Gestori multiasset: emergenti vs sviluppati, chi vince?

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Giorgio Fata

A livello globale, è pensiero comune dei professionisti del settore del risparmio gestito che le attuali valutazioni dei mercati azionari sono in media superiori a quelle storiche degli ultimi 10 anni. Ma quali sono le macro-aree su cui i fund manager focalizzano al momento i propri investimenti? Funds People l’ha chiesto a tre delle più importanti realtà italiane dell’industria, nella quarta e ultima parte della tavola rotonda organizzata con i gestori multiasset delle società.

Gli investimenti di Eurizon Capital SGR, AcomeA SGR e Symphonia SGR, come anticipato nella prima parte della round table sulle strategie di investimento dei portafogli, coincidono con un’esposizione geografica complessiva comune per le tre società in Europa, Giappone e Paesi emergenti, con un sottopeso sugli Stati Uniti. Tuttavia, Marco Sozzi, senior fund manager di AcomeA, spiega come i portafogli dell’SGR nascono dal basso e dalle singole attività finanziarie: “per noi è quindi difficile proporre investimenti a livello di area geografica, perché, per l’appunto, l’esposizone geografica finale dipende dalle specifiche opportunità colte nei diversi Paesi. L’area dei Paesi sviuppati è interessante a seconda della società e del settore che si tiene in considerazione. Questo perché in determinati settori ci sono aziende che sono eccessivamente amate dal mercato, e quindi sopravvalutate. Negli stessi settori si possono trovare delle altre opportunità importanti”.

Di fatto, in termini di ricerca del valore, Sozzi e il suo team ritengono vi siano maggiori opportunità appunto nell’area europea, in quella giapponese e nei Paesi emergenti, dove il sottopeso sull’area americana deriva dal fatto che la view dell’asset manager vede opportunità migliori in altri Paesi, anche se ciò non rappresenta - a detta del gestore - una scelta di cautela, dato che le dinamiche statunitensi impattano indirettamente anche su tutti gli altri mercati. “Quello americano resta comunque il mercato guida a livello gobale”.

Anche da Symphonia valutano con interesse le tre aree in questione, considerandole attraenti sia in termini di valutazioni che di prospettiva di crescita degli utili. “Pur non essendo valutazioni particolarmente attraenti, sono comunque ben lontane dai picchi di sopravvalutazione registrati nella bolla della tecnologia degli anni 1999-2000, soprattutto in considerazione di un livello attuale dei tassi d’interesse molto più basso di quello prevalente in quel periodo”, spiega Luca Corti, product specialist dell’SGR.

Dalla società spiegano inoltre come l’andamento degli emergenti sia storicamente molto dipendente da quello del dollaro: “la debolezza della valuta americana nel 2017, assolutamente inattesa, è sicuramente uno dei fattori che ha contribuito alla buona performance dei mercati emergenti”. Inoltre, secondo Corti, un altro fattore determinante è stato senz’altro il recupero dei prezzi delle materie prime: “il miglioramento delle prospettive di crescita economica a livello globale e una politica di tagli alla produzione da parte dell’OPEC ha determinato ad esempio un rialzo importante dei prezzi del petrolio. Se, viceversa, il dollaro dovesse d’ora in avanti rafforzarsi significativamente, credo che gli emergenti possano riscontrare qualche difficoltà nel mantenere una sovraperformance così marcata nei confronti dei mercati sviluppati, indipendentemente dal livello delle valutazioni”.

In termini azionari, oltre a Giappone ed Europa, nonché al sottopeso sugli Stati Uniti, Claudio Foschi, responsabile Global Strategies & Total Return di Eurizon, specifica come dalla società abbiano una preferenza per alcuni Paesi emergenti circoscritti all’area asiatica. “Sarei costruttivo sulle performance di alcuni ‘relative valuesettoriali e, per esempio, a favore dei finanziari, favoriti da uno scenario di tassi più alti e dalla probabile deregolamentazione in USA, sostenuta anche dal neo presidente della Fed, Powell”, spiega. 

Il manager evidenzia quindi i motivi tali per cui da Eurizon vedono delle opportunità nelle tre aree geografiche. “Privilegiamo il Giappone, dato che presenta un ciclo di espansione degli utili molto positivo, con valutazioni interessanti, P/E superiori a 15 nel 2018, una governance aziendale più innovativa e moderna che tende a privilegiare dividendi, buy-back, policy molto più ‘amichevoli’ nei confronti dell’investitore, nonché qualche segnale di inflazione, nonostante manchi ancora il target del 2%. Inoltre, il Giappone è l’unico Paese al mondo dove il governo e la Banca centrale sono in linea con una politica espansiva”, afferma.

Per quanto concerne l’area Euro, Foschi spiega come siamo ora in una fase iniziale di tapering, con la possibilità di incremento della volatilità a causa dei temi politici come ad esempio le elezioni italiane del prossimo anno. “Tuttavia, anche in Europa siamo in una fase iniziale di un ciclo, sicuramente non maturo come quello degli Stati Uniti, pertanto, dal nostro punto di vista, anche questa rappresenta un’area interessante”.

Infine il focus si concentra sugli emergenti, mercati che, secondo il gestore, vedono le loro valutazioni molto ‘cheap’, P/E inferiori a 13, con punte di 9, o 10, in alcune aree del mondo, questo perché gli utili sono in una fase di espansione ma i prezzi non hanno ancora raggiunto il medesimo livello degli utili. “Ad ogni modo, anche se i tassi americani salgono, con un dollaro abbastanza forte, quindi con condizioni di contorno non così favorevoli agli emergenti, non è detto che non ci siano Paesi in via di sviluppo che facciano comunque bene, Paesi come l’India ad esempio, che hanno una domanda domestica in forte crescita, o come la Cina, che può gestire bene una fase di rialzo dei tassi di interesse. Per quanto riguarda l’economia cinese, abbiamo visto quest’anno che c’è stata una grande sorpresa rispetto al consensus di inizio anno; il governo cinese sta pilotando gradualmente la transizione, passando da un’economia di pura produzione e di matrerie prime a un’economia di consumi e servizi”, conclude l’esperto.