È la view del capoeconomista di Arcano Partners Ignacio de la Torre: qualsiasi dazio sui beni europei non è destinato ad avere un effetto significativo. I fondamentali macro indicano un potenziale di upside per la regione.
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La vittoria di Trump non intacca le fondamenta marco dell’Europa. E per l’economia del Vecchio continente, nonostante la minaccia di nuovi dazi dal nuovo inquilino della Casa Bianca, si prospetta uno scenario favorevole. Questo il messaggio del capoeconomista di Arcano Partners Ignacio de la Torre. La casa di gestione specializzata negli asset alternativi ha organizzato oggi a Milano un incontro per analizzare le prospettive future di economia e mercati, sfruttando anche le capacità in materia della piattaforma di ricerca Arcano Research. II panorama è tra i più incerti, influenzato dal risultato delle elezioni statunitensi e dai suoi possibili impatti globali, sullo sfondo di crescenti tensioni geopolitiche e delle profonde trasformazioni dettate dall’innovazione tecnologica e dall’intelligenza artificiale.
Usa: la principale incognita è il debito
Cosa aspettarsi per gli Stati Uniti dopo il trionfo di Trump? La prima incognita è legata alle politiche del nuovo presidente, che dovrebbero prevedere degli ampi tagli delle imposte e una maggiore deregolamentazione per le aziende. Tutto ciò potrebbe surriscaldare l’economia, che fino a oggi si è dimostrata resiliente, con degli impatti inflazionistici. E a cascata si verificherebbero delle ripercussioni anche sui tassi e i Treasuries. “Le politiche economiche di Trump potrebbero avere dei risvolti sull’inflazione, generando volatilità sui tassi USA, che nella loro discesa potrebbero assestarsi a livelli più alti di quanto previsto”, analizza l’economista di Arcano Partners che afferma: “Non aspettatevi un ritorno ai tassi d'interesse ultra bassi del passato”.
Con Trump alla guida del Paese, il dollaro dovrebbe rafforzarsi e l’economia continuare a crescere, per un mercato del lavoro che si sta raffreddando, pur senza un aumento significativo dei licenziamenti. “Anche i consumi reggono, ma non potranno mantenersi agli standard attuali, anche per il calo dei risparmi che viaggiano al di sotto dei livelli pre-Covid”, dice l’esperto. Ma la maggiore sfida per il nuovo inquilino della Casa Bianca sono gli squilibri fiscali della prima economia al mondo, per un debito pubblico da lungo tempo in ascesa. “Rappresenta un rischio strutturale per gli Stati Uniti”, avverte de la Torre.
Europa, scenario positivo indipendentemente da Trump
In ambito di politica estera, con Trump al governo ci si attende un incremento dei dazi. Questi sono una minaccia per la Cina, per il Messico (potrebbero essere disposti per spingere il Paese a regolare i flussi migratori verso gli USA), e per l’Europa. Ma quantomeno per il continente europeo, questa misura non dovrebbe avere conseguenze rilevanti. Anche per la fase di ripresa che attraversa la sua economia. “L’Europa sta facendo progressi e vediamo un potenziale di upside nei prossimi 12 mesi, che non sarà compromesso dal risultato delle elezioni americane”, dice de la Torre. “La fiducia dei consumatori si sta riprendendo e anche in Italia - dove è al di sopra del trend storico - i consumatori inizieranno a risparmiare di meno in un mercato del lavoro in salute”, osserva. “Questo significa che in Europa ci saranno più consumi, spingendo la crescita della regione. Questo trend è già iniziato nel terzo trimestre e credo che sarà una tendenza del prossimo anno”, continua.
La vittoria di Trump non cambia questo scenario: “qualsiasi dazio sui beni europei verrà imposto in maniera graduale e non è comunque destinato ad avere un effetto significativo sull'Europa a livello macro”, dice. “In percentuale del PIL, l'impatto delle esportazioni europee negli Stati Uniti è infatti molto limitato - 0,9% netto e circa 3% lordo - rispetto a quello dei consumi che è del 52%, quindi 15 volte di più”, analizza l’esperto.
In conclusione secondo de la Torre, i cambiamenti all’outlook del Vecchio Continente saranno dunque molto più limitati di quanto si pensi: “anche perché una cosa è ciò che si promette e una cosa è ciò che si realizza e crediamo che molte delle promesse di Trump non saranno realizzate o saranno ridimensionate e questo sarà evidente già in occasione delle elezioni di mid-term”, conclude.