Fondi pensione: la scheda costi a cosa serve veramente?

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Giorgio Fata

L’introduzione della pubblicazione di una scheda costi per i fondi pensione è stata presentata dal Legislatore come uno strumento per migliorare la trasparenza dei prodotti e facilitarne la valutazione. Tuttavia, gli specialisti del settore ritengono che ci siano ancora delle problematiche nelle modalità d’uso che è necessario superare, uno dei temi trattati durante la tavola rotonda organizzata da Funds People.

Nadia Vavassori, head of BU pension saving funds di Amundi SGR, commenta che “le schede costi non sono state comprese dall’utenza e paradossalmente hanno posto a carico del prodotto previdenziale di nuova sottoscrizione, della società istitutrice e della rete distributiva, l’onere di sottolineare e spiegare le caratteristiche del fondo da cui il cliente vuole uscire, sospendere o affiancare, accertandosi che voglia veramente iscriversi a quello nuovo. Ritengo che questa modalità non sia corretta, aggiunga complicazione e di conseguenza denota l’inefficacia della previsione. Non ritengo che abbia, ad oggi e con questa forma, in alcun modo ottenuto i risultati che la Covip si proponeva con la sua introduzione. Il fine di creare consapevolezza nelle scelte dell’individuo, con queste modalità viene completamente depotenziato”.

Secondo Nicola Trivelli, amministratore delegato di Sella Sgr, “in questo contesto di crescita delle forme pensionistiche, decorsi ormai 10 anni dalla riforma, la scelta di Covip di introdurre la pubblicazione e consegna della scheda costi agli aderenti ha notevolmente contribuito ad una maggiore trasparenza e consapevolezza nella scelta delle adesioni da parte degli aderenti. Ha inoltre favorito la crescita professionale dei personal banker e dei consulenti assicurativi che si trovano a confrontarsi con un mercato sempre più maturo”.

D’altro canto, Antonio Barbieri, co-head of Multi-Asset di Arca Fondi SGR, ritiene che “i costi sono importanti, ma sono solo un elemento dei tanti da tenere in considerazione. Mi sembra che il problema sia, in generale, la scarsa conoscenza di tale strumento e la rigidità percepita da parte dei lavoratori che rimangono poco sensibili alle opportunità offerte dal fondo pensione, nonostante i vantaggi fiscali”.

Trivelli aggiunge che “al momento, il principale beneficio della scheda costi è quello di offrire un vantaggio competitivo nei confronti di altri strumenti meno trasparenti e più costosi, che venivano percepiti dalla clientela come più interessanti. Un problema da superare è invece l’impossibilità di differenziare i prezzi, come accade per i fondi comuni di investimento. Per esempio, se volessimo creare un fondo distribuito senza una rete di collocamento, più vantaggioso per i clienti, non sarebbe possibile introdurre una nuova classe diversificata all’interno dello stesso fondo, ma siamo costretti a farne uno ex-novo”.

A detta di Vavassori, “l’obbligo della scheda costi è stato introdotto per facilitare la comprensione e la confrontabilità dei costi tra le varie offerte previdenziali presenti sul mercato non sottolineando che, nella maggior parte dei casi, queste differenze sono accompagnate da un servizio di consulenza personalizzato. È stato un modo per sopperire ad una carenza del servizio”.