversamente dal passato, sono più mirati e selettivi e tendono a individuare il miglior fornitore in ogni prodotto e in ogni regione. Il settore quindi finirà per andare verso una sempre maggiore specializzazione, dando vita a quattro modelli: pochissimi gruppi globali (da tre a cinque) in grado di fornire ogni tipologia di servizi, alcuni player internazionali (da otto a dodici) focalizzati su una singola attività, un certo numero di banche commerciali nazionali e regionali con divisioni di capital market & investment banking e soggetti non bancari che hanno ampi margini di crescita soprattutto nell’area del fintech.

“La clientela sarà sempre più selettiva nei servizi di consulenza e intermediazione e questo si rifletterà inevitabilmente sul comportamento degli istituti. Finora in Italia le divisioni di capital market & investment banking delle banche internazionali presenti nel Paese hanno fatto tutto, predisponendo di fatto un’offerta standard analoga a quella presente negli altri Paesi. Per il futuro ci aspettiamo che il set di prodotti e di servizi venga ridotto e più focalizzato su nicchie specifiche”, continuano. Infine la digitalizzazione permetterà di migliorare i risultati economici e l’efficienza dei processi, anche portando fuori le attività di middle e back office o sfruttando alleanze con gruppi di fintech.