Gestori USA, via alle tecniche di allocazione

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foto: autor Dorli Photography, Flickr, creative commons

Nelle minute dell’ultimo comitato della FED, appena rese note, permane un atteggiamento attendista riguardo l’evoluzione della politica monetaria statunitense; le previsioni di un prossimo aumento dei tassi sui Fed Funds sembrano posporre il primo rialzo nella parte finale dell’anno, anche se tra le righe la Presidente Yellen rimane convinta che saranno i dati macroeconomici a guidare le decisioni. Sappiamo che al centro dell’attenzione ci sarà l’aggiornamento del PIL (dato provvisorio +0,2% nel primo trimestre 2015), ma ovviamente anche i dati del mercato del lavoro e la crescita del monte salari quale proxi per i consumi. Rimane limitato il timore inflattivo per effetto del basso utilizzo della capacità produttiva, ma la proiezione di un tasso di disoccupazione che a inizio 2016 potrebbe scendere vicino al 5% cambia la prospettiva di intervento.

Dal punto di vista degli investitori la preoccupazione maggiore è legata al ritracciamento del mercato obbligazionario che in questi ultimi decenni ha dato ottime performance. In realtà i gestori USA stanno già pianificando interventi capaci di fronteggiare il rialzo dei rendimenti. In primo luogo è intuitivo l’aumento in portafoglio di strumenti obbligazionari a tasso variabile anziché a tasso fisso; un secondo elemento è la capacità di sfruttare l’abilità di gestori che possono permettersi posizioni ‘corte’ di duration con vendita allo scoperto sulle opportunità di ribasso delle valutazioni di obbligazioni cresciute molto nel tempo. “E’ interessante inoltre notare che tra le tecniche legate al mondo azionario i gestori con forte abilità selettiva possono vendere allo scoperto le società più penalizzate da un aumento dei costi di finanziamento, comprando quelle che ne possono beneficiare (gestione long/short con ricerca di alpha)”, spiega Corrado Caironi, investment strategist di R&CA.

Anche l’aumento in portafoglio dei cosiddetti ‘hard asset’, materie prime e metalli, che tendono a muoversi in positivo sul rialzo dei rendimenti, può essere una strategia utile nella diversificazione. Continua: “infine l’acquisto di strumenti che possono beneficiare di una maggiore volatilità; non è da escludere che nei mercati finanziari si innesti una fase di tensione con imprevisti movimenti anche speculativi dei flussi di investimento”. L’aumento dei costi di finanziamento sembra comunque non preoccupare in modo eccessivo gli operatori americani che vedono nella normalizzazione del sistema dei tassi un aspetto comunque positivo. Conclude Caironi: “la corporate statunitense ha avuto un tempo sufficiente per trovare un rafforzamento del piano finanziario e nella estensione della durata dei prestiti; a conferma di questo le grandi società quotate non solo dimostrano un ottimo grado di patrimonializzazione, ma detengono un ammontare di liquidità con un record storico”.