Fondi comuni, la distribuzione succhia il 70% delle fee

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Micora, Flickr, Creative Commons

MiFID II, pensaci tu! È quello che verrebbe da dire leggendo i risultati dello studio condotto da Consob e intitolato “Il costo dei fondi comuni in Italia. Evoluzione temporale e confronto internazionale”, che analizza la struttura e l’evoluzione del costo dei fondi comuni aperti italiani nel periodo 2012-2016.

A soli due mesi dall’introduzione della Direttiva europea, infatti, il lavoro dell’autorità rivela che circa il 70% delle commissioni riconosciute alle SGR è assorbito dai costi di distribuzione. “È verosimile che la nuova disciplina introdotta da MiFID II, che prevede disposizioni più restrittive in materia di incentivi, possa determinare una revisione degli attuali modelli distributivi e commissionali”, scrivono da Consob.

Costi dei fondi

Lo studio analizza in dettaglio i costi dei fondi, distinguendo fra i costi di gestione (che gravano sul patrimonio del fondo, come le commissioni di gestione e di performance) e i costi di ingresso e uscita, che gravano invece sul sottoscrittore. L’incidenza dei costi di gestione sul patrimonio dei fondi è rimasta complessivamente stabile attorno all’1,4%, ma il peso sugli utili prodotti dai fondi è cresciuto notevolmente, passando dal 16% al 51%.

Nel 2016, per alcune categorie di fondi, come alternativi e monetari, i costi di gestione sono risultati superiori all’utile portando quindi il rendimento dei prodotti in questione in terreno negativo. I costi di ingresso sono cresciuti notevolmente, passando dallo 0,7% all’1,5%, mentre i costi di uscita si sono progressivamente assottigliati, fino allo 0,05%.

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Colpa dei mercati

“La maggiore incidenza delle commissioni sui rendimenti dei fondi”, dice la Consob, “va posta in relazione con l’andamento negativo dei mercati azionari, che ha caratterizzato buona parte del periodo analizzato, e la forte riduzione dei tassi di interesse”. Fenomeni, questi, che hanno anche cambiato la composizione delle masse gestite. Dal 2012 al 2016, infatti, il peso dei fondi obbligazionari e monetari è diminuito a vantaggio di quelli flessibili (il cui peso era pari al 41% del patrimonio gestito a fine 2016), che presentano obiettivi di rendimento più elevati, a fronte del maggior rischio assunto.

Se da un lato i fondi flessibili hanno costi di gestione in linea con la media del settore, dall’altro presentano commissioni d’ingresso molto più elevate, soprattutto nel caso di fondi di fondi o fondi a scandenza predefinita. I prodotti più rischiosi, come gli azionari e gli alternativi, invece, hanno costi di gestione più elevati ma anche costi d’ingresso molto più contenuti della media (soprattutto gli alternativi).

Italia vs Europa

Infine, l’analisi confronta i costi dei fondi di diritto italiano con quelli dei fondi di diritto estero collocati in Italia utilizzando l’indicatore sintetico di costo presente nel Kiid, il cosiddetto 'ongoing charges' che, tuttavia, non include le commissioni di performance e le commissioni di ingresso e di uscita. In base a tale indicatore, nel periodo 2014-2016 il costo delle classi retail dei fondi italiani è risultato in linea con la media europea.

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