Fare successo solo con l'1% dell’universo azionario: le chiavi dell’Aberdeen Global Japanese Equity

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In un margine record, all’inizio dell’anno il tasso di cambio dollaro/yen è passato da 125 a 100, obbligando la Banca del Giappone ad adottare misure che includessero l’applicazione di tassi negativi. Il rincaro dello yen ha anche attirato l’attenzione dei gestori azionari nipponici: “Il 30% delle quotazioni del Topix ottengono una parte importante dei loro ingressi dall’estero, di conseguenza c’è un rapporto molto alto tra i loro guadagni e il comportamento dello yen”, spiega Keita Kubota, gestore dell’Aberdeen Global – Japanese Equity Fund, uno dei fondi Consistenti di Funds People.

Considerando che la fine dell’anno fiscale in Giappone è a marzo, molti analisti prevedono soprese negative per la stagione degli utili come conseguenza dell’impatto della valuta sui conti. Per contrastare quest’effetto, il team di gestione del fondo di Aberdeen divide le società in due categorie. La prima comprende quelle che producono i loro beni e servizi in Giappone per poi vendere all’estero, vale a dire che “i loro costi sono in yen e i benefici in altre valute”, afferma Kubota. In secondo luogo, ci sono “le compagnie che producono e vendono a livello locale, per le quali vendita e costi sono vincolati alla stessa moneta”. Nel primo caso, l’aumento dello yen avrà provocato una fluttuazione dei margini, comprimendoli. “Sono queste le compagnie che sorprenderanno negativamente nella stagione degli utili”, spiega il gestore. 

L’Aberdeen Global Japanese Equities preferisce investire in compagnie in cui il rischio di cambio è neutralizzato: “Evitiamo rischi significativi per l'effetto della valuta, scegliamo le compagnie che producono all’estero (circa il 45% dei guadagni delle compagnie presenti nel portafoglio vengono dall’estero), per cui il costo della produzione non sarà influenzato dallo yen. Ci saranno reazioni negative in borsa nei prossimi mesi, quindi prevediamo che le compagnie giapponesi pubblichino previsioni basate sul tasso di cambio più conservatrici per l’anno prossimo”, dice il gestore.

Come concentrarsi sull’1%?

Tuttavia, la distinzione tra compagnie con esposizione all’effetto cambio non è né esclusiva di Aberdeen né il segno distintivo dell’Aberdeen Global Japanese Equities. La chiave del fondo è che investe solo in 35 idee ad alta convinzione in un universo composto da 3.500 compagnie. Vale a dire che si concentra solo sull’1% di tutte le opzioni disponibili. Le prime dieci posizioni concentrano più del 45% del totale del portafoglio.

“Siamo bottom-up, ci concentriamo su compagnie che danno sempre il massimo. Cerchiamo quelle con un business solido e potere di fissazione dei prezzi, che abbiano un buon prodotto, sviluppo tecnologico, clienti fedeli, una bassa dipendenza dalla macro e che non abbiano una grande concorrenza nel loro settore”, spiega Kubota. Cercano anche di trovare idee fuori dal comune. Il gestore fa l’esempio di Nabtesco: una società ciclica ma con capacità di adattarsi ai cambiamenti del contesto. Nabtesco produce componenti per robot che fornisce ad altre grandi aziende giapponesi: “La robotica si sta estendendo negli Stati Uniti, in Europa e in Asia, ma in quest’ultimo caso ciò non si deve all’aumento dei costi del lavoro quanto a una risposta all’invecchiamento della popolazione”, sostiene l’esperto.

Come risultato della selezione, il margine operativo medio delle società in portafoglio è del 19% rispetto al 12% del benchmark. La valutazione media può essere leggermente superiore a quella dell’indice, un dato che il gestore giustifica con l’approccio sugli affari di alta qualità: “Non ci dispiace pagare un po’ in più per le nostre compagnie perché sono molto forti. Hanno un tasso di crescita alto, cash flow e subiscono poco l’effetto della leva finanziaria”. È per questo che Kubota specifica che, se gli investitori prendono come riferimento l’Ebitda (margine lordo), si vedrà che “in realtà, il portafoglio è un leggermente più economico rispetto all’indice”.

L’altro elemento chiave è, invece, un tratto distintivo di Aberdeen: la prospettiva nel lungo termine. “Abbiamo una delle percentuali di rotazione più basse del mercato rispetto alla concorrenza”, afferma il gestore. Ciò si deve alla filosofia del gruppo. “Ci riuniamo almeno due volte all’anno con i team di gestione per consolidare il nostro impegno. Vogliamo conoscere bene le compagnie e, quando questo succede, possiamo tenerle in portafoglio anche più di dieci anni”. Anche conoscere a fondo i modelli di business è importante per evitare correlazioni indesiderate: “Per diversificare le fonti di rischio è importante capire bene i fondamentali di ogni compagnia”.

Qualche considerazione sull’Abenomics

Kubota insiste sul fatto che, con il suo approccio, il portafoglio non vuole sfruttare direttamente la questione della politica delle cosiddette tre frecce: “Siamo molto conservatori. Non vogliamo dipendere dai fattori macro”. Inoltre, si mostra critico verso il successo dell’Abenomics: “La prima freccia è la riforma fiscale, la seconda l’azione della Banca del Giappone. Sappiamo che queste azioni hanno un limite e crediamo che sia vicino. Se raggiunti, l’economia dovrà essere sostenuta dalla terza freccia ma i dati macro sono deboli: il debito è molto alto, la popolazione invecchia e, in più, è molto difficile cambiare la mentalità deflazionistica che si è formata negli ultimi 20 anni”.

L’unica soluzione secondo il gestore consisterebbe nell’applicazione di ulteriori riforme strutturali, ma sostiene che “non sono facili da applicare perchè vi è molta opposizione”. A tal proposito, ricorda che i giapponesi hanno un appuntamento con le urne a luglio per eleggere i loro rappresentanti della Camera alta del Parlamento e prevede fuochi d’artificio: “Guardando alle elezioni, Abe cercherà di stimolare i mercati. Crediamo che la Banca del Giappone intraprenderà qualche tipo di azione, perché i suoi stimoli sono fortemente legati al mercato azionario”. Kubota crede che la cosa più probabile sarà che annunci un ampliamento del programma di stimoli quantitativi, forse attraverso l’incremento di acquisto di ETF.