Le cronache estive hanno restituito un quadro per molti aspetti mutato per il settore finanziario. Quanto avviene oltreoceano, sia a livello societario (vedi il lunedì nero) sia a livello politico ed economico (vedi le ormai imminenti elezioni presidenziali), ha avuto e avrà senz’altro un impatto nei prossimi mesi sulle scelte di portafoglio degli esperti italiani. Anche in Europa, tuttavia, e a Est del nostro Paese, ci sono stati episodi che hanno alzato il livello di allerta e che potrebbero continuare a mantenere alta l’attenzione nelle prossime settimane. Con la ripresa della newsletter quotidiana, FundsPeople ha scelto di inquadrare alcuni degli episodi avvenuti ad agosto con il supporto dei commenti degli esperti di settore.
Presidenziali USA, si riaprono i giochi
L’attentato a Trump sembrava essere il punto finale di una campagna presidenziale che ha visto i democratici in difficoltà fin dall’inizio. A distanza di una settimana la scelta di Joe Biden di ritirarsi dalla corsa alla Casa Bianca, con la successiva nomina di Kamala Harris a candidata del partito adesso al governo, ha cambiato gli equilibri in gioco, e l’appuntamento di novembre con le elezioni statunitensi (con il loro portato economico e geopolitico che investe il resto del mondo) torna nell’ambito dell’incertezza. “Ottenere un quadro preciso dell'impatto delle elezioni presidenziali statunitensi sui mercati è complesso, non solo perché i sondaggi continuano a indicare una competizione estremamente serrata”, afferma Paolo Zanghieri, senior economist di Generali Investments indicando come “il punto più importante da considerare consiste nelle restrizioni che il nuovo presidente dovrà affrontare nell'attuazione della propria piattaforma economica”. In tal senso Zanghieri sottolinea come l’esito più probabile per la o il presidente sia “dover lavorare con un Congresso privo di una chiara maggioranza. Questo limiterebbe gravemente la possibilità di azioni politiche radicali. Ciò che è certo – continua – è che nessuno dei due partiti sembra preoccupato per l'aumento previsto del debito pubblico. Al contrario, entrambi i programmi porterebbero probabilmente a un deficit più elevato”.
Nei dati di fine agosto, l’economia statunitense si è rivelata più solida del previsto, “la crescita superiore alle aspettative del secondo trimestre dovrebbe fornire ulteriori rassicurazioni sul fatto che l'economia degli Stati Uniti sia ancora in buone condizioni”, è l’opinione di Richard Flax, chief investment officer di Moneyfarm che indica come questa revisione potrebbe, inoltre, offrire una piccola spinta al ticket presidenziale Kamala Harris/Tim Walz, dato che l'economia è stata un'area chiave attenzionata da entrambe le campagne”. Il dato, inoltre, sposta ancora più in avanti il paventato “hard landing” dell’economia statunitense, tanto da spingere Alessandro Fugnoli strategist di Kairos nella sua rubrica “Il rosso e il nero” a parlare di “dissonanze cognitive” tra le attese del mercato e quanto si è verificato concretamente nelle ultime settimane.
Cosa farà la Fed
Da qui con una Fed che, come riportato da Fugnoli “dichiara di dipendere dai dati e di essere più tattica che strategica” anche gli investitori devono essere tattici. “Al momento quella che vediamo è una Fed che non ha più paura dell’inflazione e che ha invece paura di indebolire troppo il mercato del lavoro ed è quindi pronta a iniziare un lungo ciclo di ribassi dei tassi” prosegue l’esperto che indica come l’inflazione sia ancora “ampiamente sopra il 2%”. Appunto l’atteso taglio dei tassi nella riunione di settembre è ormai indubbio, non c’è certezza, invece, sull’entità della sforbiciata che si aggira tra i 25 e i 50 punti base. A confermare la linea d’azione della banca centrale statunitense è stato lo stesso Jerome Powell, come riportato da FundsPeople, nel discorso tenuto il 23 agosto al simposio di Jackson Hole. L'intervento di Powell, afferma Carlo Vedani, amministratore delegato di Alicanto Capital “si è rivelato sufficiente per dare fiato alle Borse, che hanno reagito con rialzi generalizzati”. Vedani ricorda come “dopo il patatrac di inizio agosto, dunque, le Borse sono tornate a offrire performance: il forte calo dipendeva da varie concause (prima tra tutte l'apprezzamento dello yen) su cui si è avventata una forte dose di speculazione; ciò ha favorito un rapido rientro delle quotazioni”.
