FIDA lancia i suoi rating ESG. Ecco come funzionano

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Gianni Costan, immagine ceduta (FIDA)

Etichettare in modo errato alcuni fondi d’investimento è il rischio più grande. La sostenibilità, così come la trasparenza dei dati, è diventata un principio fondamentale per qualsiasi società di gestione, investitore, distributore o analista. Basta dare un’occhiata ai numeri: dai nuovi prodotti etici lanciati sul mercato ai flussi sempre più ingenti verso chi sostiene i criteri ESG. Così come anche alle controversie (vedasi le accuse di greenwashing mosse quest’estate ai fondi d DWS).

Non è un caso, perciò, se sempre più società specializzate lavorino per fornire score e rating il più attendibili possibili. Non si tratta solo di multinazionali. Anche società indipendenti e specializzate nell’acquisizione di dati direttamente alla fonte degli asset manager, come FIDA, ha elaborato una metodologia propria a riguardo. Il player torinese, guidato da Gianni Costan, pubblicherà a breve, infatti, i primi rating ESG, dopo un’attenta e accurata analisi di dati e informazioni finanziarie. “Questa ondata di sostenibilità, che ha investito anche il mondo del risparmio gestito, ci vede molto favorevoli, perché formalizza una rilevanza a sfondo etico che consideriamo da sempre facente parte del nostro core business”, spiega il CEO. “Sappiamo che l’arena è piena di competitor ma abbiamo voluto mettere a disposizione i dati finanziari sui fondi attraverso un nostro rating nel campo della sostenibilità con un sistema di valutazione specifico, in coerenza con la nuova normativa europea”. 

Un questionario dettagliato

FIDA ha, dunque, erogato un questionario a tutte le società di gestione di prodotti distribuiti in Italia, i cui dati raccolti contribuiranno a definire il grado di sostenibilità delle società di gestione e (combinati con le analisi dei portafogli) quello dei prodotti. Accanto alla metodologia di valutazione dei portafogli, la società affianca l’analisi complementare delle procedure organizzative e le policy adottate dai gestori per garantire scelte d’investimento che tengano conto della sostenibilità. Se l’analisi di portafoglio prende in considerazione i risultati dell’attività di selezione in maniera puntuale, la valutazione del gestore realizza invece una sorta di analisi ex ante degli strumenti messi in campo per raggiungere tali risultati.

Non solo sottostanti

“Vogliamo soddisfare le richieste crescenti di trasparenza dei nostri clienti, offrendo agli asset manager opportunità di visibilità e agli investitori strumenti efficaci di ricerca”, spiega nello specifico Luca Lodi, head of R&D di FIDA. “I rating più classici si concentrano sui sottostanti, noi invece ci proponiamo di includere anche un’analisi sia sulle politiche d’investimento che sulle politiche di gestione di una società”. Insomma una lente d’ingrandimento sulla due diligence che possa far luce anche sulla prassi che la società ha in termini di sostenibilità, sulla gamma di prodotti, sulle risorse messe in campo, sull’esperienza dei team preposti, il bilancio sociale o il sistema di risk management integrato. Si tratta, dunque, di un questionario piuttosto complesso, molto dettagliato, che non si ferma a scattare solo un dettaglio legato ai criteri ESG. L’idea è quella di dare una completezza d’informazione. Anzi. Di poter allargare anche lo spettro di fonti acquisibili. Inoltre FIDA si avvarrà di un player per l’analisi della sostenibilità degli emittenti e delle aziende presenti nei portafogli dei fondi che fa uso massiccio di strumenti basati su IA per la raccolta delle informazioni che risultano quindi molto dinamiche e aggiornate.

Il futuro ESG del risparmio gestito

Finora la società ha ricevuto l’adesione di venti asset manager che operano in Italia, circa il 50 per cento dei fondi distribuiti nel Paese. “Non c’è ancora un livello di disclosure forte”, afferma Costan, “ma è insito nei passi futuri che si prospettano, nei regolamenti europei e nelle date fissate che abbiamo davanti. Sono ottimista: non credo sia corretto obbligare qualcuno a fare solo un unico tipo di investimento, ma è corretto far in modo che l’investitore possa scegliere, avendo tutti gli strumenti in mano. Per questo serve distinguere tra coloro che fanno uso di database e coloro che invece hanno implementato una gamma di politiche e assunto decisioni strategiche d’investimento sul tema”. Una strada che (chi prima, chi dopo) batterà tutta l’industria del risparmio gestito.