Il consenso prevede un nulla di fatto nel prossimo meeting e poi due tagli entro fine anno. Tuttavia cresce il rischio di un "no landing" per l’inflazione persistente e una crescita superiore alle attese.
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Attesa tra i gestori di fondi in vista del meeting della Fed in programma domani sera. Sebbene vi sia un sostanziale accordo nel prevedere un nulla di fatto e che la banca centrale mantenga invariata la politica monetaria, l’attenzione sul discorso di Jerome Powell sarà alta per capire se emergerà qualche indicazione su quando l’istituto inizierà a tagliare il costo del denaro. Nelle scorse settimane, l'IPC core degli Stati Uniti relativo al mese di marzo è salito dello 0,36%, superando il consenso per il terzo mese consecutivo. Una sorpresa al rialzo che ha avuto l’effetto di ritardare le aspettative del primo taglio e di restringere il margine di azione per la Fed per l’allentamento dei tassi per quest'anno. “Non abbiamo cambiato la nostra visione generale dell'inflazione. Ci aspettiamo che i prossimi rapporti sull'inflazione siano più morbidi e quindi abbiamo mantenuto la nostra previsione di tagli a luglio e novembre, ma anche moderate sorprese al rialzo potrebbero ritardare ulteriormente i tagli”, fanno sapere dal team di ricerca economica di Goldman Sachs. “A fine 2023 il mercato obbligazionario prezzava circa sette tagli dei tassi d’interesse da parte della Fed nel corso del 2024. Tuttavia, queste previsioni sono state riviste nettamente al ribasso e oggi si sconta un massimo di due tagli da qui a dicembre”, precisa Jeffrey Cleveland, chief economist di Payden & Rygel.
Sale la probabilità di un "no landing"
Anche Paul Diggle, capo economista di abrdn, non si aspetta un taglio dei tassi Fed prima di settembre. “Il nostro scenario di base prevede due tagli dei tassi da parte della Fed quest'anno, a settembre e a dicembre, poiché la crescita e l'inflazione dovrebbero moderarsi leggermente nella seconda metà dell'anno”, dice. “Tuttavia, prendiamo in seria considerazione il rischio che non ci siano tagli o che la prossima mossa sia un rialzo. Infatti, assegniamo una probabilità cumulativa del 35% agli scenari ‘no landing’ e ‘picco del prezzo del petrolio’, in cui la politica monetaria rimane invariata o addirittura diventa più restrittiva”, dice l’economista. “I rischi tendono verso una data di inizio ancora più tardiva nel caso in cui l'inflazione non dovesse rallentare”, continua Diggle. “Powell ha ribadito che la politica monetaria rimane restrittiva, ponendo una barriera elevata ma non insormontabile a un ulteriore inasprimento. Una forte impennata dei prezzi del petrolio, guidata dal rischio geopolitico, potrebbe essere un fattore scatenante per passare a nessun taglio o addirittura a ulteriori rialzi”, spiega l’esperto.
L’economia Usa rimane solida
Oltre all’inflazione persistente, l’altro ostacolo per i tagli dei tassi è sul fronte della crescita. Secondo Diggle, l’attività economica negli Usa, infatti, continua ad essere sostenuta da bilanci forti di consumatori e imprese, una politica fiscale accomodante, elevati flussi migratori netti e un aumento della produttività. “Questi elementi favorevoli potrebbero indebolirsi leggermente nel corso del 2024, pertanto riteniamo che la crescita si modererà”, dice l’esperto che tuttavia precisa: “Esistono sia rischi di una crescita costantemente superiore al trend o di un incremento del trend di crescita, sia rischi al ribasso di un rallentamento più significativo”.
Un motivo di riflessione per la Fed
Anche lo scenario di base di Schroders prevede al momento un atterraggio morbido. Tuttavia, l’head of Global Unconstrained Fixed Income Julien Houdain riconosce l'aumento del rischio di uno scenario di ‘non atterraggio’ a causa dell’andamento dell'inflazione statunitense e di una potenziale ripresa del ciclo produttivo globale, che potrebbe sostenere i prezzi delle materie prime. “Questa situazione potrebbe costringere le banche centrali a mantenere tassi di interesse più elevati per un periodo prolungato per combattere l'inflazione persistente”, dice l’esperto che si domanda se le sorprese che hanno riguardato l'inflazione Usa cambiano le carte in gioco o sono solo un incidente di percorso. “Detto in poche parole, consideriamo gli ultimi dati solidi sull’inflazione statunitense come una via di mezzo tra le due. Una serie di battute al rialzo non esclude tagli dei tassi nel corso dell'anno, ma di certo crea un motivo di riflessione per la Federal Reserve, con un taglio a giugno che sembra improbabile”, argomenta Houdain.
Secodo Erik Weisman, chief economist e portfolio manager di MFS IM La chiave della politica della Fed è la sua sensibilità ai tassi d'interesse. “Alla fine del 2018, la Fed ha alzato i tassi solo al 2,50%, il che è stato sufficiente a rallentare bruscamente l'economia”, dice l’economista. “In questo ciclo di tassi, invece, la Fed ha alzato i tassi di 500 punti base, eppure l'economia continua a crescere”, dice Weisman.
Ciò secondo l’esperto si presta ad alcune spiegazioni: 1) L'economia è meno sensibile ai tassi di interesse perché le condizioni fondamentali sono cambiate. “Se così fosse, la Fed potrebbe aver bisogno di alzare ulteriormente i tassi”, dice. 2) L'economia è ancora sensibile ai tassi, ma i tassi reali effettivi non sono così alti e le condizioni finanziarie generali sono ancora favorevoli. “In tal caso, la Fed dovrebbe aumentare gradualmente i tassi fino a quando la politica monetaria non sarà sufficientemente restrittiva”, spiega. 3) L'economia è meno sensibile ai tassi ora, ma solo a causa dello shock della pandemia. “Se fosse vero, la Fed potrebbe semplicemente avere bisogno di più tempo perché i tassi attuali abbiano effetto”, analizza. “La conclusione è che la Fed si trova nella poco invidiabile posizione di dover capire tutto questo senza una bussola”, dichiara l’esperto.