ESG, chi rinuncia all’IPO Saudi Aramco?

Roberto Grossi, Vicedirettore Generale, Etica SGR
Roberto Grossi, Vicedirettore Generale, Etica SGR

La domanda posta da Roberto Grossi, vicedirettore generale di Etica SGR, è certamente provocatoria, ma ha il merito di centrare in modo diretto il cuore del dibattito odierno sui molteplici approcci al tema della sostenibilità nell’ambito della gestione del risparmio. L’operazione che porta alla quotazione di Saudi Aramco, colosso saudita dell’energia di proprietà statale con un valore stimato tra i 1.500 e i 2.000 miliardi di dollari, apre certamente grandi possibilità da un punto di vista finanziario legate tanto alla dimensione del deal in sé quanto al ruolo di apripista nel piano di privatizzazioni collegato al programma Vision 2030 del Regno Saudita. A prescindere da quali siano le risposte, gli interrogativi per un investitore che voglia definirsi sostenibile sono molteplici e hanno a che fare con l’intero spettro di criteri ESG. Includono infatti il tema delle emissioni e della transizione energetica, quello della responsabilità sociale legata al sistema Paese così come un tema forte di governance societaria.

Il denaro che muove le coscienze

Tutt’altro che un tentativo di demonizzazione quello messo in atto dal vicedirettore generale di Etica SGR che è portatore di una visione rigorosa ma pragmatica che guarda ai fatti, confidando nella capacità di giudizio degli investitori, spesso sottovalutata. “Credo che il mercato sia in grado di riconoscere i tentativi di greenwashing, o meglio rainbow washing, poiché sostenibilità non significa solo l’aspetto ambientale ma anche responsabilità sociale e governo societario”, afferma. Il pericolo individuato da Grossi consiste nella possibile superficialità di chi si muove nel campo degli investimenti sostenibili unicamente per collezionare etichette da aggiungere a prodotti in ottica puramente commerciale. “Serve un atto di coraggio e un coinvolgimento forte da parte di chi decide di operare in questo comparto”, sostiene, specificando come non basti avere una parte residuale dell’offerta nel campo ESG per potersi definire un’asset manager impegnato nel campo della sostenibilità.

La sostenibilità rende

“I nostri clienti della prima ora ci hanno scelto per ragioni spesso di carattere morale, che esulano dalla sola valutazione dei rendimenti. A distanza di anni, oggi che è dimostrata la valenza strettamente finanziaria della scelta di un’allocazione su prodotti di investimento sostenibili, la valutazione strettamente economica risulta prevalente”. Il cambio di atteggiamento e percezione da parte degli investitori fotografato dal vicedirettore generale di Etica SGR, dimostra l’esistenza delle mille vie che portano alla sostenibilità. “In questo momento, in cui tutti stanno salendo sul carro dei vincitori, dobbiamo assumere come industria un atteggiamento pragmatico”, prosegue Grossi. “Non è ovviamente conforme alla nostra visione, ma anche quelle società che si sono avvicinate o si stanno avvicinando a scelte di investimento sostenibile per ragioni commerciali o di marketing possono dare un contributo a patto che alle parole seguano i fatti”, conclude.