Gestori obbligazionari italiani: qual è il posizionamento ideale? (parte I)

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In un contesto che vede le politiche delle banche centrali propense al graduale rialzo dei tassi di interesse, e l’andamento fortemente al rialzo degli asset finanziari, che ha reso il mondo fixed income in generale molto costoso, risulta chiaro che, in questo momento, costruire un portafoglio obbligazionario rappresenta una vera e propria sfida, dati gli attuali livelli di spread e i rendimenti ai minimi. Ma quali sono le strategie obbligazionarie che adottano le case di gestione italiane nei propri portafogli fixed income? A rispondere a questa domanda sono stati i gestori obbligazionari delle più importanti realtà italiane del risparmio gestito, nella prima parte della round table organizzata da Funds People.

Da Euromobiliare AM SGR (Gruppo Credem), a livello di duration, prediligono lo US treasury rispetto all’Europa, dove Paolo Gandolfi, responsabile gestioni collettive a benchmark della società, anche al netto dello sgonfiamento dell’effetto di easing fiscale promesso da Trump, sostiene che dall’SGR hanno avuto qualche tentennamento più chiaro dal punto di vista macro. “Il profilo di risk-reward dei rendimenti americani ci sembra più simmetrico rispetto a quello dei bond europei; sulla curva americana privilegiamo posizioni di flattening. Siamo positivi sul discorso degli ibridi industriali e degli emergenti in strong currency. Siamo molto positivi anche sui subordinati finanziari di nuova generazione. Abbiamo assunto posizioni sui ‘campioni nazionali’ dei vari contesti bancari europei, che consentono comunque di rimanere su rendimenti che nel panorama fixed income sono ancora relativamente alti. Riguardo ai Btp, infine, non abbiamo posizioni particolarmente spinte. In termini di peso, siamo abbastanza allineati con un leggero sovrapeso di duration legato al fatto che prediligiamo le parti lunghe della curva”, afferma Gandolfi.

Per Yuri Basile, responsabile del Comparto Obbligazionario di Aletti Gestielle SGR, bisogna fare una scelta di massima diversificazione tra i segmenti dell’obbligazionario, siano essi high yield, investment grade o emerging markets, scegliendo titoli che si possono definire come una nicchia di valore, quella componente che permette quindi di godere di un carry sufficiente da poter sostenere un momento di volatilità, senza pensare di poter guadagnare ancora da una riduzione degli spread piuttosto che dei rendimenti. “Per quanto riguarda i nostri portafogli, la duration è assolutamente azzerata, abbiamo una buona esposizione sull’inflazione, che comunque non è prezzata rispetto alle potenzialità di crescita dei valori nei prossimi cinque anni. Per quanto concerne la diversificazione del mondo del credito, in questo momento, preferiamo gli ibridi industriali investment grade, anche se mi sembra un trade di consensus e abbastanza affollato, nonché i subordinati assicurativi. Sul mondo emergente, non può mancare una diversificazione, perché chiaramente si cerca di abbattere il rischio”, spiega il gestore. Dal punto di vista di Aletti Gestielle, in questo momento, piuttosto che cercare una via d’uscita veloce, dalla società cercano di avere dei portafogli con uno spazio che ci permetta di approfittare della volatilità, nel caso in cui questa dovesse verificarsi, per poter creare nuove posizioni; il tutto effettuando le opportune valutazioni sulle ragioni della volatilità.

L’attuale contesto di mercato è caratterizzato da un livello abbastanza costoso comune a quasi tutte le differenti asset class, insieme a un livello di volatilità implicita realizzata che conserva valori simili a quelli toccati nel bienno 2004-2006. A pensarla in questo modo è Luca Franchi, responsabile gestioni obbligazionarie e valutarie di UBI Pramerica SGR, che spiega, “in considerazione dunque dell’attuale contesto di mercato, la nostra idea è quella di conservare una duration corta, ma variabile, con la possibilità di procedere ad una probabile riduzione di duration nel corso del quarto trimestre dell’anno. Data la relativa lontananza temporale dalle elezioni italiane, manteniamo a breve una preferenza nei confronti del Btp, tra i 10 e i 30 anni. Per quanto concerne invece il settore corporate dell’universo obbligazionario, la nostra esposizione rimane volta a fare carry, senza tuttavia dimenticare che ci troviamo in una fase in cui, al minimo soffio di vento contrario, non è improbabile assistere a momenti di significativo sell-off”, spiega il fund manager.