Lunedì nero e crollo dello yen
Il riferimento di Vedani è al “crollo” dei listini dello scorso 5 agosto. A subire il maggiore contraccolpo il Nikkei 225 (-13,47%) con la performance peggiore dal famigerato “lunedì nero” del 1987. La genesi delle “turbolenze “può essere attribuita prevalentemente a un tema di liquidità”, ha affermato in questa occasione Antonio Cesarano, chief global strategist, Intermonte che ha spiegato il fenomeno a partire dalle fonti di liquidità del mercato USA, indicando come Fed e spesa del governo nel 2024 si siano "ridimensionate per poi di fatto rimanere stazionarie da maggio in poi”, mentre la terza fonte, buyback e dividendi societari "sono invece rimasti copiosi, come testimoniato dai cospicui incrementi resi noti, ad esempio, da colossi del calibro di Meta, Google ed Apple”. In questo scenario, “gli operatori hanno iniziato a far ricorso in maniera più massiccia al canale del funding tramite yen, per sfruttare la divergenza di politica monetaria: BoJ di fatto ferma con tassi prossimi allo 0% a fronte del resto del mondo che ha rapidamente rialzato i tassi”. Ebbene, a luglio le trimestrali delle aziende USA non hanno annunciato significativi incrementi di buyback, nel frattempo la BOJ ha “alzato i tassi (dello 0,25% ndr.), ridotto gli acquisti di bond, indicato la possibilità di un ulteriore rialzo nel 2024”. Parla di uno scontro tra “correnti freddissime e caldissime”, Cesarano, indicando come la scelta della BOJ di alzare i tassi e l’attesa di una Fed che li avrebbe abbassati ha avuto come risultato un brusco apprezzamento dello yen. “Se lo yen aumenta i tassi di interesse e in prospettiva la Fed taglierà i suoi, le operazioni in prestito vengono chiuse perché il mercato diventa più caro per cui si vende tutto”, è stato il commento di Carlo De Luca, responsabile Asset Management di Gamma Capital Markets. “Se si formano in questo modo grosse operazioni scattano le cosiddette margin call, vengono chiusi in automatico i prestiti perché calano le azioni. Creando un eccesso di ribasso che potrebbe innescare l’intervento delle banche centrali”.
Il rally dell'oro
Un ultimo dettaglio degno di nota riguarda, infine, l’apprezzamento dell’oro che, come ricorda Fabrizio Quirighetti di Decalia, “ha recentemente raggiunto un nuovo massimo storico (in termini nominali) sopra i 2.500 dollari l'oncia ed è salito del +7% rispetto al 17 giugno”. Il bene rifugio per eccellenza ha beneficiato nei mesi estivi del “previsto ciclo di allentamento della Fed e del contesto geopolitico complessivamente incerto”. Tuttavia negli ultimi giorni di agosto sono emersi alcuni segnali di debolezza. Ricardo Evangelista, analista senior di ActivTrades riporta come il prezzo sia calato la scorsa settimana in concomitanza con il rafforzamento del dollaro USA pur mantenendosi appena al di sopra del livello di 2.500 dollari. A determinare il futuro andamento del metallo giallo saranno appunto le prossime mosse della Fed: una Fed più dovish porterà a “un dollaro più morbido e a rendimenti del Tesoro più bassi, creando un potenziale di rialzo per i prezzi dell'oro”.