“Negli anni, e in special modo a partire dal 2020, ci siamo abituati a convivere con l’incertezza” esordisce Elisa Ori, head of Sales Italy di BNP Paribas Asset Management. “E il 2022 non è stato da meno, una volta contenuta la pandemia da Covid 19 ci siamo trovati a fronteggiare una guerra del tutto imprevista e ancora in corso. Inoltre, il 2022 è stato molto difficile anche per i mercati finanziari. E il fixed income, in particolare, ha registrato le performance più negative dallo shock dell’inflazione degli anni Settanta. Ad esempio, i Bund tedeschi hanno perso il 16%, i corporate bond di Europa e Stati Uniti tra il 15 e il 20%. Un anno incredibilmente complesso per l’asset class.”
“Le obbligazioni hanno registrato performance negative in linea con quelle azionarie, qualcosa di totalmente straordinario,” commenta Olivier De Larouzière, CIO Global Fixed Income di BNP Paribas Asset Management. “Possiamo riscontrare tre principali motivi, ovvero le prospettive di recessione, le decisioni delle Banche Centrali e lo shock di liquidità”. Il manager argomenta: “è normale che politiche restrittive da parte delle Banche Centrali abbiano effetti negativi, ma i rialzi hanno sempre dietro valide motivazioni. In caso di crescita troppo robusta e inflazione elevata, infatti, è necessario frenare la corsa degli indicatori economici. In queste fasi, solitamente, i corporate bond, favoriti dalla crescita sostenuta, registrano buone performance in termini di spread”. Questa volta, invece, hanno registrato una performance negativa per il 15% “se i tassi sono saliti per la stretta monetaria, gli spread sono aumentati ancora di più, perché il mercato ha iniziato a scontare una recessione imminente mentre le Banche Centrali stavano alzando i tassi di interesse. Una situazione paradossale, che però potrebbe creare grandi opportunità sul piano degli investimenti nel 2023”. De Larouzière osserva come la Banche Centrali stiano agendo con l’obiettivo di normalizzare la politica monetaria dopo gli interventi espansivi effettuati a partire dal 2011 sotto forma di tagli dei tassi e di quantitative easing “Ci troviamo in un contesto di normalizzazione. Opero sul mercato da circa trent’anni, e posso dire che i tassi stanno solo tornando su livelli normali. Su questo fronte il nodo del dibattito, e sarà così anche nel 2023, riguarda fino a che punto sarà necessario alzare i tassi per far scendere l’inflazione e quale sarà il prezzo da pagare in termini di crescita”. Le Banche Centrali sono impegnate non solo ad alzare i tassi di interesse, ma anche a ritirare il quantitative easing. “Non è un’impresa facile”, commenta De Larouzière “richiede tempo e avrà impatti innegabili. A partire, appunto, dalla liquidità. Le performance negative registrate dal reddito fisso sono soprattutto un repricing, e sono dovute chiaramente alla riduzione del sostegno da parte delle Banche Centrali”. In genere, quando si verifica uno shock simile assistiamo a importanti riallocazioni di capitali, con il ritorno degli investitori sul fixed income. “Ma stavolta non è ancora successo. È una buona notizia per il 2023, perché ci aspettiamo che le obbligazioni tornino ad attirare capitali. Anzi, si registra già un aumento della domanda, ora che i rendimenti sono saliti l’asset class torna suscitare interesse”.
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