Elezioni europee: Il populismo è un bene o un male?

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Silvia Merler

Due cose sono ormai abbastanza sicure: il partito popolare e il partito socialista europei non riusciranno da soli ad avere la maggioranza e i partiti euroscettici nazionalisti hanno guadagnato consensi.

“Questo è un radicale cambiamento rispetto al passato”, spiega intervistata Silvia Merler, responsabile della ricerca per l’Algebris Policy & Research Forum. “Se i dati dei sondaggi che vengono pubblicati dal Parlamento europeo sono affidabili, nel worst case scenario i partiti della destra euroscettica potrebbero raggiungere il 20% dei seggi.

Ma perché fa così paura? “L’unica cosa che hanno in comune è l’idea di un’Europa meno integrata (sia dal punto di vista politico che monetario) e questo potrebbe portare molte difficoltà di coordinamento. A ogni modo, un segnale ottimista viene dal fatto che negli ultimi mesi i partiti moderati hanno recuperato piano piano voti.

Il populismo è un bene o un male?

Abbiamo sempre dato per scontato che una crescente rappresentanza popolare euroscettica deva essere considerata un male, ma la realtà è meno in bianco e nero.

“Da un lato sicuramente c’è un evidente rischio di implosione, ma dall’altro anche uno stimolo per l’Europa per muoversi verso un modello più sostenibile”, spiega. “La vedo come una wake up call: se i partiti euroscettici dovessero ottenere una rappresentanza forte, questo potrebbe essere uno stimolo, per chi vuole mettere l’integrazione Europea su basi più sostenibili per il futuro, a cambiare diverse cose in modo da evitare che questo scenario si ripeta alle  prossime elezioni. Penso che sia un’occasione per scuotere le coscienze, altrimenti fra cinque anni ci potremmo trovare in una situazione anche peggiore”, spiega l’esperta.

Ci sono diversi aspetti che emergono dai sondaggi dell’Eurobarometro, che possono essere divisi in due filoni: il primo riguarda il tema della rappresentanza e il secondo della delivery. Per quanto riguarda il primo, dai dati raccolti, quasi la metà degli europei si sentono poco rappresentati dalle istituzioni europee. “Un’Unione in cui quasi il 50% dei cittadini sia senza ‘senza voce’ nei confronti dell’UE, è difficilemente sostenibile nel lungo periodo.

Questo ci suggerisce che dovrebbero esserci molte più iniziative bottom up”.  Per quanto riguarda il secondo tema, la percezione degli europei è cambiata molto nel corso del tempo e durante la crisi c’è stata una gran perdita di fiducia verso le istituzioni. “A fronte delle preoccupazioni evidenti degli Europei riguardo la loro situazione economica e personale, l’UE oggi non è più vista inequivocabilmente come un’opportunità”.

Le possibili implicazioni sui mercati post elezioni

“Io non penso che nel breve periodo ci possano essere delle significative implicazioni sui mercati azionari: anche se ci dovesse essere un cambiamento importante nella rappresentanza parlamentare, nell’immediato l’effetto sull’operatività delle istituzioni non sarà radicale. Si tratta quindi di uno scenario di lungo periodo”, conclude Silvia Merler.