Una duration corta comincia ad essere l’opinione dominante anche secondo Fabrizio Viola,  senior portfolio manager sugli strumenti di credito investment grade di Generali Investments. A detta di Viola, in questo momento, dalla società preferiscono l’Europa all’America ma, su entrambe, le stime dei rendimenti assoluti a 12 mesi sono leggermente negative. “Diciamo che nel corso dei prossimi 18 mesi sarà veramente difficile riuscire a scappare dalla trappola dei ritorni totali negativi. Sugli inflation-linked siamo ancora negativi, dato che l’inflazione core è appena in leggera ripresa in America e ancora assente in Europa; alla luce di questo, per ottenere rendimenti positivi, risulta attualmente prematuro e poco efficiente puntare sull’inflazione. Per quanto concerne il credito, ci piacciono i bond subordinati ibridi, mentre pensiamo che i subordinati finanziari inizino ad essere molto costosi, soprattutto i Tier 2”, afferma il gestore.

Secondo Carlo Bodo, responsabile dei programmi obbligazionari di Ersel AM SGR, pesando per il rischio le varie classi dell’obbligazionario, si nota che la convenienza di tutti i rami fixed income è abbastanza scarsa, e dove, probabilmente, l’unica componente interessante, con ancora un pò di valore, è il mondo emergente, in particolare la componente local currency, anche se a detta di Bodo questa risulta essere al momento molto ‘crowded’. “A mio parere, dopo il movimento negativo dovuto ai timori di tapering del 2013, quest’asset class non ha ancora recuperato la strada perduta. Rimane comunque un’asset class sulla quale non si può fondare la costruzione del proprio portafoglio, essendo questa molto rischiosa. È inevitabile quindi passare per il credito corporate, pur essendo anche quest’asset class effettivamente molto affollata e poco redditizia in base al rischio. Probabilmente, nel mondo del credito gli ibridi non finanziari offrono ancora un pò di valore che può essere sfruttato”, sostiene il portfolio manager, che aggiunge come, essendo il rischio di tasso al momento poco remunerato, da Ersel optano per una duration molto contenuta. “Il rischio Italia si è al momento allontanato rispetto alle elezioni francesi; probabilmente, il mercato comincerà a prezzarlo in autunno/inverno, lasciando qualche possibilità di catturare ancora un pò di valore”, conclude Bodo.

Quello su cui puntano da Eurizon Capital SGR, in questo momento, è da un lato la prudenza e dall’altro la flessibilità. A spiegarlo è Paolo Bernardelli, responsabile Fixed Income & FX dell’SGR, dove, secondo il gestore, i prodotti che vanno per la maggiore sono infatti quelli flessibili, a cui viene lasciata la possibilità di sfruttare le residue sacche di valore che ci sono in giro per il mondo, nonostante questi debbano essere pronti a posizionarsi in modo più difensivo, non appena il mercato inverte le proprie tendenze. “L’inflazione è qualcosa su cui probabilmente bisogna investire. A nostro parere, bisogna investire nell’inflazione con un’ottica contrarian, ovvero quando i mercati scontano un basso livello di inflazione, a causa del petrolio, o di timori sulla tenuta dell’economia, questo potrebbe essere il momento in cui conviene entrare. Probabilmente, questo è il momento giusto per incrementare le posizioni, perché i mercati sono troppo influenzati dall’inflazione passata”, afferma Bernardelli. A livello di spread, da Eurizon Capital continuano ad essere abbastanza positivi sui Paesi periferici europei, dove le elezioni italiane potrebbero creare della volatilità, che potrebbe essere sfruttata come un’occasione di acquisto, anche dato il posizionamento degli investitori sui governativi periferici, a differenza di quello sui crediti, che a detta di Bernardelli è invece molto basso, soprattutto sui titoli italiani.

Infine, Luca Felli, responsabile investimenti obbligazionari e valute di Anima SGR, afferma come dalla società preferiscono prodotti con una più ampia delega al gestore, come quelli flessibili e bilanciati con un tracking error alto, dove il gestore può operare una gestione dinamica. “Sulla parte obbligazionaria, quest’anno, a fare la differenza nei portafogli sarà la duration. Un’altra leva piuttosto importante di performance saranno le valute, che possono contribuire al portafoglio anche in termini di riduzione del rischio. Più avanti nell’anno, mi aspetto un contributo positivo dai titoli delle economie che beneficiano di un dollaro debole, come Messico e Polonia”, conclude Felli.