Quando si parla di gestione passiva si pensa subito ai vantaggi in termini di costi e trasparenza che la replica di un indice di riferimento può offrire; ma un aspetto meno noto è, senza dubbio, il ruolo privilegiato che un gestore di ETF e fondi indicizzati può avere nelle attività di engagement con le società in cui si investe, per incentivare comportamenti positivi da parte di quest’ultime. È questo il tema della seconda parte della tavola rotonda, tutta al femminile, organizzata da FundsPeople sull’evoluzione degli investimenti sostenibili.
Essere gestori passivi rafforza la stewardship
Gli investimenti indicizzati avendo per natura un orizzonte temporale di lungo termine assumono un ruolo cruciale nel supportare il cambiamento verso un’economia sostenibile attraverso la stewardship e l’engagement. “Normalmente un gestore passivo investe in un titolo e ci rimane sin quando questo fa parte dell’indice; per tal ragione si ritrova in una posizione privilegiata nell’instaurare un dialogo duraturo con le imprese per indirizzarle verso comportamenti ad impatto positivo” commenta Diana Lazzati, senior sales executive di Vanguard. “In Vanguard abbiamo un team di 40 persone dedicate al proxy voting di tutte le aziende in cui siamo investiti. Si tratta di un programma globale con copertura locale, che si occupa di sensibilizzare gli operatori di mercato per promuovere standard elevati di governance, dialogare in maniera diretta e costante con le società del portafoglio ed esercitare voti in favore di buone prassi”, aggiunge l’esperta. “Non ci consideriamo un gestore attivista, cioè non dettiamo le strategie alle imprese, ma sappiamo essere persistenti nel nostro messaggio se riteniamo che qualcosa non sia allineato ai nostri principi”, conclude la manager.
1/5La stewardship è un indicatore che viene usato indistintamente nella valutazione sia di fondi attivi, che passivi. “Ci sono delle differenze da tenere in considerazione. Ad esempio, i fondi passivi sono più diversificati e meno concentrati, questo rende più diluiti e meno tangibili i benefici dell’engagement”, afferma Gaia Salford, portfolio manager di BancoPosta Fondi. “Inoltre nel caso della gestione passiva ci sono alcuni limiti oggettivi”, fa notare la portfolio manager, “qualora un’attività di engagement non sia andata a buon fine, un gestore attivo è libero di ridurre la sua esposizione o disinvestire, a differenza di un gestore che deve replicare l’indice”.
2/5Nell’ultimo anno abbiamo assistito ad una crescita importante degli ETF ESG; a giugno si contavano 560 strumenti sostenibili, per un totale di 190 miliardi di dollari di masse gestite in Europa. “Quando si seleziona un ETF ESG, oltre all’individuazione dell’indice in cui si vuole investire, all’analisi dei costi, del tracking error e dello spread bid/ask , non bisogna perdere di vista l’obiettivo di investimento e chiedersi che livello di sostenibilità si vuole perseguire”, dichiara Chiara Mauri, head of Fund Research and Alternative Investments di Fideuram Asset Management SGR. “Bisogna chiedersi se è sufficiente affidarsi a criteri di esclusione, analisi best in class o se vogliamo amplificare l’impatto dell’investimento, puntando anche sull’engagement. In tal caso, è importante analizzare l’emittente dell’ETF per comprendere se le sue politiche di voto e di engagement sono in linea con gli obiettivi di sostenibilità che vogliamo ottenere”, aggiunge.
3/5La rapida crescita degli investimenti sostenibili ha esposto gli investitori professionali a rischi reputazionali, ha rimarcato Monica Selmi, responsabile Gestione di Portafogli di Optima Sim. “Il rapido adeguamento da parte dell’industria del risparmio gestito alla normativa sulla sostenibilità ha fatto emergere un alto rischio di greenwashing per i fund selector, derivante dalla selezione di un asset manager che non dovesse risultare in linea con i livelli di sostenibilità dichiarati”, ha chiosato la manager. “Per questo motivo è fondamentale monitorare come sia svolta l’attività di engagement da parte della SGR per comprenderne meglio i processi interni in tema di sostenibilità e cogliere anticipatamente eventuali segnali di discrepanza con le documentazioni fornite”, prosegue.“Altrettanto si può affermare per gli investimenti passivi: se è vero che il gestore passivo è limitato da un punto di vista del disinvestimento e dell’esclusione, riveste tuttavia un ruolo importante nel veicolare determinati messaggi, date le masse che ha in gestione”, conclude Selmi.
4/5“Il vero rischio è quello di deludere il cliente”, ribadisce Roberta Rudelli, head of fund selection di Cordusio Sim, “cioè di promettere una strategia attenta ai fattori ESG, ma che alla fine non sia allineata alle aspettative iniziali”, continua. Questo perché si tratta di valutazioni non facilmente misurabili e confrontabili. “Ciò vuol dire che non è solo importante la reportistica fornita dall’asset manager, ma anche la comunicazione chiara al cliente finale, per mettere in moto una domanda che è ancora debole da parte di quest’ultimo”, conclude.
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